E adesso? È con questa domanda e con un retro gusto di amaro in bocca che saluto la piazza per l’Europa voluta da Michele Serra. Non un addio ovviamente ma un arrivederci. Non perdiamoci di vista è stato l’invito lanciato al termine della manifestazione, riprendendo lo slogan di Nanni Moretti. Ma questo “e adesso?” continuava a risuonarmi in testa in modo pressante mentre stavo ritornando a casa.
Certo molto dipende dalla responsabilità individuale, che se moltiplicata, messa assieme e amalgamata diventa responsabilità collettiva, nell’affermare e praticare certi valori, una certa idea di Europa, che poi sono molte come si è visto in Piazza del Popolo. Dunque una risposta al mio “e adesso?” è già stata trovata. Non fermarsi, ritrovarsi, continuare a discutere sapendo che le sensibilità in gioco sono varie. Un tema, quello della pluralità, ribadito più volte dalla marea blu a stelle gialle, e mai posto come un ostacolo ma come elemento di forza. In fin dei conti è questa la democrazia. Portare all’interno dell’agorà posizioni distanti.
Ma il mio “e adesso?” ancora non mi abbandona. Perché dietro alla bandiere e agli slogan che affermavano il sostegno all’Ucraina, dietro a chi sosteneva le ragioni del riarmo, dietro a chi dichiarava la scelleratezza della svolta presa Da Von der Leyen, dietro a chi sventolava i vessilli della pace, c’è un sentimento comune, quello dell’Europa. Ma come arrivare a chi questo sentimento non appartiene e lo sente lontano? Perché senza questa urgenza la piazza, benché affollata e partecipata, rischia di restare chiusa. Perché se una piazza progressista ritiene di essere nel giusto semplicemente perché è progressista non farà mai nessun passo avanti. Perché certi valori, che possono avere una loro giustezza evidente, e quindi da abbracciare senza tanti se e senza tanti ma, possono essere messi in un angolo e scartati a favore di una società meno giusta come i fatti e la storia ci insegnano.
E allora quel non perdiamoci di vista rappresenta la sfida più alta e difficile lanciata dai 50mila di Piazza del Popolo, per non doverci ritrovare soli tra noi europeisti di una certo orientamento a complimentarci per quanto siamo bravi perché crediamo nel pluralismo e nel multiculturalismo, ma senza raggiungere la mente e il cuore di chi si muove su strade diverse. Per non fare la fine delle sardine, tirate fuori dalla scatola, mangiate e poi digerite.
Tommaso Nutarelli