Si è recentemente concluso nel Wisconsin l’iter legislativo, assai tormentato come vedremo, di un provvedimento che colpisce al cuore il sindacato, limitandone fortemente il ruolo, proprio nel settore pubblico dove è tradizionalmente più forte e dal quale trae risorse per affrontare le campagne di sindacalizzazione nel settore privato, nel tentativo di contrastare un declino avviato ormai da qualche decennio.
Il provvedimento che, con l’obiettivo di risanare il bilancio statale limita i diritti sindacali dei lavoratori del settore pubblico del Wisconsin è diventato legge dello Stato l’11 marzo scorso , ma la discussione è ancora aperta. I sindacati, le associazioni per i diritti civili, gli esponenti del partito Democratico e tutti coloro che si sono battuti per contrastarne l’approvazione ritengono infatti che sia persa solo una battaglia, ma non la guerra e continuano a organizzare manifestazioni di protesta e a raccogliere fondi per ottenere la revoca del provvedimento.
In effetti, le modalità con le quali il Governatore Repubblicano Scott Walker ha ottenuto l’approvazione del controverso Budget Repair Bill non sono del tutto ineccepibili, tant’è che un giudice del Wisconsin ne ha disposto la temporanea sospensione, con la conseguenza che la legge dovrà tornare in Assemblea per essere riesaminata .
Per aggirare l’ostacolo della maggioranza qualificata altrimenti necessaria, il Governatore era stato infatti costretto a stralciare dal testo iniziale tutti i contenuti di natura fiscale originariamente previsti, col risultato però di rendere ancora più evidente la natura “sindacale” del provvedimento. A questo espediente era stato costretto dall’ostruzionismo dei senatori Democratici che – a la guerre comme a la guerre – si erano resi irreperibili rifugiandosi negli Stati confinanti (invano ricercati dalla Guardia nazionale ….) proprio per far mancare il quorum al momento della discussione in Aula.
Il Governatore Scott Walker però non intende rinunciare alla sua riforma, neppure di fronte all’enorme effetto che ha procurato nell’opinione pubblica la mobilitazione di migliaia di persone che da settimane continuano ad arrivare a Madison da ogni parte degli Stati Uniti per mantenere viva la protesta.
Non è facile prevedere come andrà a finire, ma quello che sta accadendo nel Wisconsin merita qualche attenzione. Come abbiamo accennato, infatti, il settore pubblico rappresenta negli Stati Uniti la roccaforte del movimento sindacale, sia per gli elevati tassi di sindacalizzazione raggiunti (superiori per alcune categorie professionali al 40% della forza lavoro ), sia per le risorse economiche che il sindacato ne ricava e che utilizza anche per finanziare iniziative di nuova sindacalizzazione nel difficile settore privato . Una riforma della legislazione statale che, con l’obiettivo di ridurre il deficit pubblico, introduca limitazioni sostanziali ai diritti sindacali nel settore pubblico, in uno dei pochi Stati in cui la rappresentanza sindacale e la contrattazione sono (o meglio “erano”) riconosciute per tutte le categorie di lavoratori, non può essere considerata un fatto locale, ma un attacco diretto ai sindacati e al partito Democratico, e ai loro reciproci molteplici legami.
Questo spiega l’impressionante mobilitazione organizzata dai sindacati e l’intervento dello stesso Presidente Obama – già in campagna elettorale per la rielezione alle presidenziali del 2012 – in favore dei lavoratori del Wisconsin. Ma anche la sua sostanziale ininfluenza sull’iniziativa del repubblicano S. Walker, che non intende rinunciare alla sua riforma.
La posta in gioco è rilevante, e traduce in azioni concrete le contrapposte posizioni espresse sul punto in campagna elettorale dai Repubblicani e dai Democratici. Con qualche semplificazione, le posizioni in campo possono essere rappresentate così: c’è chi ritiene che il sindacato e la contrattazione collettiva costituiscano un elemento positivo per il buon governo della collettività, e che pertanto vadano rispettati e sostenuti, soprattutto dove è lo Stato ad assumere le vesti di datore di lavoro; e c’è invece chi li considera fonte di vincoli per la libertà d’impresa (o per l’azione di governo nel settore pubblico) e di ingiustificati privilegi per gli iscritti, ed è convinto che le “assurde” pretese dei sindacati condurranno alla bancarotta i datori di lavoro, privati o pubblici che siano, e che a pagare sarà comunque il contribuente. I candidati hanno espresso con chiarezza in campagna elettorale la loro posizione, e i sindacati hanno ovviamente offerto esplicito sostegno a chi si è dichiarato disponibile a sostenere gli interessi dei lavoratori. Ciò è avvenuto del tutto apertamente, con il risultato di portare in primo piano il collegamento tra politici e organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e, ad elezioni avvenute, tra amministrazione dello Stato e sindacati del settore pubblico. Va peraltro sottolineato che l’atteggiamento anti-union non si riscontra solo nel partito Repubblicano, dove militano anche esponenti favorevoli o quanto meno non pregiudizialmente contrari al sindacato; e una situazione analoga, ovviamente rovesciata, si presenta fra i Democratici. E ciò rende possibili sorprese al momento delle votazioni.
