In queste ore è stato pubblicato uno Studio Ocse dello scorso maggio sulle politiche attive italiane e nelle 189 pagine dell’ottimo lavoro svolto dagli esperti una parte se pur minima viene dedicata all’occupazione femminile nostrana. Ocse punta il dito su occupazione e divari di genere italiani . I dati parlano chiarissimo : nel 2017 il 75% degli uomini tra i 15 ei 64 anni era attivo sul mercato del lavoro, mentre solo il 56% delle donne, contro il 46% del 2000. Altri paesi dell’Europa meridionale, che hanno avuto una partecipazione femminile simile in passato, si sono evoluti molto più velocemente (70% delle donne in età lavorativa partecipano alla forza lavoro in Spagna ed il 60% in Grecia). Ad oggi, le prospettive del mercato del lavoro per le donne sono ancora in ritardo rispetto a quelle per gli uomini. Un quarto di tutte le donne in età lavorativa afferma che la ragione della loro inattività sia la carenza di istruzione e formazione,più di una donna su dieci dichiara, poi, di essere fuori dalla forza lavoro a causa dei doveri familiari, e noi, dati del Rapporto sulle dimissioni del 2018, affermiamo che ancora e sempre di più non solo la conciliazione tra lavori di cura e azienda è sempre più dominante ed è motivo per rinunciare al lavoro, ma sicuramente anche le sentenze antidiscriminatorie, sicuramente possono almeno in parte tutelare chi desidera entrare e rimane nel mercato del lavoro. Una sentenza della Corte di Cassazione molto recente(29 marzo 2019,n.8910) ,è l’esempio che chi ha il coraggio di ricorrere in giudizio fino al terzo grado contro una discriminazione ha buone probabilità di essere tutelata.E’ il caso di due signore dipendenti di una attività inquadrate al 5 livello del CCNL Commercio con mansioni di addette alle vendite. Alle due donne era stato chiesto di pulire i bagni dei locali dove prestano l’opera ed essendosi opposte erano state sanzionate dal datore di lavoro. Il datore di lavoro infatti non ha ampia discrezionalità di modificare in peius delle mansioni svolte dai dipendenti. Infatti in base a disposizione costituzionale la libertà di impresa deve essere bilanciata su ogni strategia e il dovere di apprestare e favorire le condizioni necessarie per promuovere occupazione allo scopo di conseguire fini di uguaglianza art 3 cost. e ove maggiori esigenze di flessibilità non de3vono scalfire la libertà di autoderminazione del lavoratore .Questi infatti secondo l’art. 2103 cc post riforma può scegliere l’espletamento di mansioni inferiori solo con espresso consenso in ottemperanza all’art 36 Costituz che tutela il lavoro nelle sue forme. Noi comunque ci chiediamo se fossero stati due lavoratori maschi addetti alle vendite sarebbe stato loro chiesto di pulire i bagni?In buona sostanza solo ricorrendo in giudizio alcune discriminazioni tipiche operate sulle lavoratrici è possibile anche fare cultura antidiscriminatoria e colpire l’illegittimità di comportamenti.
Alessandra Servidori