Raffaele Tortora
Le ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro di recente siglate per l’area 1 della dirigenza sono chiaramente orientate verso alcuni obiettivi di forte rilevanza:
– la ‘contrattualizzazione’ e, pertanto, una più compiuta ‘privatizzazione’ del rapporto di lavoro dei dirigenti;
– il ricompattamento in un unico testo della disciplina contrattuale riferita ai dirigenti di diversi settori: ministeri, aziende, enti pubblici non economici, università, ricerca;
– la piena attuazione dei principi inscindibilmente connessi e complementari alla contrattualizzazione, quali la temporaneità degli incarichi dirigenziali, la loro rotazione, la valutazione e la responsabilità di ciascun dirigente per i risultati conseguiti;
– la ricerca di un punto di equilibrio tra le esigenze di efficienza/efficacia dell’azione dirigenziale e un sistema di garanzie per il singolo dirigente;
– una struttura retributiva meglio correlata alla funzione.
Richiamiamo la concreta disciplina seguendo tale schema per obiettivi.
Contrattualizzazione
Il Ccnl si applica a tutti i dirigenti, sia di II che di I fascia. Per la prima volta, quindi, i dirigenti generali sono destinatari del Ccnl e della disciplina generale in esso contenuta; il Ccnl, quindi, si pone per questi ultimi come quadro di riferimento entro il quale trova collocazione il contratto individuale che di conseguenza viene per essi specialmente valorizzato e, nel contempo, maggiormente ‘privatizzato’.
Contrattualizzazione e privatizzazione, peraltro cardini dell’attuale processo di riforma della pubblica amministrazione, riguardano, comunque, tutti i dirigenti e trovano alcune espressioni significative di cui si porta qualche esempio:
– la scelta dei dirigenti da preporre agli incarichi è di competenza dell’amministrazione: le organizzazioni sindacali sono informate preventivamente sui criteri generali che presiedono alla scelta;
– tale scelta, che è, quindi, atto unilaterale della pubblica amministrazione, deve essere operata secondo alcuni criteri generali fissati dal Ccnl (quindi ‘contrattualizzati’ a livello nazionale), quali natura e caratteristiche degli obiettivi da realizzare, attitudini e capacità professionali del dirigente, risultati da questo in precedenza conseguiti, avvicendamento razionale degli incarichi;
– l’esclusività del rapporto di impiego non è solo un fatto, per così dire, disciplinare: il contratto individuale tra dirigente e pubblica amministrazione regola tutti i rapporti, anche quelli economici e per intero. In tale quadro di riferimento, i compensi per incarichi aggiuntivi conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio o dalla loro amministrazione o su designazione di questa sono loro corrisposti solo in parte (fino al 30%) mentre il resto confluisce nel fondo della stessa amministrazione destinato al trattamento accessorio dei dirigenti della medesima fascia. E’ questa la concreta attuazione del principio della onnicomprensività del trattamento economico posto dall’art. 24, comma 4, del d.leg.vo n. 29/93, in base al quale tale trattamento deve remunerare fondamentalmente tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti, ivi compresi, quindi, quelli relativi agli incarichi aggiuntivi. In sostanza, si tratta di un principio a contenuto normativo e di definizione di status, piuttosto che di semplice regolamentazione degli aspetti economico-retributivi, volto, quindi, anche a connotare la peculiarità della figura professionale del dirigente.
‘Ricompattamento’ dei precedenti Ccnl
Come si è detto, il presente Ccnl è destinato a tutti i dirigenti dell’area ministeri, aziende, enti pubblici non economici, università e ricerca. Ne discende una tendenziale omogeneizzazione della disciplina per istituti comuni (quali ferie, congedi, assenze, regolamentazione delle cessazioni dal servizio, della struttura della retribuzione, etc.) ed una altrettanto tendenziale conferma di quegli istituti o più semplicemente delle disposizioni che esprimono la specificità del particolare settore o una normativa storicamente consolidata ed acquisita.
Il Ccnl avrà, pertanto, una sequenza contrattuale con sezioni specifiche per settori, anche se, per esplicita disposizione e in attesa di tale sequenza, il trattamento normativo ed economico o di maggior favore resta comunque in vigore.