La presenza del sindacato e della contrattazione collettiva nel settore pubblico negli Stati Uniti è cresciuta a partire dagli anni Sessanta, anche per effetto delle mobilitazioni a favore dei diritti civili e per l’espansione della spesa pubblica. Negli anni Settanta, in relazione anche agli effetti delle crisi petrolifere, si erano invece fatte strada posizioni favorevoli ad arginare le richieste dei sindacati per ridurre gli oneri sul contribuente; ciò aveva determinato una riduzione dell’occupazione nel settore pubblico e un contenimento dei benefici contrattuali, ma senza mettere in discussione il ruolo del sindacato e della contrattazione collettiva che nel frattempo si era, anzi, consolidato. Negli anni Ottanta, sotto l’amministrazione Reagan, si registrò invece un conflitto aperto con i sindacati: le autorità federali reagirono con estrema durezza ad uno sciopero dei controllori di volo, e quell’esperienza indusse i sindacati ad una maggior apertura verso accordi concessivi in situazioni di emergenza, e tale atteggiamento si manifestò anche nel settore privato. Peraltro, sempre negli anni Ottanta, come conseguenza del confronto competitivo con il Giappone, si fece strada l’idea che occorresse tornare ad investire nel settore pubblico, in particolare sull’istruzione. Gli anni Novanta ed i successivi sono invece caratterizzati da una doppia tendenza: da un lato c’è chi ha scelto la strada di un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e dei dipendenti in programmi di miglioramento della qualità e riduzione dei costi dei servizi pubblici e, dall’altro, si è registrato un fenomeno di privatizzazione assai simile al processo di outsourcing che ha preso piede nel settore privato .
Il Governatore del Wisconsin non ha mai nascosto che la sua principale preoccupazione è lo stato di salute delle casse dello Stato né la sua convinzione che per riportare il bilancio in attivo fosse necessario intervenire per ridimensionare salari e prestazioni previdenziali dei dipendenti pubblici. E a chi obietta che non si tratta di “privilegi” ma di previsioni contrattuali per le quali era stato evidentemente necessario il consenso dei suoi predecessori, il Governatore risponde che si è trattato di decisioni irresponsabili prese sia da Democratici che da Repubblicani, alle quali occorre ore porre rimedio.
Per avere un’idea di quali siano questi “inaccettabili privilegi” basta consultare il sito del Governatore Scott Walker . Ecco di cosa si tratta. Agli insegnanti con elevata anzianità al termine della carriera, oltre alla pensione statale, vengono offerte un certo numero di mensilità per ottenere le quali è sufficiente fornire una modesta prestazione in termini di ore di lezione. Sempre agli insegnanti, oltre alla pensione statale viene corrisposta, con oneri a carico dello Stato, una integrazione alla pensione e una assistenza sanitaria aggiuntiva. A taluni dipendenti pubblici viene chiesto, fuori orario di lavoro, di rendersi rintracciabili; a fronte di tale obbligo è previsto un compenso, la cui natura “immorale” è attestata – si sottolinea – dal fatto che viene corrisposto anche se poi, non sono stati chiamati e non hanno eseguito quindi nei fatti alcuna prestazione. Per finire – e questa è considerata l’iniquità somma – tutti i lavoratori appartenenti ad unità produttive nelle quali sia stata espressa con regolari elezioni la volontà maggioritaria di essere rappresentati dal sindacato sono obbligati a corrispondere al sindacato un contributo specifico, distinto dalla quota associativa, che viene prelevato direttamente dalla busta paga (è cioè un obbligo per tutti, prescindendo dall’iscrizione o meno al sindacato).
