Ma le donne italiane avranno più bisogno di asili nido gratuiti o di poliziotti ben pagati? La domanda, come si dice, sorge spontanea, considerando alcune misure inserite nella recente manovra del governo. La premier Meloni, infatti, ha in qualche modo collegato le due faccende, spiegando, nel corso di una abbastanza confusa comunicazione alla stampa, i due aspetti che considerava fondamentali della manovra appena varata. Il primo: le donne dopo il secondo figlio avrebbero avuto a disposizione l’asilo nido gratuito; il secondo: il governo avrebbe dato priorità assoluta al rinnovo del contratto del comparto sicurezza, incrementando il salario delle forze dell’ordine. Questo perché, parole testuali della premier, ‘’non è accettabile che un poliziotto prenda di straordinario 6 euro l’ora, meno di una colf’’.
Si potrebbe obiettare che anche chi fa le pulizie o qualunque altro lavoro non dovrebbe prendere 6 euro l’ora, ma si entrerebbe direttamente nella polemica sul salario minimo, e non è questo adesso il tema. Il tema è: asili o poliziotti? La domanda la propone Chiara Valerio in un interessante articolo su Repubblica, invitando a considerare la manovra come una torta divisa in porzioni. Dunque, se la manovra da 24 miliardi fosse una torta con 24 fette, calcola Valerio, 7 fette, vale a dire 7 miliardi, andrebbero al rinnovo dei contratti pubblici e, di questi, ben 5 fette, o miliardi, al contratto della sicurezza, cioè alle forze dell’ordine; mentre appena un quinto di una fetta, 150 milioni, andrebbe agli asili nido.
A questa fetta, o meglio a questa sottiletta, va poi aggiunta la decontribuzione per le madri dal secondo figlio in poi: in base al principio, ha spiegato la premier, che “una donna che mette al mondo due figli ha già offerto un importante contributo alla società e quindi lo Stato cerca di compensare pagando i contributi previdenziali, smontando così anche il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne. Vogliamo dimostrare che le due cose possono stare perfettamente assieme, e vogliamo incentivare chi ovviamente mette al mondo figli nel caso in cui voglia anche lavorare’’. Dunque decontribuzione totale per la parte a carico del lavoratore, di durata fino al compimento dei 10 anni per un figlio, fino ai 18 anni con il secondo figlio. Ed è questa la formula quasi magica che ritorna costantemente: ‘’il secondo figlio’’, quasi un titolo da romanzo, da film.
Ma poi, come nei romanzi e nei film, arriva il colpo di scena.
Fin qui, infatti, abbiamo parlato degli annunci che la premier ha fatto in conferenza stampa, mentre leggeva velocemente un appunto preparato dal suo staff. Poche ore dopo, però, è arrivata una precisazione del Mef a spiegare che le cose non stavano esattamente così. Il Mef dice infatti che gli sgravi per la prole valgono per un anno soltanto, mentre potranno essere strutturali solo ‘’dal terzo figlio in poi’”. Non che si parli di cifre che cambiano la vita, in ogni caso: lo sgravio contributivo vale all’incirca 20 euro al mese, pari a 240 euro, e per di più’ valido per un solo anno. C’e’ da immaginare quante donne si precipiteranno a fare il secondo figlio grazie a questa prospettiva? E quanto ai nidi gratis: non ci saranno nemmeno quelli, semplicemente si metteranno altri 150 miliardi (il famoso quinto di fetta, ricordate?) sul già esistente bonus asilo nido, e ne potranno beneficiare solo le famiglie con due figli, si, ma se con Isee sotto i 40 mila euro.
E vabbè, si dirà, per le donne ci sono pur sempre le condizioni del pensionamento più favorevoli. No: perché Opzione donna con la manovra scompare, l’età di uscita di alza a 63 anni, inoltre i 30 anni di contributi che erano sufficienti alle donne per accedere alla pensione non bastano più: ce ne vorranno 36, che potranno forse scendere, al massimo, a 35, o a 33 se in presenza di figli. Si potrebbe obiettare che una donna di 63 anni ha figli ormai adulti, e quindi lo sconto a cosa? al valor civile di averli partoriti qualche decennio fa? Mentre è certamente più facile che abbia genitori anziani da accudire: ma, peccato, i vecchi a carico, a quanto pare, non valgono lo sconto. E tanto per completare il quadro: scompare anche il taglio dell’Iva sui prodotti per l’infanzia. Non era utile, ha spiegato la premier, perché tanto l’inflazione se lo era già mangiato.
Tutto compreso (ci sono anche, nella manovra, l’aumento dell’indennità per i congedi parentali e il raddoppio del tetto per i fringe benefit, sempre riservato a chi ha figli, e la decontribuzione per chi assume donne con figli), le misure a favore della famiglia, o meglio di quella dotata di prole, valgono un miliardo, contro i 5 miliardi per le forze dell’ordine: sicurezza, dunque, batte asili cinque a uno. Sia chiaro: ben venga un aumento delle paghe, davvero misere, dei poliziotti. Ma, per favore, finiamola con queste prese in giro: perché’ sappiamo bene che per gli asili nido, gratis o scontati, il vero problema è innanzi tutto che non ce ne sono e non se ne stanno facendo. E questo, magari, aiuta a capire perché le donne senza figli hanno un tasso di occupazione dell’80 per cento, mentre quelle con tre figli di appena la metà. E spiega, anche, perché per le donne italiane fare figli equivale a un salto nel vuoto. Infatti, se ne guardano bene.
Infine, una nota a margine: chi ha memoria ricorderà forse l’annuncio del Governo Prodi nel lontano 2007, quando decise di utilizzare i circa 500 milioni di euro confiscati ai ‘’furbetti” delle scalate bancarie per un piano straordinario di asili nido. Purtroppo Prodi cadde di li a poco, si tornò a votare e vinse Berlusconi, che quei 500 milioni li utilizzò per togliere le tasse sulla prima casa. C’era pure Meloni, in quel governo, come Ministro della Gioventù.
Nunzia Penelope