“Piuttosto che fare un cattivo contratto, è meglio non fare nessun contratto”. Parole di Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica. Tra i compiti del presente c’è quello di “costruire relazioni fra le parti sociali”, e ciò perché “delegittimare gli altri vuol dire delegittimare sé stessi”. Parole di Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria. Siamo a Brescia, al Teatro Grande, dove si svolge l’assemblea generale 2016 di Federmeccanica, l’associazione delle imprese metalmeccaniche aderenti a Confindustria. Un incontro che, dopo i saluti di Marco Bonometti, presidente dell’Associazione industriale bresciana, e di Emilio Del Bono, sindaco della città lombarda, è stato aperto, da un punto di vista politico, dall’introduzione di Storchi ed è stato poi concluso, dopo un’ora di dibattito variamente articolato, dall’intervento di Boccia.
Due discorsi vivaci, ma apparentemente privi di polemiche interne al mondo imprenditoriale. Rilassato e assertivo, quello di Storchi; assertivo e volto a conquistare il consenso dei duri metalmeccanici, quello di Boccia. Il quale ultimo, facendo onore al suo ruolo di ospite, non ha mancato di esprimere anche circostanziati consensi su singoli passaggi dell’introduzione di Storchi.
E tuttavia, salvate le forme, è parso che le linee lungo le quali si muovono i massimi responsabili delle due associazioni imprenditoriali, non siano del tutto coincidenti. Ciò, almeno, per quanto riguarda il problema principale che incombeva sullo sfondo della riunione odierna: il tuttora mancato rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
La distanza massima fra i contenuti espressi nei due interventi è quella rilevabile confrontando le due affermazioni riportate in apertura di questo articolo. Ma, a dire il vero, nella conclusione di Boccia c’è stato anche un altro passo in cui il Presidente di Confindustria è parso volersi distinguere dal messaggio lanciato oggi da Federmeccanica. Gli interventi degli oratori – imprenditori o studiosi – chiamati ad animare il dibattito dopo l’introduzione di Storchi, sono stati infatti inframezzati da alcune video-interviste realizzate parlando con lavoratori e lavoratrici dipendenti di diverse imprese metalmeccaniche. Video in cui gli intervistati hanno implicitamente dato mostra di appartenere a quel 42,1% di metalmeccanici che, secondo un’indagine di Community Media Research, possono essere classificati come “innovatori”. E ciò nel senso che hanno mostrato di condividere le proposte di “rinnovamento” del contratto che sono state avanzate, dalla stessa Federmeccanica, nelle fasi iniziali del confronto negoziale tuttora in corso.
Ora queste video-interviste, al di là del loro indubbio interesse sociologico, sono apparse funzionali a un discorso che va anche al di là di ciò che è stato detto oggi da Storchi, e che contiene e veicola quella che appare come un’ambizione di fondo di questa Federmeccanica: superare il conflitto tra capitale e lavoro, raggiungendo i lidi di un mondo ideale in cui il lavoro, sostanzialmente, aderisca alle ragioni del capitale e le faccia proprie. Ma Boccia, dando prova di un certo realismo, a un certo punto del suo intervento ha buttato lì, in modo apparentemente innocente, un’affermazione invece significativa. E ciò quando ha parlato dei lavoratori come di soggetti “rappresentati dai segretari delle categorie”. Cioè, nel nostro caso, dai segretari dei sindacati Fim, Fiom, Uilm, peraltro presenti in sala. Come a dire: “Va bene parlare con i nostri singoli collaboratori, cioè con i nostri dipendenti, ma le trattative si fanno con i dirigenti delle controparti che li rappresentano nella loro totalità”.
In sostanza, Boccia ha oggi scelto, da un lato, di evitare qualsiasi differenziazione dal modello contrattuale sostenuto da Federmeccanica. Dall’altro lato, ha dato l’impressione di desiderare che la trattativa per il contratto dei metalmeccanici si sblocchi, sgombrando così il panorama sindacale da quel macigno che, al momento, ostacola la via lungo la quale potrebbe incamminarsi l’atteso confronto tra la stessa Confindustria e le confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil sulle relazioni industriali del futuro. Detto questo, va ribadito che l’esposizione di Storchi, e l’infografica proiettata sullo schermo alla fine del suo intervento, hanno dato, a prima vista, l’impressione che il tempo della trattativa si sia fermato a quel 22 dicembre 2015 incui Federmeccanica presentò ai sindacati di categoria le sue proposte relative al cosiddetto rinnovamento contrattuale. Come se i sei mesi e passa che sono da allora trascorsi non avessero fatto avanzare il confronto neanche di un centimetro.
E tuttavia, qualche barlume di novità si è forse potuto cogliere mettendo insieme uno dei passaggi centrali dell’introduzione di Storchi con l’intervento pronunciato, un’ora dopo, da Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Storchi, infatti, dopo aver auspicato il superamento della conflittualità sindacale, ha detto che le nuove relazioni industriali dovranno essere basate su uno “spirito collaborativo” e che i rischi d’impresa “devono essere condivisi fra impresa e lavoro”. Dopodiché ha affermato che occorre tracciare una “via italiana alla partecipazione”. Nannicini, nel suo intervento, ha rilanciato questa stessa palla, osservando che quella di affrontare il rischio d’impresa è la “funzione” tipica dell’imprenditore e che, se viene avanzata ai lavoratori la richiesta che anch’essi condividano tale rischio, bisognerà trarre le conseguenze di questa richiesta. “Perciò – ha chiosato Nannicini – ho apprezzato il passaggio di Storchi sulla ricerca di nuove forme di partecipazione.” Insomma, par di capire che se il profitto, come spiegano i libri di teoria economica, è il compenso che va all’imprenditore per i rischi da lui affrontati, nel momento in cui si chiede ai dipendenti di condividere tali rischi occorrerà offrirgli qualcosa. Già, ma cosa?
All’osservatore può venire in mente che la risposta a questa domanda sia: “Qualche forma di partecipazione agli utili”. Che però, trattandosi di una “via italiana” alla partecipazione, eviti l’impalcatura formale che caratterizza l’esperienza tedesca della famosa Mitbestimmung, che implica la presenza di rappresentanti sindacali nei Consigli di sorveglianza Una presenza disciplinata, peraltro, dalla legge. Una cosa, questa, da cui gli imprenditori italiani hanno sempre voluto tenersi molto lontani.
Va detto che, su questa problematica così delicata, oggi nessuno ha detto cose esplicite. Ad essere onesti, dobbiamo ammettere che si tratta di una suggestione, rimasta sullo sfondo dell’incontro bresciano. E tuttavia si rimane con l’impressione che l’aggiunta del tema “partecipazione” al menù contrattuale dei metalmeccanici, se da un lato corre il rischio di rendere ancora più complessa una vicenda già abbastanza travagliata, dall’altra può forse offrire un terreno di proposta che aiuti le parti ad uscire dall’impasse in cui sono bloccate da più di sei mesi.
@Fernando_Liuzzi