La bassa crescita dei salari, che sono “ben al di sotto delle medie storiche”, è uno degli elementi che rallentano l’inflazione, nonostante l’azione della Bce. Lo ha detto a Francoforte il presidente della Bce Mario Draghi, spiegando che sulla bassa crescita salariale pesa il sottoutilizzo di capacità produttiva e il fatto che in molti Paesi le contrattazioni si sono già concluse per l’anno in corso: “è per questo che rimane essenziale continuare a sostenere la domanda”, ha detto Draghi.
Draghi ha affrontato il tema dei salari in relazione all’inflazione. “Un’importante fonte della debolezza dell’inflazione di base –ha detto- è stata la debole pressione inflazionistica interna, dovuta in parte alla crescita modesta dei salari”, nel secondo trimestre 2016 ancora all’1,1% su anno, minimo storico, e ripresasi solo all’1,4% a fine anno, “ben al di sotto delle medie storiche”.
Su questa bassa crescita salariale, ha spiegato il governatore della Bce, pesano tre componenti: innanzitutto il sottoutilizzo di capacità produttiva con un “tasso di disoccupazione ancora alto” che hanno un effetto sulle contrattazioni, con i sindacati che “potrebbero preferire dare priorità alla sicurezza del posto di lavoro al costo di qualche perdita in termini di salari reali”. In secondo luogo “nei paesi dove l’indicizzazione formale dei salari è scesa fortemente durante la crisi, il trasferimento dell’inflazione ai salari potrebbe essersi indebolito”. Terzo, secondo Draghi, “la negoziazione salariale in molti Paesi è già stata in gran parte conclusa per quest’anno, con la conseguenza che qualsiasi impatto di una maggiore inflazione attraverso la negoziazione salariale probabilmente sarà ritardato”.
I sindacati confederali accolgono positivamente le dichiarazione di Draghi sulla necessità di alzare i salari in Europa. “È importante che il governatore della Banca Centrale, Mario Draghi, abbia sottolineato oggi la necessità di alzare i salari in Europa” ha spiegato la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.
Per la segretaria, quella del governatore della Bce è “una rivendicazione che sta portando avanti tutto il movimento sindacale europeo in questi mesi, sollecitando anche una svolta nelle politiche dei Governi verso una maggiore crescita economica, lo sblocco degli investimenti pubblici in infrastrutture, innovazione e ricerca, provvedimenti per ridurre l’aumento delle diseguaglianze sociali”.
“L’analisi del governatore Draghi – prosegue Furlan – si conferma come una delle più lucide e credibili nel panorama europeo. La ripresa economica può venire solo da un circolo virtuoso fra consumi in rialzo, crescita dell’occupazione e dei redditi da lavoro. Non è questo il momento delle stretta monetaria, ma anzi occorre una maggiore spinta alle politiche espansive e di sviluppo, svincolando gli investimenti pubblici dal fiscal compact, riducendo la pressione fiscale su salari e pensioni e dando avvio alla costruzione di una vera Europa politica che rappresenta il vero argine ai populismi ed al rischio della instabilità politica ed economica”.
Di parare positivo anche il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: “Chi altri, oltre Draghi? Se anche il presidente della Bce sostiene la necessità economica di far crescere i salari, non ci possono essere più alibi: basta austerità, facciamo politiche espansive, riduciamo strutturalmente le tasse su salari e pensioni”. Per il segretario, “i nostri Governi hanno sempre seguito le politiche di austerità predicate dall’Europa; siano ora altrettanto solerti nel dare attuazione alle indicazioni del Governatore della Banca centrale, perché questa è l’unica strada da percorrere per puntare allo sviluppo”.