Partito dal livello minimo in 28 anni del 5,8% a fine 2007, il tasso di disoccupazione nell’area Ocse è cresciuto fino al punto massimo del dopoguerra, l’8,7%, nel primo trimestre 2010, che corrisponde a 17 milioni di persone disoccupate in più. Lo afferma l’Employment outlook 2010 dell’Ocse, presentato oggi a Parigi, che sottolinea come questo calo del tasso di occupati sia stato di intensità differente nei vari Paesi membri. “Il rischio è che il forte aumento nella disoccupazione diventi di natura ciclica aumenta – prosegue il rapporto – tale rischio però varia fortemente da Paese a Paese, riflettendo le diversità nelle esperienze delle varie aree durante la crisi”.
L’Ocse invita quindi i Paesi membri a “fare in modo che i fondi per i programmi di sostegno all’occupazione restino adeguati anche se la pressione per tagliare gli ampi deficit sta rapidamente crescendo, e con essa il bisogno di fare scelte difficili su come allocare risorse sempre più scarse”. “Diventa essenziale – dichiara ancora nel suo rapporto l’organizzazione – focalizzarsi su programmi efficienti in termini di costi, e mirare ai gruppi più svantaggiati che sono a rischio di perdere contatto con il mondo del lavoro”.
“Mentre la ripresa accelera il passo – su legge – è essenziale creare gli incentivi giusti per far sì che le aziende assumano più lavoratori e tentare un ri-bilanciamento delle protezioni ai posti di lavoro tra contratti a tempo determinato e indeterminato, in modo da consentire ai lavori temporanei di funzionare meglio come punti di passaggio nel percorso verso un impiego permanente, piuttosto che come trappole”.
Parlando dell’Italia “un giovane su quattro non ha lavoro e tra quelli che lo hanno uno su due è precario”. Nel dettaglio, in base alle statistiche Ocse i disoccupati tra i giovani sono il 25,4%, con un aumento di 5 punti rispetto al 2007 e contro il 16,4% della media Ocse. Il 44,4% dei giovani con lavoro dipendente, inoltre, ha un contratto a tempo determinato, con un incremento di 2 punti rispetto ai livelli ante-crisi. Francia, Germania e perfino la Svezia hanno percentuali per la verità ancora più elevate (51,2%, 57,2% e 53,4%), ma la media Ocse è del 24,5%. Nella Penisola sono poi precari il 10,7% dei lavoratori tra i 25 e i 54 anni e il 14,6% delle donne. Resta peraltro molto basso in Italia il tasso di occupazione delle donne (46,4% contro la media Ocse del 56,5%, dal 47,2% del 2008) e tra gli over-55 (37%, ma in aumento del 35,5%). Il rapporto conferma che il part-time resta nella Penisola una prerogativa femminile: interessa il 30,5% delle occupate contro il 5,9% degli uomini.
Ocse mette in luce come la cassa integrazione ordinaria e straordinaria ha consentito all’Italia di mantenere il tasso di disoccupazione di 4 punti percentuali più basso durante la crisi. “Quello che però preoccupa, si legge, è che “in Italia, a differenza di quanto accade negli altri paesi, le richieste di cassa integrazione sono ancora a livello molto elevato, a riprova di una persistente tensione sul mercato del lavoro”.
“Il rapporto Ocse riconoscere la funzione positiva svolta da strumenti come la cassa integrazione e i contratti di solidarietà al fine di contenere l’incremento della disoccupazione e conservare , con la base occupazionale, la base produttiva del paese”.
Anche per Giorgio Santini, Segretario Confederale Cisl “il rapporto Ocse, confermando le criticità nei principali paesi industrializzati, sottolinea per l’Italia la funzione positiva della cig e dei contratti di solidarietà, che hanno contenuto il tasso di disoccupazione all’8,7%, elevato ma inferiore a quello di altri paesi e stanno svolgendo una funzione fondamentale nel salvaguardare base produttiva e competenze al fine di agganciare i primi segnali di ripresa”. (LF)
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