Natura e caratteristiche degli incarichi dirigenziali
L’incarico ha natura privatistica ed è definito con atto bilaterale in tutti i suoi aspetti, dagli obiettivi da raggiungere e dai programmi da realizzare, ai tempi di attuazione, alla durata dell’incarico – da due a sette anni -, alle risorse umane, finanziarie e strumentali messe a disposizione, al trattamento economico complessivo
Correlata alla temporaneità dell’incarico è la contestuale affermazione del principio dell’avvicendamento e della rotazione degli incarichi, che non significa esclusione a priori della confermabilità nello stesso incarico, ma opportunità di cambiamento, in rapporto agli interessi della pubblica amministrazione e/o dello stesso dirigente, nonché forme di garanzia, perché non si verifichino ingiustificati peggioramenti della situazione professionale del dirigente alla scadenza del suo incarico.
Garanzie
A tale voce possiamo riferire un insieme articolato di norme che accompagnano tutto lo sviluppo della funzione dirigenziale, dalla costituzione alla cessazione del rapporto di lavoro.
Procedendo con ordine, evidenziamo il principio, espressamente posto, secondo cui ogni dirigente ha ‘diritto ad un incarico’: non possono, cioè, esistere dirigenti ‘parcheggiati’ da qualche parte o con qualche ‘sine cura’ o addirittura vincitori di concorso in attesa di incarico per tempi, per così dire, fisiologicamente non accettabili.
In secondo luogo, viene esplicitato o confermato il diritto – dovere, come connotato proprio della funzione, della valutazione dei dirigenti, della verifica, in altre parole, della conformità dei risultati accertati a quelli attesi in quanto formalmente previsti nel contratto individuale e ciò nei due versanti dell’interesse della pubblica amministrazione a verificare la concreta realizzazione degli obiettivi programmati e del dirigente a vedersi riconosciuta la qualità della prestazione.
Sotto quest’ultimo versante, infatti, la valutazione è posta dal Ccnl come strumento operativo ai fini sia della corresponsione della retribuzione di risultato sia della eventuale conferma nell’incarico scaduto sia del conferimento di un nuovo incarico.
Ciò in quanto una valutazione ‘non negativa’ può avvalorare l’aspettativa alla riconferma di un incarico scaduto o ad un incarico di maggiore responsabilità (e remunerazione) o comunque ad un altro incarico ‘equivalente’, dove per equivalente si intende un incarico comportante in sostanza una remunerazione uguale o non inferiore al 90% di quella in godimento.
Forme per certi versi analoghe di garanzia, apparentemente solo economica, sono previste, inoltre, per i dirigenti collocati nel ruolo unico a disposizione della presidenza del Consiglio dei ministri, per i quali viene mantenuto il trattamento economico in godimento nel periodo di attesa di un nuovo incarico o comunque per un periodo di tempo.
Il Ccnl, poi, definisce i criteri generali per la valutazione che debbono essere preventivamente comunicati ai dirigenti contestualmente all’incarico e che comunque debbono essere improntati ai principi della trasparenza, dell’obiettività, della partecipazione del valutato, della coerenza rispetto agli obiettivi fissati ed alle risorse messe a disposizione, nonché dell’intervento di ‘garanti’ esterni.
Quest’ultimo aspetto, peraltro, verrà disciplinato nella sequenza contrattuale, anche per la correlazione da elaborare e precisare con il recente accordo su arbitrato e conciliazione, da un lato, e con le competenze del ‘comitato di garanti’ attivato ai sensi dell’art. 21 del d.leg.vo n. 29/93, così come successivamente modificato ed integrato.
Peraltro, la valutazione dei dirigenti rappresenta un nodo problematico fondamentale da approfondire adeguatamente anche per le sue interrelazioni ed incidenze rispetto ai principi generali che coinvolge inevitabilmente ed ai quali si è anche sopra accennato: i processi di innovazione e riorganizzazione per la maggiore efficienza/efficacia della pubblica amministrazione, la tipologia e la qualità delle professionalità funzionali a tali processi, ma anche l’autonomia della dirigenza nel suo ruolo specifico e distinto dalle funzioni di indirizzo politico.
E’ evidente, a tale riguardo, la difficoltà di pervenire ad un punto di equilibrio efficace tra i due sistemi di garanzie coinvolti, quello riferito alle amministrazioni e l’altro ai dirigenti, nella configurazione risultante, in particolare, dall’art. 3 del d.leg.vo 29/93, nel rapporto fra comma 1 e commi 2 e 3.
Non si tratta, comunque, di un equilibrio sul piano formale (o soltanto sul piano formale), perché di prevaricazione delle istanze formali rispetto al perseguimento ed acquisizione degli obiettivi reali le pubbliche amministrazioni sono troppo spesso affette ed altrettanto spesso l’attenzione si è concentrata solo sui sintomi senza risalire alle cause.
