Che fine ha fatto la rappresentanza? Dopo l’accordo di fine maggio, definito ‘’storico’’ di media come dai diretti protagonisti, non se ne e’ più sentito parlare. In realtà le cose si stanno muovendo: le parti sociali hanno insediato una commissione regole, composta da rappresentanti delle tre confederazioni e della Confindustria, con il compito di definire il regolamenti attuativo che darà corpo e sostanza all’intesa. Il punto più delicato da sciogliere e’ quello dell’esigibilità’ dei contratti, su cui insiste molto, e fin dal primo momento, la Confindustria. In base all’intesa firmata a maggio, i contratti sono considerati validi in base a una media tra i voti e gli iscritti, pari al 50% più uno dei soggetti interessati al contratto stesso. Inoltre, è previsto che l’assemblea dei lavoratori esprima il proprio consenso certificato. Il sistema di certificazione potrà essere definito da ciascuna categoria in modo autonomo; in altre parole, non è detto che si tratti necessariamente di un referendum, potrebbe essere valida anche un’ assemblea che verbalizzi il voto dei presenti.
Confindustria, tuttavia, resta fortemente dubbiosa: gli imprenditori, o almeno la parte più ‘’dura’’ del sistema, non si fidano. Temono che le regole non siano sufficientemente stringenti per evitare che anche dopo la firma e il voto qualcuno, nel luogo di lavoro, decida comunque di non rispettare l’intesa sottoscritta. Esempio classico: se in un contratto si stabiliscono tot ore di straordinario, si chiedono gli imprenditori, cosa e chi garantisce che al momento buono nessun lavoratore si rifiuti di farlo, organizzando uno sciopero in reparto o rivolgendosi al tribunale? Insomma, per una parte del mondo delle imprese le garanzie attuali non bastano: e ci sarebbero infatti forti pressioni per inserire nel regolamento attuativo anche precise sanzioni, sia rivolte al sindacato che al singolo lavoratore.
E tuttavia, il concetto di ‘’esigibilità degli accordi’’ riguarda anche il sindacato: perché non sono poche le imprese che, a loro volta, non rispettano i contratti. Dunque, questo sarà il punto politico più importante da sciogliere nella stesura del regolamento attuativo: come definire e come dare certezze all’esigibilità degli accordi.
Restano però tutti da definire anche aspetti tecnici non secondari. Intanto, la tempistica del voto. A differenza di quanto oggi avviene nel pubblico impiego, per la nuova rappresentanza non è previsto un ‘’election day’’, ed e’ quindi indispensabile che vi sia un sistema di raccolta ‘’perenne’’ , che funzioni in modo automatico e fluido. Un compito che dovrebbe essere svolto dal Cnel. Ma anche in questo caso si pone un problema tecnico-istituzionale: data la struttura giuridica del Cnel, per assumere questo incarico sarà probabilmente necessaria una apposita delibera da parte del parlamentino dell’organo costituzionale.
Inoltre, se è tutto sommato abbastanza semplice far sì che Villa Lubin funga da centro di raccolta per i dati relativi agli iscritti, più complessa e’ la faccenda dei voti. Per gli iscritti, sarà l’Inps a raccogliere dalle aziende le deleghe dei lavoratori ai sindacati, passando poi i dati al Cnel, cui spetterà certificarli. I voti, invece, dovranno essere raccolti a livello territoriale; per questo compito si pensa di coinvolgere le direzioni provinciali del Lavoro. Ma in entrambi i casi, si tratterà però anche di adeguare anche i diversi sistemi informatici, in modo da consentire alle tre piattaforme –Cnel, Inps e Lavoro- di ‘’dialogare’’ tra loro. Il che comporterà, naturalmente, anche una valutazione dei costi che questi adeguamenti tecnici richiederanno.
Insomma, a quattro mesi dalla firma dell’intesa, il lavoro vero deve ancora iniziare. Ma le parti sperano di riuscire a definire tutto entro la fine dell’anno, in modo da avviare il nuovo sistema dal 2014. Nei prossimi giorni, intanto, il gruppo di lavoro inizierà a operare, cercando di sciogliere i nodi che ancora permangono.
Nunzia Penelope