La notizia riportata dai media è quella dell’incontro tra la Fiom e Matteo Renzi e il favore espresso da quest’ultimo ad una legge sulla rappresentanza.
La notizia poco ripresa dai media è invece quella del fallimento dell’incontro tra le Confederazioni sindacali e la Confindustria proprio sui temi della rappresentanza e della contrattazione.
Nessuno si è chiesto il perché di tale esito, dopo mesi di discussione, dopo gli accordi del 28 giugno 2011 e quello del 31 maggio 2013 che molti abbiamo salutato con soddisfazione.
Si dice, da parte della Fiom, che nelle aziende non vi è democrazia, i lavoratori sono privati del diritto di eleggere le Rsu e della scelta sui contratti. Affermazioni tanto ripetute quanto assolutamente infondate.
I lavoratori di tutte le categorie votano dappertutto le Rsu dal 1993 (prima votavano i Consigli di fabbrica), dal famoso Protocollo del 23 luglio che, lungi dall’aver compresso i diritti democratici nei luoghi di lavoro, ha aperto le porte della rappresentanza anche al sindacalismo di base, ha stabilizzato il sistema della contrattazione, e assegnato alle Rsu piena titolarità contrattuale. In tutte le categorie si votano i contratti, aziendali e nazionali. Proprio in quanto quelle regole sono rispettate, da tutti.
Solo nel settore metalmeccanico dal 2001 non si riesce a concludere unitariamente i contratti nazionali. Solo nel settore metalmeccanico accade che la Fiom rifiuti di attenersi al voto delle Rsu e dei lavoratori alla Fiat, all’Ilva, alla Indesit, e in numerose altre realtà.
Ma poiché è più comodo individuare volta a volta il nemico cui addossare presunte responsabilità piuttosto che interrogarsi sulle mancanze proprie, è attiva una campagna di delegittimazione di Fim e Uilm e di ricorsi giudiziari rumorosi quanto inutili e infruttuosi.
Ci ricordiamo della causa intentata contro l’accordo di Pomigliano? Ebbene il giudice Ciocchetti di Torino diede torto alla Fiat per abuso del diritto, cioè per aver applicato troppo rigorosamente l’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, che non riconosceva (più…dal 1995, dopo l’infausto referendum voluto anche dalla Fiom) il diritto alla rappresentanza ai sindacati non firmatari di contratti, e diede torto alla Fiom che voleva invalidare l’accordo per lo stabilimento della Fiat, riconoscendone invece piena legittimità e chiedendo alla Fiom di attenervisi.
Ci ricordiamo della causa-flop della Fiom per far saltare il contratto dei metalmeccanici firmato da Fim e Uilm nel 2012?. Ebbene, è stato ritenuto invece dal Giudice perfettamente legittimo, valido e applicabile a tutti i lavoratori.
E’ quindi per questo, per riaffermare la validità del sistema generale delle relazioni sindacali, dello stretto legame tra diritto alla rappresentanza e responsabilità contrattuale, che si è deciso tra Cgil-Cisl-Uil di aggiornarne il quadro e le regole.
Una correlazione sancita da ultimo proprio dalla sentenza della Corte costituzionale.
Ma per la Fiom nulla di tutto ciò è importante, siccome il gioco non piace butta via la palla. E invoca una legge.
Ma cosa dovrebbe definire la legge? La certificazione e il diritto alla rappresentanza, la stabilità delle relazioni sindacali, la certezza dei soggetti contrattuali, il coinvolgimento dei lavoratori, l’esigibilità della contrattazione. Aspetti inscindibili, infatti puntualmente previsti dagli accordi sindacali. Che chiedono solo di essere completati e resi attuativi. Non si sfugge, la responsabilità prima compete a sindacati e imprese, e non è pensabile che il Parlamento la surroghi.
Quindi va bene una legge, che sia però coerente con l’impostazione degli accordi. Altrimenti si rischia l’invadenza della politica nelle relazioni sindacali, e non sarebbe un bel risultato per nessuno.
Nicola Alberta
segretario Fim-Cisl Lombardia