Non è stato un atto politico, un attacco al sindacato, ma solo la via più breve ed efficace per arrivare a discutere un nuovo contratto. Giancarlo Durante, responsabile dei problemi sindacali di Abi, spiega così l’atto di disdetta che i banchieri hanno dato al contratto nazionale. Le banche, spiega Durante, non sono più competitive, non hanno più margini di redditività. Una situazione insostenibile che va corretta. Appunto, con un nuovo contratto che sciolga una serie di nodi. Non saranno risolti tutti i problemi delle banche, ma alcuni problemi di natura sindacale possono essere affrontati e risolti con un nuovo contratto.
Durante, perché avete dato la disdetta del contratto nazionale?
Lo abbiamo fatto per anticipare i tempi della discussione. Il contratto stesso prevede che la disdetta debba essere data sei mesi prima della scadenza, quindi entro il prossimo dicembre: abbiamo anticipato di soli tre mesi e l’abbiamo fatto per non arrivare alla scadenza naturale con il fiato corto. Per scrivere un contratto adeguato ai cambiamenti delle banche c’è poco tempo a disposizione e deve essere sfruttato al meglio. Sei mesi possono non essere sufficienti.
I sindacati non l’hanno presa bene.
E’ stata data una valutazione politica ad un gesto tecnico, ed è comprensibile. Il nostro gesto è stato strumentalizzato, ma questa è normale dialettica sindacale. Quello che importa è che esistono condizioni oggettive per ridiscutere l’impianto del contratto. La situazione generale richiede questa attenzione.
Cosa lamentate?
La redditività delle banche è a livelli bassissimi e non tornerà ai livelli del passato. Oltre al tema di un costo del lavoro non più sostenibile, c’è un eccesso di capacità produttiva: le nuove tecnologie non richiedono una rete di sportelli, né livelli di personale come quelli esistenti. In più, c’è un problema di professionalità da adeguare alle esigenze nuove della nostra clientela, al modo nuovo di fare banca.
Di qui la richiesta di un nuovo contratto?
Sì, perché il vecchio contratto non è tagliato per rispondere adeguatamente a queste nuove esigenze. La situazione è cambiata e occorre prenderne atto e ricercare le soluzioni più idonee.
Quali problemi solleverete?
Quello del costo del lavoro, per esempio. Anche il Governatore ha ribadito di recente che il costo del lavoro per le banche è troppo elevato. Poi c’è il problema della professionalità. Il contratto vigente aveva previsto che una commissione mista si occupasse di studiare un nuovo sistema di inquadramenti, ma non ha funzionato. Ancora, vanno superati gli automatismi e rivisti alcuni elementi della retribuzione. Per esempio, il Tfr: il contratto vigente ha previsto un sistema di raffreddamento del meccanismo esistente, ma si tratta di un provvedimento contingente, non strutturale, destinato ad esaurirsi se non vi sono ulteriori interventi al riguardo.
Il vecchio contratto non va più bene. Un vostro errore di valutazione?
Non parlerei di errore. Speravamo tutti che la situazione generale migliorasse, invece è peggiorata: occorre prenderne atto e intervenire quanto prima con strumenti adeguati.
Pensa che si debba intervenire ancora sulla materia degli orari?
Probabilmente sì : anche se il vecchio contratto ha già previsto degli interventi e si tratta di applicare quelle regole, vi sono ancora spazi da colmare per consentire alle banche di soddisfare le nuove esigenze della clientela. Il problema di fondo è l’eccesso di occupazione.
Si parla di 40mila esuberi.
Da qui al 2017, per effetto di accordi già sottoscritti, è previsto l’accompagnamento alla pensione per 20mila persone. In più c’è da tener presente che il Fondo esuberi, che ha accompagnato dal 2000, quando è stato istituito, 48mila persone alla pensione, oggi ne ha in carico circa 15mila, senza che tuttavia ne sia conseguita una corrispondente riduzione dei posti di lavoro nel settore. Non voglio parlare di numeri, ma l’attuale occupazione è certamente sovradimensionata rispetto ai nuovi modelli di banca e non più sostenibile in relazione agli attuali livelli di costo del lavoro.
