Il debutto della piazza, prova del fuoco del sindacalista, per Daniela Fumarola è arrivata, imprevista, nella primavera del 2023. Il luogo è Milano, il tempo quello della manifestazione di Cgil, Cisl e Uil contro la politica economica del governo: l’ultima tutti assieme. In piazza Sempione le tre confederazioni avevano radunato una gran folla. Sul palco erano attesi i comizi dei tre leader, Landini, Bombardieri, Sbarra. Ma il segretario della Cisl è malato, e lo sostituisce, a sorpresa, una donna che pochi su quella piazza conoscono. Lei, appunto: Daniela Fumarola.
In realtà è nel sindacato da anni, praticamente da sempre, ha iniziato nella sua Puglia, con i braccianti, e poi su, dalla categoria al regionale, fino alla segreteria confederale, chiamata a Roma dall’allora leader Annamaria Furlan come segretaria organizzativa. L’organizzazione è un po’ la cabina di regia, la “macchina” del sindacato. Un incarico di grande responsabilità, che governa sulla vita interna, sul tesseramento, sulle regole, e su infinite altre questioni; ma è, appunto, molto rivolto all’interno e dunque sostanzialmente invisibile al grande pubblico. Per cui non c’è da stupirsi se in quella piazza milanese pochi conoscono anche solo l’aspetto di Fumarola. Che, tra l’altro, pur essendo del ’66, dimostra assai meno dei suoi anni: capelli biondi, frangetta, sorriso luminoso, sembra più una studentessa secchiona che una tosta sindacalista. Sale sul palco che condivide con i due segretari di Cgil e Uil Landini e Bombardieri, allarga le braccia verso l’alto ed esordisce così: “Grazie! grazie di essere qui, siete bellissimi! è bellissimo ritrovarci tutti assieme!’’.
Quasi un saluto da rock star, certo; ma bisogna sapere che i sindacalisti, quando stanno sui palchi, non sono molto differenti dalle rock star. Sta tutto li il segreto: nel saper tenere la folla, incatenarla con i gesti e le parole. Però quel giorno, a Milano, le relazioni fra le tre confederazioni erano già inquinate dalle tensioni, con la Cgil che tirava per lo sciopero contro il governo e la Cisl che frenava. Un gruppo di delegati cigiellini inizia quindi a contestare la rappresentante della Cisl: le gridano ‘’sciopero, sciopero’’, la fischiano. I delegati della Cisl, a loro volta, rispondono scandendo a gran voce: ‘’Daniela, Daniela’’.
Lei non batte ciglio, non si interrompe, va dritta col suo intervento sostenendo con forza le richieste della piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil: chiede al governo che il cuneo fiscale sia reso strutturale, chiede una riforma fiscale ‘’autenticamente redistributiva’’, un patto anti inflazione, una vera lotta alla precarietà, il superamento della legge Fornero, sostegni alla povertà, ai giovani, alle donne, al sud. “E non si dica che mancano le risorse- avverte- perché se c’è la volontà politica i soldi si trovano. Li si cerchino nelle rendite finanziarie, negli extra profitti; si chieda un contributo di solidarietà alle multinazionali energetiche, della logistica, della farmaceutica, delle banche. Non possono essere sempre i soliti noti a pagare il prezzo più alto di ogni crisi”. Un intervento duro, ma mai rabbioso. Che si conclude tra gli applausi cosi: “L’Italia riparte da qui, da tutti voi. Senza le parti sociali non si va da nessuna parte. Viva Cgil, Cisl, Uil”.
Ricordando quella giornata, Fumarola ride e ammette: ‘’Forse non dovevo dirlo quel ‘’siete bellissimi’’, ma è esattamente quel che ho pensato guardando la piazza dal palco. Conosco la fatica di portare ogni singola persona a manifestare, e a vedere attorno a me tutte quelle bandiere della Cisl ho pensato: ecco, ancora una volta ci siamo riusciti, e questo mi ha reso felice. E orgogliosa”. Il suo ruolo nella confederazione è di grande potere, ma, come si diceva, poco visibile all’esterno. Spiega: “Noi organizzativi stiamo un po’ dietro le quinte. Molti non mi conoscevano proprio per questo mio ruolo. Ma io non cerco visibilità, non l’ho mai cercata, sono cosi strutturalmente. Rispettosa dei ruoli, rispettosa dei confini”.
