Dal diario del cronista abbiamo tratto una ricostruzione dei primi quattro giorni della settimana per ciò che riguarda l’Ilva e dintorni. Una piccola cronaca da cui si può forse ricavare perché non sia poi così facile interpretare gli accadimenti quotidiani relativi alla più lunga e complessa vertenza industriale della storia recente del nostro Paese. Una vicenda in cui, spesso, le apparenze ingannano.
Lunedì 15 giugno. Inizia la settimana, e in agenda non c’è nessun appuntamento relativo alle vicende della ex Ilva. L’argomento, però, esce fuori, a sorpresa, a margine di quello che è l’evento politico principale della giornata. A Villa Pamphili, infatti, va in scena il secondo giorno dei cosiddetti “Stati Generali” sull’economia, promossi dal capo del Governo, Giuseppe Conte. In calendario, l’incontro dell’Esecutivo con i rappresentanti dei sindacati, nonché con quelli di Regioni e Comuni.
Di carne al fuoco, dunque, ce ne sarebbe già parecchia. Malgrado ciò, a fine giornata arriva anche una dichiarazione sull’Ilva: “La proposta di ArcelorMittal è assolutamente inaccettabile”, scandisce lo stesso Conte in riferimento agli esuberi annunciati nel nuovo piano industriale inviato al Governo dal colosso franco-indiano dell’acciaio il venerdì 5 giugno.
Rispetto al futuro dell’ex Ilva, aggiunge Conte, “abbiamo le idee molto chiare e non consentiremo che un progetto strategico per il Paese possa essere snaturato e reso non idoneo. Questo vale anche per gli esuberi che non riteniamo accettabili”.
In mezzo alle mille dichiarazioni della giornata la cosa passa relativamente inosservata. Non è così per Giusy Franzese, cronista delle pagine economiche del Messaggero. La quale si mette alacremente all’opera.
Martedì 16 giugno. L’apertura della sezione ‘Economia’ del quotidiano romano è dominata da un titolo molto deciso: “Ilva, Governo pronto allo scontro, la nazionalizzazione è più vicina”. Si potrebbe anzi dire che il titolo del Messaggero sia un po’ forzato, come – del resto – capita spesso con i titoli. L’articolo però, coglie il punto e ricorda i termini del contendere. Il famoso accordo del 6 settembre 2018, firmato dai sindacati, prevedeva infatti il trasferimento immediato di 10.700 lavoratori dall’Amministrazione straordinaria ad ArcelorMittal Italia e un futuro occupazionale garantito per quei lavoratori (circa 1.800) che al momento dell’accordo restavano ancora in carico alla stessa Amministrazione straordinaria e non trovassero un’altra soluzione entro il 2023, ovvero entro la data in cui la stessa AM Italia avrebbe perfezionato l’acquisto dell’Ilva; invece, il piano trasmesso il 5 giugno contemplava l’assunzione solo di 7.500 lavoratori. In pratica, sommando i 1.800 lavoratori cui non veniva più data nessuna speranza di essere riassorbiti da AM Italia ai 3.200 considerati adesso in esubero, si arriva a ipotizzare un taglio di circa 5.000 posti di lavoro.
Quindi, massima valorizzazione, da parte del Messaggero, delle parole di Conte: “Non consentiremo che un progetto strategico per il Paese possa essere snaturato”.
Mercoledì 17 giugno. Dopo le dichiarazioni battagliere di Conte, è questo il giorno in cui è stato messo in calendario il primo incontro fra i rappresentanti del nostro Governo e quelli di Arcelor Mittal. In video conferenza partecipano, per il Governo, Francesco Caio, consulente dell’Esecutivo per la partita ex-Ilva, e Domenico Arcuri, Ad di Invitalia. Per l’azienda, invece, partecipano l’Amministratore delegato di AM Italia, la celebre Lucia Morselli, e un altro dirigente di ArcelorMittal, il da noi semisconosciuto Ondra Otravec.
