Si è avviato il procedimento statutario che condurrà fra tre mesi all’elezione del trentesimo presidente di Confindustria, proclamandolo in occasione del centoseiesimo compleanno dell’organizzazione. Rare volte avevamo assistito a un confronto i cui protagonisti erano insieme così numerosi, così qualificati, così autenticamente espressivi dei profili identitari e delle culture organizzative che abitano la comunità degli imprenditori italiani. Che ciò accada nella stagione più acuta della crisi dei sistemi di rappresentanza e di intermediazione sociale è insieme curioso e confortante.
Ma proprio perché il nuovo presidente di Confindustria sarà chiamato a governare la fase forse più ardua, e persino più aspra, della lunga e nobile storia dell’associazione, e proprio perché al centro del dibattito pubblico c’è il modello di relazioni industriali funzionale a restituire energia competitiva al sistema nazionale delle imprese, è molto importante che i candidati si esprimano con scandita nitidezza intorno alle loro intenzioni programmatiche sul tema.
In questa prospettiva, ci permettiamo, assecondando gli stilemi correnti, di formulare dieci domande, confidando in una schietta risposta da parte di ciascuno dei candidati-presidenti:
- Qual è la sua posizione in ordine al ruolo del contratto nazionale di categoria nell’architettura del sistema: lo considera ancora ineludibile e centrale, o lo verrebbe perimetrato in un mero ruolo di “garanzia” attraverso la scarna definizione di minimi sul versante dei trattamenti economici e di quelli normativi?
- Qual è, di conseguenza, la sua posizione rispetto alla contrattazione aziendale: le riconosce piena autonomia regolatoria anche in materie oggi riservate al c.c.n.l. quali l’orario di lavoro, l’inquadramento professionale, i trattamenti assistenziali, ecc.? Per le piccole e medie imprese non sindacalizzate, è favorevole a una contrattazione territoriale, chiamata a individuare e regolare menu attingibili poi in automatico da ciascuna azienda?
- Ritiene cruciale, in attesa che prenda vigore il processo di riposizionamento competitivo delle nostre imprese a presidio dei segmenti più pregiati dei mercati internazionali in adempimento d’una politica industriale ispirata alla high road strategy, il tema dell’incremento della produttività e della riduzione del costo del lavoro: attraverso processi di decontribuzione e defiscalizzazione generalizzati o invece fortemente selettivi? E riformando il regime legale dell’orario di lavoro e delle sue flessibilità?
- È favorevole a un’applicazione diretta dell’art. 39 Cost., attraverso la definizione per via legale dei criteri di rappresentanza delle associazioni sindacali e datoriali, funzionale al riconoscimento della validità erga omnes dei contratti stipulati?
- È favorevole a garantire l’adempimento dell’art. 36 Cost. mercé la definizione per via legale dei minimi salariali?
- È favorevole a una regolazione per via legale, applicativa dell’art. 40 Cost., del diritto di sciopero attraverso la previsione di alcuni meccanismi di razionalizzazione dell’attuale regime di fatto (percentuali minime per la proclamazione o eventuale referendum confirmatorio, clausole di raffreddamento, preavviso, ecc.)?
- È favorevole a una legislazione di incentivazione, ex art. 46 Cost., della partecipazione dei lavoratori (ESOP, distribuzione degli utili, modelli duali di governance, ecc.)?
- È favorevole a un forte processo di deflazione del contenzioso giudiziario, attraverso il ricorso all’arbitrato? E solo per le controversie individuali o anche per quelle collettive?
- È favorevole al superamento, nel modello italiano di rappresentanza, del “canale unico”, per accostarsi al modello germanico del “doppio canale” e cioè dell’attribuzione a soggettività sindacali distinte delle funzioni di contrattazione e di partecipazione?
- È favorevole all’attivazione, oltre il perimetro del tradizionale modello confederale italiano, di esperienze di craft unionism, di “sindacato di mestiere”?