Un ponte tra i due sistemi da non contrapporre, cioè una adeguata, interattiva relazione di equilibrio tra essi, tuttavia non può non crearsi nella sostanza e ciò, a mio avviso, fondamentalmente attraverso la selezione e la formazione continua dei dirigenti, nonché attraverso opportunità loro offerte di esperienze e di ‘finestre’ aperte su più ampi e significativi contesti culturali e organizzativi.
Il Ccnl in esame non tralascia tali punti ed anche senza poterli approfondire in modo più diffuso sembra comunque offrire ispirazione e spazio per gli sviluppi operativi conseguenti che dovranno essere perseguiti da ciascuna amministrazione in rapporto alle proprie specifiche finalità istituzionali.
Una riflessione a parte merita il sistema di garanzie visto dall’angolo di visuale delle relazioni sindacali.
Si è già detto che sui criteri generali della scelta dei dirigenti da preporre agli incarichi viene data informazione preventiva alle organizzazioni sindacali.
Questa deve essere, del pari, fornita sui criteri generali relativi, in particolare, alle materie riguardanti i sistemi di valutazione dell’attività dirigenziale e l’articolazione delle posizioni organizzative, tenendo presente, comunque, che per quest’ultimo aspetto tali criteri sono stati, in sostanza, individuati e ‘contrattualizzati’ già con il Ccnl in esame (art. 6, comma 5).
Sulle predette materie, inoltre, deve essere attivata anche la concertazione con le organizzazioni sindacali, la quale, tuttavia, com’è noto, pur nella consapevolezza della valenza che essa assume ai fini della ricerca di rapporti e di forme di condivisione fattivi, lascia in definitiva impregiudicate le prerogative e la libertà di determinazione della pubblica amministrazione.
Sono oggetto di contrattazione integrativa, invece, i criteri generali afferenti (si sintetizza, con semplificazione forse eccessiva) alle materie della retribuzione (in particolare di risultato), alla formazione ed aggiornamento, alle implicazioni sulle condizioni di lavoro dei dirigenti dei mutamenti organizzativi e funzionali della struttura di servizio, nonché alle pari opportunità.
Per le necessarie più dettagliate informazioni sulla predetta contrattazione integrativa come per gli altri modelli relazionali si rimanda, comunque, alla lettura del Ccnl.
Aspetti retributivi
La struttura della retribuzione ed il trattamento economico non sono quasi mai variabili indipendenti dalla configurazione degli altri istituti che regolano il rapporto di lavoro di un pubblico dipendente, vale a dire dai contenuti della funzione, dalle ricadute istituzionali attese per il suo esercizio e, ovviamente, anche dal sistema di garanzie di cui lo stesso dipendente può fruire.
Il Ccnl in esame non solo non costituisce una eccezione alla regola della variabile dipendente, ma si pone anzi espressamente nella linea della piena interrelazione o, se si vuole, della inscindibilità degli aspetti retributivi rispetto alle connotazione proprie, e contestualmente ribadite nel Ccnl, della funzione dirigenziale: riconoscimento di ruolo nei processi innovativi verso la maggiore efficacia della pubblica amministrazione, non inamovibilità dagli incarichi, una tendenziale loro rotazione, correlazione tra impegno previsto per lo specifico incarico e trattamento economico accessorio, responsabilità per risultato.
Per tali ragioni il sistema retributivo non può essere considerato come un insieme di clausole a sé e separate dal contesto, quanto piuttosto un completamento ed una necessaria integrazione della configurazione che emerge dalle clausole dettate per gli istituti di carattere normativo: una complessità, insomma, che si risolve o intende risolversi in un sistema integrato di regole ed in cui ‘tutto si regge a vicenda’.
Forse per reazione ad un certo ‘sindacalese’ di maniera, che inizia sempre dalle tabelle economiche, abbiamo voluto qui anticipare i principi sottesi alla concreta regolamentazione, anziché risalire ad essi induttivamente dopo l’esposizione di tale regolamentazione. Questo metodo, anche se forse un po’ stravagante, ci può, tuttavia, consentire di vedere con maggior chiarezza come i principi sopra richiamati si declinano, in che modo cercano la loro attuazione nella disciplina reale.
In primo luogo è da rilevare che la struttura della retribuzione si è arricchita, rispetto al precedente Ccnl, di una voce ulteriore, vale a dire della ‘retribuzione di posizione parte fissa’. La retribuzione dei dirigenti a regime e, di conseguenza composta da: stipendio tabellare, retribuzione individuale di anzianità ed altri assegni spettanti ad personam, retribuzione di posizione parte fissa, retribuzione di posizione parte variabile, retribuzione di risultato.
Lo stipendio è fissato per anno comprensivo della 13a mensilità ed assorbe l’ indennità integrativa speciale.
