‘’Hai la faccia come il culo’’. È un giudizio molto ficcante che ora si può usare anche in politica, dopo che a sdoganarlo ci ha pensato un vicepresidente della Camera (allora in carica, ora solo ‘’ex’’). Se, per esprimere un concetto tanto appropriato alla situazione attuale, si dovesse ancora fare ricorso a giri di parole o alla foglia di fico della punteggiatura tra la prima e l’ultima lettera della parola in questione, non saremmo in grado adesso di dare a Cesare quel che è di Cesare ai caporioni dell’attuale governo e ai loro manutengoli che, nei talk show televisivi, parlano di politica economica alla stregua dei venditori di lamette (‘’non una, neppure due, ma tre confezioni per cinque euro’’) in un mercatino sito in quelle periferie assurte al ruolo di Golgota nella propaganda populista. Dunque, lo ripetiamo a squarciagola: ‘’questi qui” hanno la faccia come da incipit di questo pezzo. Dopo aver cosparso arroganza, menzogne, dichiarazioni dissennate ed azioni irresponsabili (è stato detto che è la prima volta che la politica manda a picco l’economia) sono arrivati al punto di smentire sé stessi, di negare – con una faccia che tira in ballo, appunto, i ‘’magnanimi lombi’’ – ciò che loro stessi hanno scritto e scrivono nelle leggi e nei documenti ufficiali.
Prendiamo – a mo’ d’esempio – lo scandalo dei sedicenti truffati dalle banche. Per quanto demagoghi impuniti, gli ossessi di governo si erano resi conto che il ‘’ristoro’’ (è il nome del fondo in cui sono allocati 1,5 miliardi in un triennio) non poteva essere fatto brevi manu, mettendo il povero Tria dietro ad un banchetto in Piazza del Popolo a saldare direttamente le pretese dei risparmiatori incarogniti nella solita regola di ‘’guadagni privati e perdite pubbliche’’. Ricordate il film ‘’La vita è meravigliosa’’ di Frank Capra, quando il protagonista George Baily (interpretato da James Stewart) fa fronte, durante la crisi del 1929, alle richieste di prelievo degli azionisti della Costruzioni e Mutui, adoperando dollari suoi? Ma almeno quelle persone pretendevano la restituzione di denaro di loro appartenenza; i ‘’truffati’’ di casa nostra addebitano allo Stato (e a noi tutti) il costo della loro dabbenaggine.
Bene. Vediamo che cosa dispone in proposito la legge di bilancio ai commi 256-261: per danno ingiusto si intende quello riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di azioni emesse da banche aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa – quindi la platea è individuata in modo chiaro – dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. In sostanza, nessuno è autorizzato a ritenere che basti autocertificare la condizione di ‘’truffato’’. Eppure, i due ‘’vice’’ non solo lo hanno fatto credere con lusinghe dirette in occasione delle assemblee dei risparmiatori, ma insistono perché si arrivi a risarcimenti in breve tempo (sulla parola?), tanto da apostrofare in modo poco garbato dal punto di vista istituzionale e personale il povero ministro Tria (il quale ricorda sempre più quel piccolo eroe di Harlem che infila il dito nella fessura aperta nella diga in cui si infiltrava minacciosamente l’acqua del mare).
Ma la più grande pagliacciata di questo governo viene messa in scena in queste ultime ore. Nei termini previsti, è stato presentato il Def. Il bello è che questo documento certifica che non vi sarà la crescita su cui si sono basate le politiche di bilancio, che non salirà (in barba a quota 100 e dintorni) l’occupazione, mentre aumenterà la disoccupazione in parallelo con il debito pubblico e la pressione fiscale. Inoltre, i provvedimenti-bandiera del governo, a partire dal RdC, porteranno un incremento del Pil inferiore a quanto – sempre in termini di Prodotto – è stato allocato. Sono più o meno le considerazioni contenute nell’ultimo rapporto dell’Ocse che fu smentito, sbertucciato, accusato di inammissibili interferenze da parte dei due boss a cui neppure i nuovi amori – esibiti con dovizia e sfarzo – hanno addolcito il carattere tracotante e astioso.
A stare ai toni del dibattito – e ai peana dei corifei – si direbbe che il Def è stato scritto da Tria con inchiostro simpatico, per impedire ai ‘’vice’’ di leggerlo (capirlo è comunque un altro paio di maniche), perché continuano a dire le stesse cose: l’Italia crescerà, se la maligna Ue avesse consentito di ‘’fare più deficit’’ ora navigheremmo a gonfie vele, e altre amenità di questo tipo. I difensori del governo continuano ad attaccarsi al consenso di cui esso gode ancora ‘’nonostante tutto’’. Certo, in democrazia il consenso maggioritario è fondamentale. Ma non è una pietra filosofale che trasforma gli escrementi in oro. A noi non interessa di piacere a quelli che a Torre Maura calpestano i panini destinati ai rom (molti dei quali sono cittadini italiani); ci basta apprezzare e condividere il coraggio di quel ragazzino che è andato a sfidare l’imbecillità di regime, con il buon senso. Quello vero, però.
Giuliano Cazzola