Sgomento, preoccupazione, paura stanno accompagnando tutti noi, ora dopo ora, nell’assistere alla guerra che si sta consumando sul suolo ucraino. Accanto a questi sentimenti anche un forte senso di incredulità e straniamento. Dopo due anni di pandemia, che ha stretto tutto il mondo nella sua feroce presa, lo scoppio di un conflitto nel cuore dell’Europa sembra il finale poco simpatico di una battuta di pessimo spirito. A essere sinceri il covid, che tutto ha bloccato delle nostre vite, non ha arrestato l’unica cosa che andava veramente messa a tacere: la guerra. Negli angoli del globo, fucili e cannoni hanno continuato a emettere la loro macabra litania di morte. Afghanistan, Yemen, Libia, Siria, per non parlare di tutte le innumerevole ostilità che martoriano il continente africano. Il tutto mentre l’umanità sta ancora affrontando la sfida del covid.
Se poi, per un attimo, ci fermassimo ad analizzare il linguaggio con il quale abbiamo descritto il virus, e le nostre azioni per arginarlo, ci accorgeremmo di precipitare all’interno di un vocabolario di stampo bellico. Il coronavirus è il nemico, o l’avversario, da sconfiggere. Un rivale esternamente pericoloso e scaltro che, a ondate, si è abbattuto sulle nostre esistenze, come se alle sue truppe avesse ordinato ciclici assalti alla baionetta, con tutto il loro carico di morte e dolore, e contro il quale bisogna resistere. Così i governi di tutto il mondo hanno dovuto attuare innumerevoli strategie per arginare la pestilenza, rafforzando le prime linee di difesa, trincerandole con mascherine, gel, distanziamento e vaccini. L’immunizzazione della popolazione è proceduta attraverso varie campagne, a memoria di quelle napoleoniche, quasi a dover invadere un territorio ostile.
Se dunque, anche nei confronti di una forma di vita che non conosce moralità, che non sa che cosa sia la vendetta o l’inganno, che non infligge dolore e disperazione per motivi economici, di razza, religione e sesso, che non ha un piano consapevole di sterminio del genere umano, che non ha cura del destino dell’umanità, ma che agisce unicamente secondo natura, abbiamo usato un linguaggio così impregnato di terminologia bellica, che speranza abbiamo di pace e salvezza?
Tommaso Nutarelli