Le quantificazioni risultanti dal Ccnl sono articolate come segue.
Dirigenti di I fascia o comunque incaricati di funzioni dirigenziali generali:
– stipendio: L. 89.570.000 (più L. 166.000 dal 1°.7.2000 e L. 280.000 dal 1°.1.2001 mensili lordi;
– retribuzione di posizione parte fissa: L. 40.000.000;
– retribuzione di posizione ‘parte variabile’ e di risultato: non sono indicati valori ulteriori rispetto alla parte fissa né minimi né massimi e neppure valori percentuali di rapporto tra retribuzione di posizione e quella di risultato. I limiti (ed i valori) sono determinati in relazione alle disponibilità del fondo costituito (per le amministrazioni statali) con le risorse messe a disposizione dalla legge (finanziaria per il 2001) n. 388/2000, vale a dire con 40 miliardi, e con le risorse indicate dall’art. 44 per il biennio 1998-1999 e dall’art. 5 per il biennio 2000/2001.
E’ da osservare, in proposito, che stipendio tabellare e retribuzione di posizione parte fissa corrispondono, nei valori complessivi, all’ammontare previsto dalla c.d. direttiva D’Alema e che dal 31.12.1998 sono aboliti classi di stipendio ed aumenti biennali.
Dirigenti di II fascia:
– stipendio tabellare: L. 70.000.000;
– retribuzione di posizione parte fissa: L. 17.000.000;
– retribuzione di posizione parte variabile: dal predetto minimo di L. 17.000.000 fino ad un massimo di L. 82.000.000;
– retribuzione di posizione: non inferiore al 20% del valore annuo della retribuzione di posizione percepita dal dirigente. Il fondo è alimentato dalle risorse ‘storiche’ già individuate dal precedente Ccnl, nonché, per le Amministrazioni statali, da quelle indicate dalla citata legge finanziaria.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla lettura del Ccnl. Sembra, tuttavia, utile sottolineare:
– il trattamento economico sopra brevemente illustrato si applica ai dirigenti anche delle Amministrazioni ed enti non statali;
– le cifre pro-capite e le risorse indicate sono fissate o comunque definite sulla base di criteri perequativi fra le diverse amministrazioni;
– i fondi possono essere incrementati in caso di necessità di ulteriori risorse in conseguenza dell’attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione qualitativo-funzionale;
– i valori minimi della retribuzione di posizione debbono essere comunque assicurati a tutti i dirigenti;
– la retribuzione di posizione dei dirigenti di II fascia si articola ‘di norma’ in tre fasce in corrispondenza di altrettante posizioni organizzative predeterminate da ciascuna amministrazione in base a criteri generali indicati nel Ccnl (art. 6);
– le retribuzioni di posizione in godimento, sia parte fissa che variabile ‘hanno effetto’ sul trattamento di previdenza, quiescenza e sulla indennità di buonuscita o di fine servizio: si tratta di una clausola molto attesa che risolve univocamente per tutti i dirigenti una situazione di pregressa difformità fra i diversi settori;
– sono aboliti i cosiddetti premi di eccellenza e di qualità introdotti dai previgenti contratti.
Conclusioni
E’ difficile, soprattutto per chi scrive, mettere a fuoco valutazioni e giudizi con il necessario distacco e senza lasciarsi influenzare dalla complessità di un negoziato in cui l’intreccio di istanze ed obiettivi, ha prodotto spesso il rischio di blocco traumatico.
Eppure ad un primo bilancio, sia pure provvisorio, si può e forse si deve pensare. Ne proponiamo uno brevissimo:
– vengono date forma ed operatività reali alla unicità della funzione dirigenziale attraverso la contrattualizzazione anche della I fascia;
– è attivato in modo significativo un processo di colmatura del differenziale anche economico fra la I e la II fascia dei dirigenti;
– il riconoscimento anche in termini retributivi, con incrementi di indubbia visibilità, è collegato al positivamente valutato esercizio della funzione;
– sono offerti alle amministrazioni gli strumenti per una più incisiva gestione della dirigenza non disgiunti da un sistema di garanzie individuali, ma riducendo eventuali, residue zone di privilegio, per così dire, ambientale e/o personale;
– il Ccnl sembra assecondare e sostenere i processi di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, impegnate in una difficile opera di riassetto istituzionale ed organizzativo.
Si vedrà nella fase di concreta applicazione, comunque, se quanto di inevitabilmente virtuale c’è nel Ccnl, come in ogni regolamentazione generale, verrà tradotto o potrà tradursi in opportunità reale di cambiamento e in cambiamento positivamente apprezzabile.