Se fosse ancora vivo, oggi Giorgio Gaber saprebbe rispondere alla sua domanda epocale: “Cos’è la destra, cos’è la sinistra?”. E potrebbe farlo grazie al fatto che la destra e la sinistra oggi sono guidate da due donne. Che ovviamente hanno in comune il sesso ma anche alcune caratteristiche che noi uomini non abbiamo, o almeno non tutti e non sempre. Le donne sono più capaci di esprimere la loro opinione, sanno farlo con più nettezza di noi, come si direbbe in gergo calcistico, “ci credono”. Credono cioè in quello che dicono e fanno, e di solito vanno fino in fondo. Una donna di destra sa spiegare molto bene cos’è la destra, lo sa fare a parole e con i gesti. Sa scegliere, insomma, la giusta strada per la sua parte politica, e la sa comunicare molto efficacemente. Dunque, chi guarda e ascolta la Meloni è in grado di rendersi perfettamente conto si cosa sia la destra. Senza doversi sforzare di distinguere tra il detto e il non detto, insomma senza dover perdere tempo tra le alchimie del politichese, della serie ha detto questo ma in realtà voleva dire quello, sì, ma, forse, e così via. No, la Meloni è l’incarnazione pura della destra italiana dei nostri tempi. Ed è questa la ragione del suo successo.
Stesso discorso, ma ancora più netto, vale per Elly Schlein. La nuova leader del Partito democratico è l’incarnazione della sinistra, così come non lo è stato nessuno dei segretari che l’hanno preceduta. A meno che non vogliamo tornare indietro nel tempo, molto indietro, e risalire a Enrico Berlinguer: forse è stato lui l’ultimo a essere la sinistra in carne ed ossa. Riconosciuto tale da milioni di persone, amici e avversari, e per questo tanto amato o comunque popolare.
Cerchiamo di capirci: non sto sostenendo che la Schlein sia un nuovo Berlinguer, troppo tempo è passato, troppe cose sono cambiate, a cominciare proprio da quel che è oggi la sinistra italiana, che con quella dell’antico segretario del Pci non ha molto in comune, diciamo quasi niente. Tuttavia, ma lo vedremo solo nei prossimi mesi, l’impressione è che Elly Schlein possa rappresentare al meglio possibile, date le condizioni di oggi, l’alternativa alla destra. E non solo perché lei dirige il più grande partito di sinistra su piazza, ma proprio perché dice quel che dice e promette di fare quello che dice. Poi magari perderà le prossime elezioni, ammesso che ci arrivi nella posizione in cui si trova oggi, però nessuno potrà mai accusarla di essere stata ambigua o addirittura ipocrita.
Solo per elencare alcune questioni, dal salvataggio e l’accoglienza degli immigrati, dai rave party alle coppie gay o transgender, alla droga leggera legalizzata, insomma sui diritti, la leader del Pd ha le idee chiare. Tanto chiare quanto lo sono quelle della sua antagonista, solo che ovviamente sono idee opposte. Chissà quale di questi due ordini di pensiero, chiamiamole pure ideologie (che non è una parolaccia), riuscirà a prevalere nell’opinione pubblica. Certo, poi c’è l’economia che non è una questione secondaria, a cominciare dal salario minimo, poi c’è la guerra e le armi inviate a Kiev, poi ci sono i mille problemi del mondo contemporaneo che non sono risolvibili con un colpo di bacchetta magica. Infatti la questione non è risolverli, missione spesso impossibile, ma almeno affrontarli in un certo modo: e proprio nell’approccio che si vede e si vedrà sempre di più la differenza tra la destra oggi al potere e la sinistra all’opposizione.
Un assaggio lo abbiamo visto al congresso Cgil, dove le due leader hanno messo in pratica quel che abbiamo cercato di spiegare in questo articolo: chiarezza nel linguaggio, franchezza nei contenuti, coraggio nell’esporsi. Poi, come disse Aldo Moro, chi ha più filo tesserà. E Gaber avrà quantomeno trovato la sua risposta, anche se purtroppo postuma.
Riccardo Barenghi