Dall’incontro non trapela gran che. Fino a quando, in serata, le agenzie non cominciano a lanciare le dichiarazioni della stessa Morselli, protagonista della puntata odierna di Porta a Porta. Il fiuto di quella vecchia volpe di Bruno Vespa ha infatti subodorato che qualcosa bolle nella pentola della vicenda ex-Ilva. Apre quindi la sua intervista proprio a partire dal titolo sparato il giorno prima dal Messaggero a pag. 23. Quello sul “Governo pronto allo scontro” e sulla “nazionalizzazione” conseguentemente “più vicina”.
Alludendo all’incontro svoltosi in giornata, Vespa chiede come vadano i rapporti fra Azienda e Governo. “Il clima è buono”, risponde serafica Morselli. Che conosce bene l’arte di dire e non dire. “E’ vero che si è innamorata dell’acciaieria di Taranto?”, la incalza Vespa. “Tutti ce la invidiano”, sorride, ancor più serafica, Morselli. E così si procede, fino alla domanda finale di Vespa: “Si salverà l’Ilva?”. “L’Ilva è salva”, conclude Morselli sempre più sorridente.
Tutto bene, dunque? Fino a un certo punto. Perché è vero, Morselli ha fatto capire che ArcelorMittal intende restare in Italia e non teme l’ipotesi di una nazionalizzazione dell’ex Ilva. E ciò proprio perché, in base all’accordo del 4 marzo, accordo che la stessa Azienda “intende rispettare”, è prevista una partecipazione pubblica da parte di Invitalia; partecipazione che AM Italia approva. Rimane problematica, però la questione dell’occupazione. Almeno per Vespa. Il quale infatti, facendosi portatore dei sentimenti dell’opinione pubblica, osserva che il calo degli addetti previsti da 10.700 a 7.500 “non è una prospettiva allegra”. Morselli ammette che non lo sia. Aggiungendo però subito due robusti argomenti a difesa dell’Azienda: uno di carattere economico-produttivo e l’altro di carattere politico.
Cominciamo dal primo. In piena emergenza coronavirus, dice Morselli, è difficile fare previsioni. E’ però sicuro che, in base alle disposizioni poste attualmente a tutela dell’ambiente, e date le tecnologie di cui attualmente l’acciaieria di Taranto dispone, per AM Italia non sarà possibile produrre più di 6 milioni di tonnellate annue di acciaio. Il che, secondo Morselli, ha un’evidente ricaduta occupazionale, visto che le cifre contemplate nell’accordo del 6 settembre 2018 erano tarate sull’ipotesi di produrre non 6, ma 8 milioni di tonnellate.
D’altra parte, e qui siamo all’argomento politico, quando l’Azienda ha stipulato col Governo l’accordo del marzo scorso, anche se non sono state fatte cifre in merito ai progetti occupazionali da rivedere al ribasso, era chiaro il concetto che vi dovesse essere un equilibrio fra volumi produttivi e lavoratori occupati.
Ed è qui, in questo passaggio cruciale delle risposte offerte a Vespa da Lucia Morselli, che si è sviluppata la notizia Ilva della giornata. Una notizia, a dire il vero, abbastanza dirompente.
Infatti, all’attacco verbale sferrato lunedì da Conte nei confronti di ArcelorMittal, Morselli non ha risposto usando aggettivi come “inaccettabile” o verbi come “snaturare”. Non ha scelto, cioè, di mettersi in una gara a chi usa le parole più forti. E non ha neppure adottato uno stile aggressivo. In compenso, si è prodotta in un brevissimo racconto che, forse, sarà suonato alle orecchie dello stesso Conte e del Ministro dello Sviluppo economico, Patuanelli, come ancor più spiacevole di un mix tra parole forti e toni aggressivi.
“Il Governo – ha detto infatti la sorridente Morselli – non ha voluto coinvolgere il sindacato nell’accordo di marzo”. Una frase apparentemente solo narrativa, ma che costituisce, però, una vera e propria accusa. Come a dire: fosse stato per noi, il sindacato si sarebbe potuto coinvolgere nella riscrittura dell’accordo. Ma è il Governo che non ha voluto.