Intanto, però, negli anni della segreteria Sbarra gli iscritti sono aumentati, e soprattutto negli attivi, con un buon equilibrio di genere tra donne e uomini e con una forte iniezione di immigrati, che costituiscono una percentuale crescente tra gli iscritti alla Cisl. Dunque, una gestione di successo.
Il sindacato Daniela Fumarola lo ha incontrato da ragazzina, nella sua Taranto, la città dell’Ilva e delle contraddizioni, a metà tra industria e campagna, tra metalmeccanici e contadini, con il porto che guarda a Oriente, la grande fabbrica che guarda all’Europa. La categoria che sceglie per iniziare è quella dei braccianti, la Fisba Cisl. Prima come volontaria, mentre è impiegata in una azienda, poi il sindacato chiede il “distacco” e si lancia nel lavoro vero, quello della vita. Ma il volontariato è una passione da sempre. Inizia dalla politica, dalle campagne elettorali della Dc, e inizia da bambina: ‘la prima volta avevo otto anni, piegavo i volantini, e poi ho continuato fino si 18. E a diciannove, quasi conseguenza naturale, approda alla Cisl, nel sindacato dei lavoratori agricoli: ‘’era la categoria con maggiore bisogno di aiuto. Avevo capito che il ‘’cuore’’ era li, nei braccianti”. Nella Fisba, per inciso, conoscerà anche Luigi Sbarra, poi diventato leader della confederazione, ai tempi ‘’bracciante’’ nella confinante Calabria. Si incrociano spesso, Sbarra e Fumarola; prima ai convegni, alle riunioni, poi, nei diversi ruoli, lavorando assieme. In parallelo c’è la laurea alla Cattolica di Milano, grazie a una sperimentazione di corsi da remoto e in presenza organizzati a Taranto. “In verità mi ero iscritta a giurisprudenza, a Bari, ma non riuscivo a seguire: ero già nella Fisba, l’impegno era totalizzante. Presi al volo quell’occasione che mi consentiva di studiare e lavorare”. Si laurea nel 2005, con una tesi sul rilancio dello sviluppo nella provincia di Taranto attraverso i Patti agricoli. Quattro anni dopo è Segretaria Generale della Cisl di Taranto. Nel Luglio del 2020, lascia la segreteria generale della Cisl di Puglia e arriva a Roma, a Via Po, nella segreteria confederale di Furlan, e poi di Sbarra.
Marito, figli, non ne ha: “è stata una scelta. Avere una famiglia significava dedicarle i tempi giusti e sapevo che non sarei riuscita a conciliare. Però ho mia madre, due sorelle e due nipoti, i cognati e alcuni amici fraterni: quella è la mia famiglia. Non ci vediamo spesso, quando vado a Taranto nel week end mia madre mi dice ‘to’, guarda chi si vede’”. Madre che, per inciso, continua a chiederle quando si ‘’sistema”: intendendo un compagno, un marito. “Ma io non ho tempo, sono troppo impegnata con il sindacato”. Spazi risicatissimi anche per gli svaghi: camminate negli spazi aperti, mostre d’arte, letture di saggi alternati a libri leggeri, la musica, “ma l’unico concerto a cui riesco a partecipare, alla fine, è quello del Primo Maggio’’.