L’obiettivo del Governatore è chiaro. Mostrando ciò che viene riconosciuto ai lavoratori del settore pubblico i suoi elettori non tarderanno a fare confronti con la situazione del settore privato, a comprendere che tali differenze sono gli effetti della contrattazione collettiva e lo appoggeranno nella sua iniziativa diretta a limitarli (il ragionamento è semplice, ma certamente non esente dal rischio che gli elettori giungano alla conclusione opposta). Tutto ciò ha comunque confermato nei sindacati l’opinione che l’obiettivo del Governatore non sia il risanamento del bilancio, o quantomeno che esso non sia il solo obiettivo: hanno infatti sostenuto di aver ripetutamente dichiarato – ma il Governatore lo nega – la loro disponibilità ad accettare in un periodo di crisi sacrifici economici per i lavoratori, ma si poteva arrivare a risultati significativi senza limitare per legge i diritti contrattuali affrontando il problema in sede di contrattazione collettiva.
Tutti i dipendenti pubblici sono stati direttamente e preventivamente informati del contenuto del provvedimento che stava per essere approvato. La modalità seguita è stata quella di un messaggio e-mail inviato dal Governatore; questo, in sintesi, il suo contenuto.
Pur nella consapevolezza delle gravi difficoltà economiche che i dipendenti e le loro famiglie stanno affrontando, e pur apprezzando la qualità del contributo professionale da loro espresso, la crisi economica impone una urgente azione di risanamento dei conti dello Stato, anche al fine di impedire il licenziamento di migliaia di lavoratori. Le misure che verranno adottate si sostanziano in un incremento dei contributi a carico dei lavoratori per l’assistenza sanitaria e per le pensioni e nella riforma della contrattazione collettiva. Il progetto di legge introduce infatti una serie di modifiche che hanno lo scopo di limitare la contrattazione collettiva agli incrementi della paga base. Gli incrementi retributivi non potranno, nel loro complesso, superare la crescita dell’indice dei prezzi al consumo, a meno che non siano stati approvati da un referendum popolare. La durata dei contratti sarà limitata ad un anno e i salari saranno tenuti fermi fino a quando non ne sarà stato firmato uno nuovo. Ogni anno, per procedere al rinnovo del contratto, i sindacati dovranno sottoporsi ad elezioni dirette a verificare che dispongano ancora del consenso della maggioranza dei lavoratori dell’unità produttiva (in caso contrario, i lavoratori non avranno diritto ad essere rappresentati e ad avere un contratto). Infine, ai datori di lavoro pubblici sarà vietato prelevare contributi sindacali dalla busta paga e i lavoratori non saranno più obbligati a corrispondere al sindacato alcunché. Questi cambiamenti saranno efficaci a partire dalla scadenza dei contratti collettivi esistenti. La polizia, i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e gli ispettori non sono interessati a queste modifiche . Sempre attraverso il sito de Governatore sono acquisibili ulteriori informazioni: per esempio che ai lavoratori che si occupano della cura dei bambini e al personale docente e non docente dell’Università del Wisconsin è revocato il diritto alla contrattazione collettiva. Sempre con l’unico scopo di contenere la spesa pubblica .
Che dire?
Negli Stati Uniti è la legislazione dello Stato che regola la rappresentanza sindacale e la contrattazione collettiva per i dipendenti pubblici; e così come negli anni Sessanta si è deciso di sostenere il sindacato oggi si può disporre diversamente. Quale che sia la volontà dei lavoratori e il grado di rappresentatività del sindacato, è l’Assemblea legislativa che decide. Al sindacato non resta altra strada che non sia quella di portare dalla sua parte l’opinione pubblica, organizzando raduni e manifestazioni di protesta e diffondendo “corrette informazioni” sul trattamento contrattuale dei lavoratori dello Stato, e quella di ottenere il sostegno anche di qualche esponente del partito Repubblicano. E in effetti la capacità di mobilitazione e la tenacia che il sindacato americano sta dimostrando in questa occasione non possono lasciare indifferenti.
E forse ha ragione chi fa osservare che in questa vicenda tutti rischiano di perdere qualcosa .
Il Governatore Walker ha ottenuto l’approvazione del provvedimento ma, secondo i sondaggi, ha perso il sostegno dell’opinione pubblica.
I sindacati non hanno perso solo la possibilità di prelevare i contributi direttamente dalla busta paga. Nei casi in cui è stato revocato il diritto ad avere un contratto collettivo, possono ancora considerarsi sindacati? E come faranno a rimontare l’ondata di discredito che la retorica repubblicana ha gettato su di loro?
