Il Professor Balestrieri, sul Diario del 28 settembre rilancia il tema del salario minimo anche in Italia. Argomento largamente dibattuto in questi tempi, che al momento non ha trovato soluzione.
Argomenti a favore sono: “Lo hanno molti Paesi della Comunità Europea”; “tutelare i lavoratori senza protezioni e sottrarli al sotto-salario”.
Intanto diciamo che in nessun Paese Europeo ci sono ben 2 livelli di contrattazione come in Italia, anche se non tutti esercitano il secondo.
Poi diciamo che i contratti firmati dalle Organizzazioni Datoriali e Sindacali maggiormente rappresentativi, coprono tutto lo spettro dei lavori e delle professioni esistenti, individuando con molta precisione mansioni, inquadramenti, profili professionali e ovviamente relativi emolumenti diretti ed indiretti.
Di fatto il salario minimo già esiste. Certo andrebbe irrobustito, supportato, ma per far ciò, non credo serva un nuovo elemento da inserire nel panorama retributivo. Basterebbe riconoscere e rafforzare l’erga omnes dei Contratti Nazionali oggi esistenti, appunto quelli sottoscritti dalle Controparti Organizzate e maggiormente rappresentative nel Paese. Non nel quartiere.
Non è la cosa più facile da fare, invece di inventare altre regole? Davvero si pensa che il sotto-salario o il lavoro in nero siano frutto della mancanza del salario minimo?
Già oggi, un lavoratore che si rivolge alla magistratura per reclamare differenze retributive e contributive, si vede riconosciute le quantità dovute dai contratti di riferimento.
Basterebbe una legge con un solo articolo: art.1 “A tutti i lavoratori, in base alle mansioni e alla categoria merceologica, va riconosciuto quanto previsto dai Contratti Nazionali di riferimento, sottoscritti dalle Organizzazioni Datoriali e Sindacali maggiormente rappresentativi sul livello Nazionale. Tali contratti sono da riferimento anche per le attività in collaborazione”.
E poi quale è il salario minimo?
Ci sono tanti salari minimi. Quello che è congruo per una categoria può risultare altamente insufficiente per un’altra. Ciò potrebbe costituire un alibi legale, per inchiodare a ribasso la tariffa per tutti. Se al contrario, viene indicato un salario minimo elevato, questo per forza di cose sposterà in alto automaticamente, tutte le retribuzioni, perché il differenziale economico, tra una professionalità e un’altra, non può essere alterato. Ci sono le risorse per farlo?
Poi certo ci vuole una seconda legge. Una legge che certifichi la Rappresentanza Sindacale. Chi Pesa, e Quanto, su tutto il territorio Nazionale. Semplificherebbe molte cose. Non è difficile, basta volerlo.
Rimane il tema dei temi: i salari in Italia sono bassi e comunque non a livello dei Paesi nostri competitor. La ricchezza non è distribuita come meriterebbe. La produzione, la produttività, i saperi, sono ancora economicamente e socialmente mortificati.
C’è sicuramente la leva del Cuneo fiscale e delle tasse sul lavoro. Ma c’è anche il tema della svalorizzazione del lavoro e di un sistema che incentiva la rendita e la speculazione.
Ma anche questa è un’altra storia a cui prima o poi (più prima che poi), bisognerà metter mano.
Fabrizio Tola