E’ finita la pacchia. Matteo Salvini, segretario della Lega, ministro dell’Interno e vice premier, ha il pregio di parlare chiaro. Il suo annuncio è rivolto ai clandestini, invitati a fare al più presto le valigie per tornarsene a casa (quale?) e a tutto quello che ruota, e a suo dire lucra, attorno all’immigrazione, dalle organizzazioni non governative alle cooperative che gestiscono i centri di accoglienza. Vorremmo essere sicuri che in primis non sarà più festa continua per i caporali che schiavizzano i neri nella raccolta dei pomodori, per chi li usa come corrieri della droga, per chi vessa le prostitute di colore (spesso sono feroci connazionali in combutta con la malavita locale), per chi umilia e sfrutta a qualsiasi titolo gli extracomunitari.
Questo speriamo. Ma temiamo, ricorrendo ad un vecchio e forse abusato adagio, che si voglia buttare via il bambino con l’acqua sporca. Ripulire le strade da barboni, mendicanti, stranieri ciondolanti e molesti è roba da sceriffi, un’operazione di facciata buona per l’opinione pubblica ma che non risolve certo i problemi e assume spesso un volto disumano. La vera, principale, lotta è quella che va condotta contro la mafia, la camorra e la n’drangheta, i cui tentacoli arrivano dappertutto e i cui legami internazionali, dalla vendita di armi al traffico di stupefacenti, sono una delle principali cause di destabilizzazione dell’area mediterranea. Le guerre e le guerriglie che devastano i Paesi un tempo in via di sviluppo, e ora del tutto ripiegati su se stessi, hanno sempre alle spalle l’ombra della criminalità internazionale che può arrivare ad impensabili complicità.
Ma è un ragionamento complesso che poco si confà al Rancore diventato Potere. Il risentimento sociale è nella stanza dei bottoni. Questo potrebbe essere un bene se servisse a dare dimensione politica, dignità istituzionale, capacità di mediazione e di sintesi a quei sentimenti irrazionali, paura, insicurezza, invidia, che sono cresciuti di pari passo con la crisi economica, ai quali la Sinistra non é riuscita a dare risposte credibili, e che ora hanno trovato la loro espressione nell’alleanza tra i grillini e i leghisti. La sintonia del nuovo esecutivo con la stragrande maggioranza del Paese è totale: se si fosse votato di nuovo, per le due formazioni sarebbe stato un plebiscito. Non poteva che andare così. Con l’auspicio di una raggiunta maturità politica e democratica che metta fine al dilagante clima di odio e di sospetto.
I segnali, però, non sono confortanti. Le voci di dissenso e di opposizione vengono sepolte da una valanga di contumelie. Chi si è schierato senza se e senza ma con Sergio Mattarella è stato accusato di fare il gioco del Pd, cioè delle banche, cioè della massoneria, cioè delle elite che non vogliono mollare l’osso. Questa è l’identificazione nell’immaginario collettivo. Al grido “il mio voto conta” possono essere stravolti pesi e contrappesi costituzionali. La dittatura del populismo. E allora “la pacchia è finita” diventa lo slogan con il quale zittire e svilire ogni minoranza, additata al pubblico ludibrio come ipocrita detentrice di presunti privilegi. Chi invoca il rispetto delle regole lo fa perché vuole difendere lo status quo, ha comunque degli ingiusti vantaggi, sta bene e non vuole il cambiamento. Giovanni Amendola, Giacomo Matteotti, i fratelli Rosselli sono nemici della Patria! Oddio, no, scusate, questa è un’altra storia. Auguri al nuovo governo.