Con rispetto parlando. Draghi in Confindustria ha fatto un intervento pienamente condivisibile: la necessità di un Patto per la crescita dell’Italia su cui imprese e sindacati è bene accettino la sfida, senza tanti distinguo. E per fortuna che in una fase come questa abbiamo Draghi a capo del Governo… Ma, con rispetto parlando, in un passaggio ha detto una cosa che non sta proprio in piedi. Quando ha sottolineato che anche in passato l’Italia aveva saputo trovare una forte unità di intenti per la crescita, fino “Alla fine degli anni 70, o dei 60, [quando] si è interrotta la macchina” delle buone relazioni industriali. Gli anni 60? Negli anni 60, malgrado lo sviluppo economico, c’erano salari bassissimi, assenza di diritti e licenziamenti discriminatori sulla base delle appartenenze sindacali. Se è stato un lapsus, nessun problema, come ovvio. Altrimenti c’è qualcosa che non torna.
Le relazioni industriali positive e costruttive sono iniziate (dopo anni di lotte dure e difficili: denunce, processi, scontri con la “forza pubblica”) con i primi contratti degli anni 70. Alla fine degli anni 70 grazie anche ai sindacati e alle nuove relazioni industriali (specie nei settori a partecipazione statale) è stato isolato e sconfitto il terrorismo nei luoghi di lavoro e si è avviata una fase contrattata di ristrutturazione delle fabbriche. I diritti di informazione, le retribuzioni dignitose, lo Statuto dei lavoratori, le prime forme di partecipazione operaia e sindacale alla riorganizzazione della aziende nascono in quel ventennio e arrivano a Ciampi e alla fine degli anni 90. Non scherziamo, Presidente…
Gaetano Sateriale