La Cgil intende aprire una “vertenza” da sostenere in tutte le sedi per “sconfiggere il caporalato, il lavoro nero e le morti sul lavoro”. Inoltre “proprio per sostenere il lavoro che la Procura ha cominciato a fare, presenteremo un vero e proprio esposto, in cui vogliamo raccontare tutto quello che conosciamo”. Sono questi gli impegni presi dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nel corso della manifestazione nazionale a Latina per ricordare il bracciante indiano, Satnam Singh, morto, secondo quello che sta emergendo dall’indagine della magistratura, dopo essere stato abbandonato davanti casa con un braccio amputato da un macchinario mentre stava lavorando nei campi. Una vicenda che ha acceso nuovamente i riflettori contro lo sfruttamento disumano dei braccianti nel settore agricolo e che per Landini non “ci pone davanti a un caso isolato”.
“E aprire una vertenza vuol dire una vertenza permanente in ogni luogo di lavoro, in ogni territorio, in ogni livello di confronto che il sindacato ha, col governo, con le istituzioni, con le controparti, perché su questi temi vogliamo delle risposte e vogliamo che le cose cambino”, ha continuato il segretario della Cgil.
Una vertenza che per il numero uno della confederazione di Corso d’Italia prevede una concreta applicazione della legge contro il caporalato, la 199 del 2016, a partire da quello che il comma 4 dell’articolo 8 definisce “indici di coerenza del comportamento aziendale strettamente correlati alle caratteristiche della produzione agricola del territorio”. In altre parole le imprese devono dichiarare la quantità e la tipologia di manodopera che impiegano e questa deve essere coerente con le ore di lavoro necessarie per completare una specifica lavorazione. Uno strumento che trova il suo omologo nel Durc di congruità del settore edile, introdotto proprio per combattere lo sfruttamento. L’altro elemento, afferma Landini, “è quello di aumentare le assunzioni, sia degli ispettori del lavoro che di quelli di medicina del lavoro”. Il terzo punto, continua il segretario della Cgil, è “l’incrocio delle banche dati. Solo in Italia abbiamo tanti istituti pubblici, che conoscono tutto delle imprese, ma non comunicano tra di loro”.
Non manca poi dal palco di Latina l’attacco alla Bossi-Fini, che per la Cgil “favorisce il lavoro nero e la clandestinità”. “Per i prossimi anni – spiega Landini – ci sono richieste di lavoro per 500-600mila persone, mentre i flussi indicano la possibilità per 150-160 mila persone. C’è già una differenza tra ciò che viene richiesto come bisogno di mano d’opera e quello che viene fatto arrivare. E la verità è che solo al 20% di chi arriva gli viene riconosciuto il permesso di soggiorno, mentre il restante 80% diventa clandestino, senza diritti. Allora, oltre a cancellare la legge Bossi-Fini, c’è una cosa che si può fare subito e noi lo diremo al governo, lo scriveremo all’esposto della Procura. Alle persone venute qui per lavorare, e alcune lavorano da clandestine, si dia subito il permesso di soggiorno per chi è in cerca di occupazione. E si dovrebbe anche fare un’altra legge: nel momento che il lavoratore denuncia di essere pagato in nero o di non essere regolarizzato, immediatamente si intervenga per tutelarlo e per cancellare questa barbarie”.
L’azione che la confederazione sta portando avanti, anche attraverso i referendum per abrogare alcune norme del Jobs Act e, da, ultimo quello contro il disegno di legge sull’autonomia differenziata, “non è battaglia di parte e neanche semplicemente sindacale – ha precisato Landini – . Noi stiamo facendo una battaglia per l’affermazione e l’estensione della democrazia in tutto il paese, per tutti e per tutte. E proprio per questo non abbiamo nessuna intenzione di fermarci. Abbiamo bisogno – ha concluso il leader della Cgil – che la maggioranza, fatta di persone che lavorano e che pagano le tasse, torni ad avere la consapevolezza e la responsabilità che è una maggioranza che deve tornare a votare, che deve battersi, che deve partecipare, che deve mobilitarsi per far crescere tutti e per difendere la nostra democrazia e la nostra libertà”.
Tommaso Nutarelli