In una campagna elettorale scandita dallo slogan ‘’aboliremo caro, aboliremo tutto’’, combattuta a colpi di fantasiose e onerosissime soluzioni ad antichi problemi come fisco, poverta’, istruzione, pensioni, lavoro, eccetera, il “piano industriale per l’Italia delle competenze”, scritto a quattro mani dal ministro Carlo Calenda e dal sindacalista Marco Bentivogli, rappresenta davvero una notizia. E con diverse sfaccettature. La prima, che quasi si puo’ dire preceda i contenuti, e’ nelle quattro mani che firmano la proposta: quelle del ministro dello Sviluppo, artefice del piano Industria 4.0, sul cui tavolo passano tutte le crisi industriali d’Italia, e quelle di un sindacalista, il leader della Fim Cisl, che siede spesso dall’altra parte di quel tavolo al Mise attorno al quale governo e sindacati cercano di trovare la quadra a problemi che riguardano centinaia di migliaia di persone.
L’altra particolarita’ dei due e’ che entrambi sono considerati un po’ dei marziani nei rispettivi ambiti di appartenenza. Calenda e’, probabilmente, il primo ministro dell’Industria della storia a riscuotere un amore e una fiducia quasi incondizionata da parte, incredibile ma vero, della ‘’classe operaia’’. Basta scorrere le reazioni ai suoi interventi sui social (sui quali e’ attivissimo, e dove democraticamente risponde a tutti o quasi) per averne le prove. E questo malgrado la sua estrazione sociale sia tutt’altro che di popolo. Non solo. E’ anche il politico che, pur dotato di tutte le carte in regola per essere eletto a furor di popolo alle prossime elezioni (condizione di che ben pochi suoi colleghi possono vantare) ha annunciato che non intende assolutamente candidarsi, ritenendosi in qualche modo estraneo, o quanto meno distante, dall’attuale mondo della politica.
Quanto a Bentivogli, e’ anche lui in un certo senso un outsider nella sua organizzazione. Figlio d’arte, suo padre era un famoso sindacalista, governa la Fim Cisl a suo modo e con successo, ma e’ palese che guardi altrove, e cioe’ alla confederazione; dove tuttavia, al momento, ha ben poche chances di approdare: essendo appunto ritenuto un elemento ‘’insolito’’.
E tuttavia, Calenda e Bentivogli rappresentano le basi di quella che potrebbe essere una classe dirigente futura per il paese. Giovani, pragmatici, preparati, competenti, di area centro sinistra anche se completamente de-ideologicizzati, non temono di dire quello che pensano anche a costo di andare controcorrente: sia rispetto alla politica del Pd (noti gli scontri, non solo caratteriali, tra Calenda e Renzi) che a quella della Cisl.
E dunque, ora vediamo cosa questi due ragazzi terribili hanno messo insieme per una idea di Italia prossima ventura.Il lungo testo pubblicato il 12 gennaio sulle pagine del Sole 24 Ore poggia su tre parole: Competenze, Imprese, Lavoro. Su queste, Calenda e Bentivogli immaginano una serie di azioni in grado di ricostruire il paese, mettendolo innanzi tutto in condizioni di affrontare il 2018, che malgrado i venti di ripresa ormai sostenuti, sara’ tutt’altro che un anno liscio come l’olio. Anzi. “La fine degli stimoli della BCE, l’evoluzione, certo non orientata a maggior flessibilità, dell’Eurozona e la restrizione dei parametri di valutazione sugli NPL, renderanno il 2018 un anno potenzialmente critico per la tenuta finanziaria del Paese.”, si legge infatti nell’incipit del progetto. L’unica strada percorribile , dunque, è quella di “continuare a muoversi lungo il “sentiero stretto” percorso in questa legislatura ovvero riduzione del deficit, aumento di PIL e inflazione”. Eventuali margini di flessibilità si potranno negoziare “solo a fronte di un convincente “piano industriale per il Paese” focalizzato su crescita e investimenti”.