Anche per questo Fumarola ha grandissima attenzione al lavoro delle donne, alla fatica di conciliare: “i nostri genitori hanno trasmesso, a me e alle mie sorelle, una cultura precisa: studia, lavora, renditi indipendente e poi, eventualmente se vuoi, metti su famiglia. Ma oggi chi mette su famiglia affronta un grande sacrificio. È cambiato l’approccio culturale, le donne non sono più disposte a consegnarsi tutte al lavoro e poi anche al lavoro di cura. E finiscono relegate in lavori part time, ovvero poveri, se non in nero. Si fa fatica a tenerle dentro il mercato del lavoro anche perché, rinunciando a straordinari e carriere, soffrono il gender pay gap, e guadagnando meno degli uomini sono quelle che più facilmente abbandonano il lavoro per la famiglia. Ma perché, mi chiedo, devono conciliare solo le donne?”
È un capitolo, questo, che nessuno oggi può ignorare, in un paese dove una donna su quattro lascia il lavoro alla nascita del primo figlio, dove il lavoro di cura pesa per due terzi sulle donne, e dove tutto questo sta contribuendo alla gravissima crisi demografica che viviamo ormai da anni; mentre la maternità, un tempo considerata una gioia, oggi è vista quasi come una iattura. Per Fumarola non c’è dubbio: “La maternità è un valore per la collettività, va incentivata, deve essere considerata una opportunità e non un costo per la società. Non possiamo assistere alla pubblicazione dei dati sempre più preoccupanti, sulla denatalità e restare fermi. Dobbiamo incidere sulle cause che la generano”.
Se oggi l’Italia è a crescita demografica sotto zero, dice, è dovuto a un insieme di motivi, tra cui forse anche il desiderio delle coppie di avere maggiori libertà rispetto alla responsabilità della cura che richiedono i figli; ma soprattutto “perché i giovani si ritrovano incastrati tra lavori precari che non consentono di avere uno sguardo lungo sul futuro. Per questo insistiamo tanto sulla necessità di investire sul lavoro dei giovani e delle donne. E questo tanto più vale per sud: dove i giovani emigrano e le donne non fanno figli e nemmeno lavorano”. Non bastano le sole politiche di welfare, occorre creare lavoro stabile, ben contrattualizzato, sicuro. Serve attivare investimenti. È necessario rafforzare gli sgravi fiscali e contributivi, stabilizzandoli per favorire l’assunzione e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. “È una sfida che si vince se si esercita corresponsabilità tra Governo, Regioni, Enti locali, parti sociali”.
Anche nell’ambito delle politiche per le donne, infatti, occorre un ruolo forte del sindacato, e alle misure pubbliche va affiancata l’azione contrattuale, finalizzata a migliorare e valorizzare il lavoro femminile: “Contrattare, per la Cisl, significa promuovere la parità e le pari opportunità nei diversi contesti produttivi; prevenire e contrastare quelle forme di discriminazione che favoriscono ed alimentano segregazione e segmentazione lavorativa di genere. Ci sono già tanti accordi molto innovativi in diversi settori produttivi e imprese per una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia sul piano degli orari, del welfare integrativo, della assistenza per le donne madri. Ma bisogna fare di più”. E occorre anche un salto culturale: “Perché si assuma finalmente l’idea che la genitorialità è di entrambi i genitori, dei padri come delle madri”.
Sulla ‘’non maternità” pesa anche la visione tutta negativa che diffondono i media: ‘’so bene che una cattiva notizia mediaticamente vale più di una buona notizia, ma questa negatività a tutto campo nuoce. È giusto sapere cosa nel mondo va male, ma bisogna anche sapere che non tutto va male. La maternità purtroppo è rimasta schiacciata da questo pensiero negativo: fare figli costa, è difficile crescerli, tanto più in un mondo di insidie e insicurezze. E allora, pensano le donne, tanto vale non rischiare, non farli”. Il ruolo del sindacato, per Fumarola, è anche quello di avere un approccio su questioni come questa: ‘’dobbiamo e possiamo promuovere noi una nuova cultura che valorizzi questo tema.” E comunque, da qualunque punto di vista lo si affronti, si torna sempre li: ‘’per le donne avere uno stipendio solido, che garantisca l’indipendenza, è cruciale, anche dal punto di vista dell’altra piaga dei nostri tempi, la violenza e le molestie: una donna che lavora e guadagna è più libera, anche di denunciare, anche di andarsene da un partner violento”.
