Il titolo dell’ultimo libro di Enrico Giovannini edito da Laterza può trarre in inganno. Certo che “I ministri tecnici non esistono” perché governare un Paese significa trasformare i problemi sociali in problemi politici. Ma dopo aver letto le dettagliate pagine dell’esperienza dell’autore da Ministro delle “Infrastrutture e della mobilità sostenibili” ci si convince, purtroppo, che avere ministri con la preparazione tecnica di Giovannini sarebbe un “valore aggiunto” per qualsiasi Governo. E invece ce ne sono molto pochi di ministri competenti. Se avessimo potuto scegliere il titolo “giusto” di questo libero avremmo dovuto dire: “I ministri tecnici sono rari, purtroppo”. Dove tecnico significa preparato sul merito e sul metodo delle decisioni da prendere.
Intendiamoci: nessuno quando diventa ministro (o amministratore di una qualsiasi istanza di governo) ha in tasca tutte le competenze necessarie per prendere le decisioni giuste e realizzare i progetti messi a punto. Il vero problema è se si ha il coraggio di farsele queste competenze o se si preferisce chiudersi dentro una divisione del lavoro e delle responsabilità tra ruolo tecnico e politico, appunto.
Il libro spiega bene: le competenze esistono dentro e fuori dai ministeri, spesso competenze di alto livello, il problema è che non vengono quasi mai impiegate (conosciute, messe a confronto, tradotte in provvedimenti coerenti), per limiti della politica (a nostro parere) non per limiti di conoscenza.
Il libro di Giovannini è un raro strumento che fa vedere, da dentro i palazzi, come funzionano (o non funzionano) un ministero e un governo. Come la burocrazia, spesso complice della politica, rifugga il confronto e il coordinamento e preferisca tempi lunghi di realizzazione degli atti, senza verifiche di coerenza tra gli enunciati e i fatti: “il fumo senza l’arrosto” dice Giovannini con una bella metafora. Ma l’esperienza del governo Draghi che viene raccontata (con una forma a metà tra un “diario” quasi quotidiano e un “manuale” di buon governo) lascia intendere che è possibile, seppure con grande lavoro, coinvolgere le competenze, scegliere le soluzioni più adeguate, tradurle in atti amministrativi, realizzare i progetti nei tempi giusti e verificarne la coerenza.
Sono tanti i casi trattati da Giovannini: ferrovie, infrastrutture stradali, porti, il ponte sullo stretto di Messina. Soprattutto l’iter con cui si è concepito lo strumento del PNRR, applicativo degli indirizzi europei e non a prescindere come spesso abbiamo immaginato di poter fare. Un Piano le cui risorse arrivano se si avviano le riforme che l’UE ci chiede e non indipendentemente da questa. Data l’esperienza di Enrico Giovannini, fondatore di ASviS, tra i principi con cui il ministero elabora con coerenza i propri progetti vi sono gli indirizzi dell’Agenda ONU sullo sviluppo sostenibile. A partire da quello che richiede più partecipazione nell’assunzione delle decisioni e nell’iter realizzativo. Anche qui delle dichiarazioni (il fumo) coerente con i fatti (l’arrosto).
Alla fine del libro di Giovannini si viene presi da una considerazione desolante: se era possibile innovare l’efficacia di un metodo di governo, chi e perché è stato così irresponsabile da far saltare il governo Draghi? Le dinamiche politiche a prescindere dalle competenze e dai bisogni del Paese verrebbe da dire.
Gaetano Sateriale