E qui Morselli, con un piccolo capolavoro dialettico, ha rincarato la dose: è stato proprio per rispetto dei sindacati assenti che, in quella sede, non sono state fatte cifre relative alle prospettive occupazionali dell’Ilva. Ma il Governo aveva tutti gli elementi per capire benissimo dove si andava a parare. Col corollario logicamente evidente, ancorché non esplicitato dal soave eloquio dell’Amministratore delegato, che non si vede perché il Governo si senta adesso legittimato a fare lo scandalizzato rispetto alle conseguenze di un progetto che ha condiviso.
Giovedì 18 giugno. I quotidiani propongono visioni diverse degli ultimi sviluppi delle vicende Ilva. Il Corriere della Sera dà un’interpretazione ottimistica dell’incontro di mercoledì fra i rappresentanti del Governo e quelli dell’Azienda. Infatti, titola così un taglio basso nella prima pagina della sezione Economia: “Ex-Ilva, primo passo per l’intervento pubblico”.
Anche La Repubblica parla di Ilva ma con due differenze rispetto al Corriere. Innanzitutto, lo spazio dedicato all’argomento è più ridotto. Poi, sposta l’attenzione dall’incontro Governo-Azienda alla trasmissione di Bruno Vespa. Di qui il titolo: “Da ArcelorMittal uno spiraglio per il futuro Ilva”. Marco Patucchi, autore del mini-pezzo riporta anche la contro-replica del vice Ministro dell’Economia, Antonio Misiani, che ha detto: “Non arretriamo sulla difesa dell’occupazione”. Per concludere che tra Governo e Azienda acquirente c’è ancora “una grande distanza”, ma che almeno si parlano. “E di questi tempi è già qualcosa”, chiosa Patucchi.
Ben diverso il tono del taglio basso siglato da Giusy Franzese sul Messaggero. Che, infatti, viene così titolato: “Ilva, Morselli: ‘Il governo già a marzo sapeva che ci sarebbero stati esuberi'”. Cogliendo quello che, secondo noi, è il cuore della notizia.
Fatto sta che anche alla Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil, devono aver pensato qualcosa di simile. In giornata, l’Ufficio Stampa ha diffuso una dichiarazione di Gianni Venturi che, della Fiom, è segretario nazionale e responsabile per la siderurgia.
“L’Amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli”, esordisce Venturi, “ha fatto intendere che il Governo sarebbe responsabile di non aver coinvolto il sindacato nelle trattative che hanno portato all’accordo del 4 marzo”. E ciò “mentre ArcelorMittal non avrebbe esplicitato il numero degli esuberi, di cui comunque il Governo sarebbe stato al corrente, per rispetto del sindacato”.
Questa, secondo Venturi, “è una versione a dir poco stravagante dell’idea di rispetto e anche dell’idea di sindacato”. Fatto sta che “questa ricostruzione, al momento, non trova smentita alcuna da parte del Governo”.
Dopo aver rilevato che “non si hanno notizie di prossimi incontri”, Venturi sottolinea che, a parer suo, il Governo “non può limitarsi a definire inaccettabile il piano industriale” presentato dall’azienda acquirente. Anzi, “deve scoprire le carte, deve sciogliere il nodo della partecipazione negli assetti proprietari, deve invertire le priorità del piano industriale, deve garantire il rispetto degli impegni e dei vincoli assunti con gli impegni del settembre 2018”.
Ma non basta: il Ministro Patuanelli deve “definire rapidamente un piano nazionale della siderurgia”. Quindi Venturi conclude: “Si apra immediatamente il tavolo di settore con le parti sociali”.
Morale della favola. Rispetto agli ultimi sviluppi dell’ormai pluriennale vicenda Ilva, Conte ha forse creduto di potersela cavare a buon mercato, facendo in pubblico la voce grossa con la controllata italiana di ArcelorMittal, ovvero con la stessa azienda con cui, in assenza dei sindacati, il suo Governo ha concluso un accordo non più tardi del 4 marzo scorso. L’Ad Morselli, però, ha dimostrato di essere un osso duro, insinuando in tv che il Governo abbia dato prova di scarsa coerenza fra dichiarazioni rilasciate alla stampa e concreti comportamenti negoziali. E questa non è una bella fama per chi intenda trattare con le parti sociali.
@Fernando_Liuzzi