In un quadro politico sempre più pericolante, le uniche belle notizie di questi giorni vengono dal mondo delle relazioni industriali. Questo vale soprattutto per l’accordo firmato tra Fiat e sindacati per Mirafiori, certamente un fatto altamente positivo. Perché conferma la volontà dell’azienda di restare in Italia, cosa non del tutto scontata, nonostante le promesse fornite negli anni da Sergio Marchionne. In effetti l’ad di Fiat aveva assicurato più volte di non aver cambiato idea e di voler mantenere gli impegni di investimento presi, rinviati soltanto a causa di un mercato in crescenti difficoltà. Ma la realtà era così disastrata e i legami dell’azienda con l’Italia sempre più labili, per cui il pessimismo era più che giustificato.
Marchionne ha invece stupito tutti e si è impegnato a investire su Mirafiori un miliardo di euro. Una cifra molto consistente, che arriva a Torino proprio il giorno dopo che un servizio televisivo aveva indicato questa città come la capitale della povertà, e lo aveva fatto sulla base di dati Istat che difficilmente potevano essere confutati. E’ indubbio che questa massiccia iniezione di risorse farà molto bene al tessuto economico e sociale torinese. E malgrado la Fiom abbia insistito sui toni negativi, affermando che non c’è certezza sull’effettività di questi investimenti e che non è garantito il mantenimento degli attuali livelli di occupazione di Mirafiori, negare la positività dell’accordo è davvero difficile.
Anche perché dietro questo annuncio si intravede la volontà di cercare la pace sociale. Ancora pochi giorni prima dell’accordo, e subito dopo la sentenza della Corte costituzionale che aveva chiesto di ripristinare l’agibilità per la Fiom dei diritti sindacali, Marchionne aveva chiesto con forza il varo di una legge sulla rappresentanza: diversamente, aveva avvertito, la Fiat non avrebbe più investito in Italia. Pochi giorni dopo, però, si è contraddetto. Forse ha capito che la sua richiesta si scontrava con i tempi lunghi della produzione legislativa italiana. Ma soprattutto, l’Ad Fiat ha compreso che questo è il momento di cercare un accordo generale che consenta una pace sociale, indispensabile per cogliere l’occasione del barlume di ripresa economica che si profila all’orizzonte, anche se ancora lontano. Non sarà facile tornare a relazioni industriali normali, né affare di poco tempo, ma la strada sembra segnata, l’obiettivo raggiungibile. Tanto che forse questo è il momento di un gesto di riconciliazione anche da parte della Fiom, per girare finalmente pagina, come del resto proprio Maurizio Landini chiede da tempo.
Negli ultimi mesi il segretario generale della Fiom ha cercato a più riprese di normalizzare i rapporti con gli altri sindacati dei metalmeccanici e con le imprese. Finora questi tentativi non hanno portato risultati, ma forse è solo questione di tempo, oltre che di buona volontà. L’accordo intervenuto tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil sulla rappresentanza e la contrattazione, approvato anche dalla Fiom, spinge infatti tutti a relazioni industriali diverse da quelle che si sono svolte in questi anni: quindi, se non si vuole rimettere tutto in discussione un’altra volta, è indispensabile che anche in questa sofferta categoria si appianino le asperità e si torni a rapporti sindacali normali.
Certo non sarà affare facile, né di breve periodo. Un accordo generale, di carattere politico, non cancellerebbe anni di battaglie, anche molto aspre, che hanno diviso profondamente il sindacato, che si sono radicate nelle fabbriche, tra i lavoratori. Ma l’obiettivo adesso è possibile ed è giusto, dunque, che vi si spendano tutte le possibili energie.
Massimo Mascini