“In Fiat, ma direi forse in tutta l’industria, cioè nei luoghi di lavoro in cui il rapporto tra lavoro e fatica è più diretto, esistono in sostanza solo due modelli di sindacato: partecipativo e antagonista. Per capirsi, sindacati tipo Fismic o tipo Fiom.”
A parlare così è Roberto Di Maulo, una vita passata nei sindacati dei metalmeccanici, prima alla Uilm, di cui è stato segretario nazionale responsabile per il settore auto, e poi, dal 2001, segretario generale della Fismic. Ovvero della Federazione italiana sindacati metalmeccanici e industrie collegate, cioè l’erede vivente del Sida, l’antico Sindacato italiano dell’auto, nato a fine anni Cinquanta, da una costola della Fim-Cisl di Torino.
L’occasione della chiacchierata del Diario del lavoro con Di Maulo è data da uno scoop di Diodato Pirone, cronista sindacale del “Messaggero”, che ha pubblicato stamattina sul quotidiano romano un articolo così titolato: “Alla Fiat spunta il sindacato unico. Sigle pro-Marchionne in versione Usa”. Articolo in cui si racconta che la Fismic, per l’appunto, ha scritto una lettera indirizzata alla Fim-Cisl, che in Fiat “è il primo sindacato”, allo scopo di “intavolare una trattativa ufficiale”. Trattativa volta a realizzare “non una fusione”, ma “una joint venture, una federazione, comunque una struttura unitaria che, rispettando le diverse storie sindacali, abbia forza e capacità di trattare con un’azienda innovativa e ambiziosa come la Fiat”.
“Oggi come oggi – spiega Di Maulo – i sindacati presenti nelle aziende Fiat sono almeno 7. Di questi, quelli firmatari del Contratto collettivo specifico di lavoro del dicembre 2011 sono 5: oltre a noi, Fim, Uilm, Associazione quadri e Ugl. Sul fronte opposto ci sono poi i Cobas e la Fiom, un sindacato certo minoritario, ma con una presenza diffusa e forte in particolare in alcuni stabilimenti, come a Grugliasco, alla Iveco di Brescia e alla Ferrari di Modena. Ebbene, personalmente sono convinto che, in presenza di una realtà così frastagliata, un’operazione di semplificazione sarebbe auspicabile.”
Ma, in concreto, come potreste fare a realizzare questa semplificazione?
“Quel che è certo – replica Di Maulo – è che non la si può fare a danno di qualcuno. Nessuno può cioè pensare di realizzare una fusione per incorporazione, anche perché i sindacati firmatari che ho citato hanno alle spalle storie diverse e sono stati costruiti in base a modelli diversi. La Fismic, in particolare, è basata su un modello più vicino ai sindacati anglosassoni e nordeuropei. Per fare un solo esempio, da noi i metalmeccanici che vanno in pensione non aderiscono a un sindacato pensionati, come accade per Fim e Uilm, ma rimangono iscritti alla Fismic, come fanno quelli della tedesca Ig Metall.”
E allora?
“Allora bisognerebbe pensare a una specie di joint venture valida solo nell’area del Ccsl, cioè Fca più CnhI. Un’entità terza cui ciascuno dei sindacati firmatari conferisca dei cespiti organizzativi. Un po’ come accadeva con la Flm, una federazione che riuniva e rappresentava ai tavoli negoziali i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm; ognuno dei quali, peraltro, manteneva la propria autonomia organizzativa. Insomma, il modello cui penso è quello di un patto federativo che riunisca organizzazioni diverse in un unico contenitore.”
L’Amministratore delegato di Fca, Marchionne, ha detto e ripetuto che preferirebbe avere di fronte a sé anche in Italia un unico sindacato, così come avviene negli Stati Uniti con la Uaw.
“Certo, questo lo sanno tutti. Ma rispetto a questo avvio di dibattito tra noi e la Fim, in cui ritengo ovviamente che anche la Uilm debba essere coinvolta, la Fiat è neutra. Io parto da un’esigenza sindacale perché, come ho già detto, il nuovo modello salariale di cui abbiamo parlato a Torino nei giorni scorsi con i vertici Fca può comportare un rischio di disintermediazione. In altre parole, non è impossibile che la Fca sia tentata dal desiderio di costruire un rapporto diretto con i lavoratori, saltando il confronto con i sindacati. Tanto più, quindi, dobbiamo costruire in Fca un interlocutore sindacale agile ma forte.”
In serata, è poi stata battuta dalle agenzie una dichiarazione di Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl. Dichiarazione con cui il giovane leader della Fim afferma di ritenere “decisivo” un “processo di semplificazione del quadro sindacale e contrattuale” per “rilanciare un forte protagonismo del sindacato industriale”. Bentivogli afferma poi la “disponibilità” della Fim a “costruire un processo che realizzi una grande e forte coalizione sindacale”, sottolineando che tale “coalizione” deve essere “autonoma dalla politica e dalle aziende”, nonché “vicina ai lavoratori e radicata nelle fabbriche”. “Dentro a questo processo”, conclude Bentivogli, la Fim ha “avviato un percorso di accorpamento con la Femca”, la federazione Cisl di chimici, tessili e energia. Ciò allo scopo di “dar vita al più grande sindacato dell’industria del nostro Paese”.
Insomma, sia fuori che dentro al perimetro della Fca, spinte di origine anche diversa sembrano destinate a mettere in movimento gli assetti tradizionali delle nostre organizzazioni sindacali.
@Fernando_Liuzzi