I dipendenti pubblici del Wisconsin (39.000 persone) rischiano di perdere alla scadenza i loro contratti collettivi: per 20 contratti collettivi ancora in vigore anche se già scaduti ciò avverrà non appena la legge sarà stata confermata. Quando ciò avverrà i dipendenti pubblici dovranno pagare il 12% circa dei premi per l’assistenza sanitaria e contribuire con il 5,8% del loro stipendio alla pensione. Poco o molto che sia rispetto a ciò che hanno dovuto sopportare i lavoratori del settore privato, si tratta certamente di un cambiamento in peggio non di poco conto.
I 14 rappresentanti Democratici, che nel corso dei raduni di protesta sono stati applauditi come se fossero rockstar, sono stati di fatto messi fuori gioco dai Repubblicani. La loro richiesta al giudice di una ordinanza che impedisse la pubblicazione del provvedimento approvato in loro assenza è stata respinta, e il 14 marzo la legge è entrata in vigore. I Democratici non si sono dati per vinti e hanno proposto un ricorso con il quale hanno contestato la legittimità del provvedimento per violazione della norma che prevede per i provvedimenti fiscali la discussione in open meeting con un preavviso di 24 ore. Il ricorso è stato accolto il 18 marzo e l’applicazione del provvedimento è stata temporaneamente sospesa per consentire la ripetizione delle operazioni di voto. Non è molto, ma vuol dire anche che la partita non è chiusa. I Democratici hanno infatti avviato una raccolta di firme per una petizione con la quale potrebbero ottenere elezioni speciali e la revoca di 8 senatori. Ai Democratici basterebbe ottenere la revoca di tre Repubblicani per avere la maggioranza al Senato. Ma è una prospettiva credibile?
Quale che sia l’esito dell’iter di approvazione della legge nello Stato del Wisconsin, è bene sapere che non siamo di fronte alla singolare iniziativa di un eccentrico ed isolato Governatore . Dopo l’esempio del Wisconsin, in Ohio un analogo provvedimento è stato approvato con il margine di un voto. Nell’Indiana i Democratici sono riusciti ad impedire l’approvazione di un progetto di legge simile che si proponeva di limitare la contrattazione collettiva per gli insegnanti e di eliminarla in modo permanente per i dipendenti dello Stato.
Con il settore privato che diventa di sempre più difficile da sindacalizzare, i lavoratori del settore pubblico rappresentano l’ultimo baluardo del sindacato negli Stati Uniti d’America. È per questo che Afl-Cio e Change to Win stanno mettendo tutto il loro peso in questa battaglia: una sconfitta dei sindacati in questo settore può rappresentare un grave pericolo per il futuro dell’intero movimento sindacale.
Se pure il sindacato dovesse scomparire nel depresso e deindustrializzato Midwest, viene fatto notare, continuerebbero pur sempre ad esistere sindacati negli Stati della costa occidentale, ma un movimento sindacale concentrato in 6 soli Stati è, nella migliore delle ipotesi, un fenomeno regionale.
Intanto a preoccuparsi per la qualità dei servizi pubblici e per gli elevati standard di insegnamento offerti dalla scuola pubblica sembrano essere rimasti solo i sindacati che pubblicano nei loro siti indagini statistiche con le quali tentano di dimostrare che gli insegnanti delle scuole private guadagnano molto più di quelli della scuola pubblica, che nonostante tutto assicura servizi di qualità assai elevata.
Il settore pubblico, essi sostengono, garantisce ai suoi dipendenti un trattamento economico e normativo poco più che dignitoso, ma garantisce alle minoranze (donne e neri, in particolare) possibilità di accesso alle carriere professionali in condizioni paritarie: siamo sicuri che gli effetti di questo provvedimento non vadano al di là della riduzione della busta paga dei lavoratori?
Il Governatore del Wisconsin è ovviamente di tutt’altro avviso, e non sembra affatto preoccupato per le conseguenze di un lungo braccio di ferro con i lavoratori dello Stato, inclusi pompieri e forze dell’ordine che, ancorché non toccati dalla riforma, si sono uniti alle proteste per solidarietà con gli altri lavoratori.
«Un bel risultato!», ironizzano alcuni commentatori , il Governatore Walker è riuscito a galvanizzare il movimento sindacale, le associazioni per i diritti civili e l’opinione pubblica. E ora che non sono più solo gli elettori del partito Democratico a ritenere che il Governatore sia andato oltre il segno nel prendere di mira i diritti sindacali dei lavoratori , è plausibile che cambi parere?
Marianna De Luca