Quella contro le violenze, gli abusi, i femminicidi, “è una battaglia che deve vederci tutti uniti, donne e uomini, per una causa che è il fondamento stesso della nostra società libera e democratica”.
I vari interventi legislativi sono utili, ma non bastano: “Serve una vera battaglia sociale e culturale contro la drammatica escalation alla quale stiamo assistendo. Occorre ripartire dai processi educativi, fin dalla primissima infanzia, per far rispettare la donna in tutti i contesti: sociali, lavorativi e familiari. Anche il sindacato può fare molto, attraverso la contrattazione, per prevenire le forme di discriminazione sessuale e tutelare la donna in ogni ambito. Perché spesso la violenza si annida anche nelle frustrazioni dei luoghi di lavoro, nel divario di genere sempre più presente, dove le discriminazioni, il mobbing ed il sessismo sono spesso l’anticamera di fenomeni molto gravi”. Le pari opportunità sono un esercizio che va praticato ogni giorno, “con atti concreti e non con chiacchiere roboanti; in Cisl abbiamo donne nelle segreterie a tutti i livelli e in tutte le strutture”. Rispetto al fatto che, per la prima volta, a capo di governo e opposizione ci siano due donne, dice: “non mi piace ragionare in termini di genere, preferisco parlare di persone. Credo sia giusto che Meloni e Schlein siano dove sono oggi. E che sia un compito difficilissimo per entrambe, in un momento complicato da ogni punto di vista per il Paese”.
Per quanto riguarda i rapporti con governo e politica, Fumarola ricorda che la posizione della Cisl è la stessa con ogni governo: si giudica dai fatti. Poi, ovviamente, dipende dai governi saper tenere il filo dei rapporti o meno. Col primo governo Conte si sono fatti i protocolli di sicurezza, che hanno evitato la paralisi del paese, “ma poi il dialogo è venuto meno”. Con Draghi, c’è stato “un cambio di passo”, la firma del patto sul pubblico impiego, la campagna vaccinale nei luoghi di lavoro, sono stati importanti. “Dalle ultime elezioni emerge il dato allarmante di una forte disillusione dei cittadini rispetto alle istituzioni politiche: un segnale di quanto sia necessario ricollegare le istituzioni con i bisogni reali delle comunità e i decisori pubblici con la pelle viva del Paese”. Impresa non facile, tutt’altro. Ma il sindacato può giocare un ruolo anche in questa difficile operazione di ‘’ricucitura’’.
E tornando infine a quella piazza di Milano, al suo primo comizio concluso con quel saluto, “viva Cgil Cisl e Uil”: alla luce di quello che è poi accaduto nei mesi successivi, la spaccatura tra i sindacati, la Cgil di Landini e la Uil di Bombardieri che vanno per la loro strada, si tornerà mai a pronunciare quella frase che tradizionalmente concludeva le grandi manifestazioni unitarie? ‘’Il pluralismo sociale e sindacale è una ricchezza e, seppure le sensibilità possono essere diverse, gli obiettivi restano comuni”, risponde Fumarola. Poi, certo, “dipende da cosa si intende per ‘fare sindacato’, che funzione si vuole dare alla rappresentanza del lavoro: se si coltiva una visione autonoma, associativa, personalista, partecipativa e contrattuale, lasciando da parte le ideologie. O se invece si resta legati a un’impostazione novecentesca, antagonista e movimentista. Ci sono le nostre piattaforme, che sono unitarie. Ma non ci può essere una egemonia. Non si può decidere per conto proprio e poi dire ‘se volete, unitevi’. Ci si mette a un tavolo, insieme, e insieme si decide. Da soli non si va da nessuna parte. E del resto: ho fatto nuoto per anni, mio padre era allenatore di calcio, il gioco di squadra per me è praticamente un imprintig’’.
Nunzia Penelope
(Questo articolo è stato pubblicato sull’Annuario del Lavoro di dicembre 2023, per la sezione ‘’Ritratti”)