A tutto ciò si aggiunge la sfida di una rapidissima innovazione tecnologica che mette in discussione modelli produttivi e organizzazione del lavoro. “Se l’Italia non saprà essere all’altezza – avvertono Calenda e Bentivogli_ andremo incontro a un secondo shock sistemico come quello vissuto nella prima fase della globalizzazione”.
Seguono le proposte concrete. Come affrontare la rivoluzione digitale, per esempio, ricordando che “le dieci professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a 10 anni fa e il 65% dei bambini che ha iniziato le scuole elementari nel 2016 affronterà un lavoro di cui oggi non conosciamo le caratteristiche”. Il lavoro nell’impresa 4.0 dovrà quindi, innanzi tutto, prevedere il “diritto soggettivo del lavoratore alla formazione in tutti i rapporti di lavoro e la sua definizione come specifico contenuto contrattuale”, sulla scia di quanto previsto nell’ultimo contratto dei metalmeccanici firmato da Bentivogli.
Quanto all’impresa, dopo la crisi gli investimenti industriali e l’export sono finalmente ripartiti, ma restano debolezze storiche nel nostro tessuto produttivo. Per superarle, Calenda e Bentivogli propongono una “politica industriale e del lavoro non retorica, fortemente focalizzata su queste fragilità e in grado di produrre avanzamenti misurabili su ciascuno di questi temi.” La base di partenza e’ nelle politiche realizzate dagli ultimi due governi “che hanno contribuito a determinare una dinamica positiva di occupazione, reddito, esportazioni e di saldi di finanza pubblica”. Per il futuro, due direzioni: rifinanziare il Fondo Centrale di Garanzia per 2 miliardi di euro, in modo da garantire circa 50 miliardi di crediti finalizzati agli investimenti delle PMI, e sostenere l’investimento privato per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze 4.0, con 400 milioni di euro aggiuntivi all’anno da destinare agli Istituti Tecnici Superiori, per raggiungere almeno 100.000 studenti iscritti entro il 2020.
Sul lavoro, il progetto Calenda-Bentivogli prevede la riduzione del numero dei contratti nazionali, che dovranno avere un ruolo di cornice di garanzia. Per il resto, “va incoraggiato un vero decentramento contrattuale, utile anche ai programmi condivisi di miglioramento della produttività, a livello territoriale, di sito e di rete” . Unitamente ai nuovi contenuti della contrattazione (welfare, formazione, orari, flessibilità attive) questo puo rappresentare il nuovo “patto per la fabbrica”, in grado di centrare la sfida della produttività e dell’innovazione a partire dalle PMI per le quali la contrattazione territoriale può diventare una risorsa fondamentale”. E se permane in alcuni settori “il rischio che i nuovi modelli organizzativi comportino una riduzione del valore del lavoro”, questo “ va contrastato con la capacità di costruire nuove tutele e diritti sociali ma, soprattutto, con un salario minimo legale, per i settori non coperti da contrattazione collettiva”.
Seguono poi dettagliate proposte in materia di politica energetica nazionale, concorrenza, rafforzamento delle infrastrutture tecnologiche a partire dalla banda larga, la politica commerciale e l’internazionalizzazione, e, a concludere, una serie di misure per affrontare le trasformazioni alle quali andremo incontro per via dell’accelerazione tecnologica. (I lettori del Diario potranno trovare l’intero documento nella sezione dedicata del giornale).
Calenda e Bentivogli concludono infine con un avvertimento: le scorciatoie, affermano, non esistono, esistono i vicoli ciechi che conducono spesso a burroni. Attenti dunque a non caderci dentro, in questa pazza pazza campagna elettorale: perché una volta aperte le urne a qualcuno toccherà pur governare. E a chiunque tocchi, da qui dovrà ripartire, “da questa consapevolezza, da queste priorità’.
Nunzia Penelope