Il Fondo esuberi funziona bene?
Deve essere adeguato secondo quanto previsto dalla Legge Fornero. Finora ha funzionato bene in un contesto diverso da quello attuale, ma costa molto alle aziende, e ha bisogno di alcuni interventi che ne conservino l’utilità. Ci sono stati accordi sindacali di modifica raggiunti in questi anni, che ancora attendono di essere ratificati con un provvedimento legislativo definitivo, come è necessario. L’iter è defatigante, dura almeno due anni e questo ha fatto sì che si andasse avanti con provvedimenti solo temporanei, che però poi arrivano alla loro scadenza. Così mancano le certezze. Come è successo per gli esodati.
Voi cosa proponete?
Di mettere assieme, in un unico organismo bilaterale, il Fondo di solidarietà e il Fondo per l’occupazione, istituito dal contratto con il compito di garantire una riduzione di costi per un periodo predeterminato a favore delle aziende che assumono a tempo indeterminato o stabilizzano rapporti di lavoro. Un modo per abbinare e rendere più efficienti politiche attive e passive del lavoro. Abbiamo da tempo avviato il confronto con i sindacati e fatto proposte, su cui attendiamo ancora una loro risposta.
Avete già degli appuntamenti per discutere del contratto?
Ancora no. Noi abbiamo confermato la nostra disponibilità; adesso che lo sciopero generale di protesta è stato fatto non dovremmo perdere altro tempo, confidiamo che si inizi a breve a discutere.
I sindacati hanno capito che la situazione è difficile?
Credo di sì, anche loro non possono non pensare che qualcosa vada fatta e anche velocemente. Il Fondo esuberi a fine anno, in mancanza di un accordo, decade e il settore confluirà nel Fondo residuale presso l’Inps, che però offrirà molte meno prestazioni. Prevederà solo una prestazione analoga alla cassa integrazione. Non prevederà gli assegni di accompagnamento all’esodo. Non prevederà gli assegni che sono attualmente previsti nel nostro Fondo anche per coloro che non hanno i requisiti per il prepensionamento.
I sindacati queste cose le sanno?
Certo che le sanno, per questo il dialogo non può tardare.
Un nuovo contratto non potrà sanare il settore.
Certamente no, nessuno pensa che tutti i problemi si risolvano con un nuovo contratto. Ma alcuni problemi, di pertinenza sindacale, possono essere affrontati e risolti con un nuovo contratto. E allora è bene cominciare, in una cornice precisa. Noi siamo sempre per un sistema in cui il contratto nazionale mantiene la sua centralità , mentre quello di secondo livello risponde ad altre logiche e finalità e in questo ambito un ruolo significativo hanno per noi gli accordi di gruppo, necessari per evitare di dover replicare trattative su un medesimo argomento a livello delle singole aziende che del gruppo fanno parte.
L’Abi ha firmato l’accordo sulla rappresentatività?
E’ un accordo tra Confindustria e Sindacati Confederali che definisce il tema della misurazione della rappresentatività che noi avevamo già risolto grazie a un accordo fin dal 1975 quando, per gestire il problema dei permessi sindacali per le strutture nazionali e territoriali dei sindacati, stabilimmo un sistema di rilevazione delle deleghe in grado di darci l’esatta forza di ciascun sindacato. Sono dati raccolti dalle aziende e poi trasmessi ai sindacati per una ulteriore verifica. Nel momento in cui loro ci dicono che quei dati sono esatti, nessuno può metterli più in dubbio.
Altri aspetti dell’accordo sulla rappresentatività, nel nostro settore sono definiti nell’Accordo quadro sugli assetti contrattuali del 24 ottobre 2011. Ci resta solo da definire la soglia di iscritti che le organizzazioni sindacali devono avere per accedere alla contrattazione nazionale, impegno che abbiamo ricordato loro prima dell’estate.