Nei giorni scorsi si è scritto parecchio di un incontro – promosso da talune associazioni professionali/sindacali, a Roma, presso la Casa dell’Aviatore – dedicato al tema delle pensioni. Le cronache hanno raccontato di un’assemblea ‘’inviperita’’ verso gli ultimi Governi e in particolare verso l’ex premier Matteo Renzi, il quale, benché invitato, ha ritenuto di non presentarsi. Già nella relazione, poi nel corso del dibattito, sono state presentate le condizioni – ritenute irrinunciabili e per questo sottoposte alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale – riassumibili in sintesi nei seguenti quattro punti: recupero della mancata perequazione automatica delle pensioni; separazione assistenza e previdenza; pensione di reversibilità; politiche pensionistiche innovative a favore dei giovani.
Chi scrive – pur riconoscendo ai Governi Renzi e Gentiloni di aver resistito alla canea immonda scatenata contro la riforma Fornero – ritiene che, sul terreno delle pensioni, durante la legislatura appena conclusa, si sia investito un numero rilevante di risorse che sarebbero state più utili se dedicate ad altri settori. Ciò premesso, il sottoscritto considera una mossa abile quella di aver scaricato le esigenze vere o presunte di anticipo della quiescenza sulle differenti tipologie dell’Ape (peraltro ora tutte operanti anche se con ritardo). In questo percorso, tuttavia, sono presenti delle trappole che finiranno per scattare ad ogni legge di bilancio, quando si presenteranno sempre nuove categorie (lavorare stanca!) a rivendicare la patente di lavoro disagiato con annessi i relativi benefici (che otterranno).
Veniamo, dunque, ai punti ‘’irrinunciabili’’. Dopo aver fatto, però, un’osservazione preliminare: nel giorno dei Santi Crispino e Crispiniano alla Casa dell’Aviatore – secondo quanto hanno riferito le cronache – non risultano esservi state dure prese di posizione contro quelle forze politiche disposte a mettere in discussione i diritti acquisiti di quelli che percepiscono pensioni, a loro avviso, ‘’d’oro’’ in nome di una linea peronista che ha molto appeal anche nell’opinione pubblica avvinazzata dai talk show. Partiamo dalla mancata rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione. Il Governo Renzi, dopo la discutibile sentenza della Corte costituzionale che aveva sancito l’illegittimità della norma contenuta nella legge del 2011, ha provveduto ad ampliare la platea dei salvaguardati sia pure con misure di carattere parziale, le quali sono state considerate compatibili con la citata sentenza da parte della stessa Consulta. A me pare che il discorso sia chiuso. A conti fatti, nel complesso risultano tutelati – in una qualche misura – 12 milioni su 16 milioni di pensionati.
E’ singolare, poi, che nessuno abbia notato come l’allargamento dell’opzione-donna, di cui ha usufruito qualche migliaia di lavoratrici, sia stato finanziato con la proroga di un sistema di indicizzazione meno favorevole di quello ordinario. Quanto alla pensione di reversibilità, non solo la notizia fu mal interpretata a suo tempo, ma dopo, sepolta dalle smentite, non se ne è più parlato. La questione della separazione tra assistenza e previdenza è un problema che non esiste, perché è già stato risolto, a partire dal 1989 ed in provvedimenti successivi. Tanto che presso l’Inps esiste una gestione degli interventi assistenziali (la Gias) che è in pareggio per definizione dal momento che i trasferimenti dal bilancio dello Stato coprono l’intero fabbisogno. Arriviamo alle politiche innovative per i giovani. E’ un po’ triste la logica di tutelare i giovani quando saranno pensionati anziché in età di lavoro. Gratta gratta, per i giovani c’è ben poco nei programmi elettorali. Eppure il solo che propone per loro una pensione di garanzia è quello del Pd.