Bruno Trentin aveva due modi per farti capire che non era per nulla d’accordo con quello che avevi detto e pensato (ammesso che…). Il primo era quello di sorriderti apertamente (quasi ridendo con gli occhi e con le labbra) fino a metterti in imbarazzo e obbligarti a riflettere su cosa cavolo avevi detto di sbagliato da essere oggetto di tanta ironia. Il secondo era di risponderti a muso duro (serissimo) che quello che avevi appena finito di dire era sbagliato per questo e quest’altro motivo e di non insistere. Fino a farti temere che dopo le parole era pronto a passare alle mani… Personalmente li ho provati entrambi questi suoi diversi modi di obiettare. Una volta che avevo avuto un battibecco nella discussione in Direttivo Cgil sull’interpretazione da dare a una frase del CCNL dei metalmeccanici delle aziende pubbliche, scesi dal palco arrabbiatissimo che qualcuno avesse messo in dubbio la mia interpretazione (avendo io firmato per la Fiom quel contratto). Mi sono seduto con malumore in platea quando mi si è avvicinato Bruno dicendo: “Oggi non ne hai proprio azzeccata neanche una!” Ma lo disse con un sorriso e un’ironia tale che mi misi a ridere anche io, bofonchiando che pensassero quello che volevano che tanto avevo ragione. Un’altra volta avevo espresso un’opinione sul protocollo Ciampi del ’93, sostenendo che quell’accordo avrebbe bloccato la crescita dei salari per via delle tempistiche contrattuali e del fatto che prevedeva che i contratti nazionali servissero solo a recuperare l’inflazione. “Dove l’hai letta questa cosa che dici? Dove sta scritta?” mi urlò contro. “Rileggi bene il testo dell’accordo e vedrai che non è affatto così, anzi!” Mi toccò scusarmi se mi ero sbagliato.
Perché questi ricordi? Perché in questi giorni difficili mi chiedevo: “Come avrebbe risposto Trentin all’idea che la Cgil non prende posizione rispetto al voto da dare alle elezioni del 25 settembre?” Si sarebbe messo a ridere apertamente non credendo che si possano avere opinioni di questo genere in un’organizzazione come la nostra? Oppure avrebbe obiettato duro: “La Cgil è un sindacato radicato socialmente e politicamente! Chi confonde l’autonomia con la neutralità non ha capito niente della nostra storia”. Oppure avrebbe spinto giù dal palco l’oratore che sosteneva questo argomento (come pure era capitato a uno dei suoi stretti collaboratori durante un congresso)? Non so rispondere a queste domande. Mi aiutino coloro che come me hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui. E proviamo insieme a rimettere al centro della riflessione precongressuale della Cgil serietà, conoscenza e senso della misura.
Gaetano Sateriale