di Fernando Liuzzi
Due ore e quaranta minuti: tanto è durata la relazione introduttiva con cui Maurizio Landini ha aperto a Rimini il 26° Congresso nazionale della Fiom. Come è facile immaginare, in uno spazio temporale di queste proporzioni i temi toccati dal leader del maggior sindacato dei metalmeccanici sono stati numerosi. Ma l’attenzione degli osservatori si è concentrata su due punti, peraltro fra loro fortemente connessi: da un lato, il rapporto tra la Fiom a guida Landini e il Governo a guida Renzi; dall’altra, il rapporto tra questa stessa Fiom e la Cgil di Susanna Camusso.
Un tempo, sarebbe stato ovvio che l’antico sindacato dei metallurgici, che nel 1906 fu tra i soci fondatori della Confederazione del lavoro, facesse fronte comune con la Cgil e assumesse invece posizioni nettamente critiche nei confronti del Governo di turno. Ma il mondo, come si sa, è cambiato o, per dir meglio, sta cambiando a grande velocità. Se ne è avuta una prova nell’anfiteatro posto all’interno del Palacongressi riminese. Landini, infatti, ha usato torni relativamente morbidi con l’Esecutivo, mentre ha avuto toni più aspri nei confronti della Confederazione di cui, dopo tutto, è uno dei dirigenti più in vista.
Non mi credete? Giudicate voi. Partiamo dal’ex sindaco di Firenze. “Con la novità rappresentata dal governo Renzi, che avremmo preferito fosse stato legittimato dal voto popolare – ha affermato Landini – occorre confrontarsi. Nel Paese c’è attesa e c’è consenso verso di lui perché c’è tanta gente che non solo non ce la fa più a tirare avanti dentro la crisi, ma non ne può più e vuole un cambiamento purchessia. E ciò riguarda anche partiti e sindacati.”
“Il governo Renzi – ha proseguito Landini – è dunque lo specchio delle nostre difficoltà. Questi famosi 80 euro, a quei lavoratori che li riceveranno, glieli darà il Governo, non la contrattazione.” Dopodiché, Landini ha osservato che questa iniziativa porterà sollievo ai redditi dei lavoratori dipendenti, ma non a quelli dei pensionati, né a quelli dei giovani variamenti precari (compresi quelli che lavorano in nero).
Ebbene, ha scandito Landini, al Presidente del Consiglio “vorrei mandare da qui un messaggio: Hashtag Matteo non stare sereno”. E ciò perché “alle nostre richieste non possiamo rinunciare” e perché, nonostante i tanti cambiamenti annunciati, nell’azione del Governo non vediamo vere novità ma, al contrario, “il rischio che si continui con le scelte sbagliate del passato”.
E adesso veniamo alla Cgil. “In questi anni, a cosa è servita la concertazione?”, si è chiesto Landini. “L’età pensionabile si è alzata, l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori se ne è andato, mentre ci siamo tenuti l’art. 8, quello sulla derogabilità dei contratti. E allora – ha scandito ancora Landini – il problema non è chi sta o non sta con Renzi, ma cosa fa la Cgil.”
Se a questo si aggiunge un duro atto di accusa contro la stessa Confederazione, rea di aver firmato il Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio scorso, considerato come un testo foriero di molti mali, il quadro assumerà contorni abbastanza netti. Come già segnalato sul Diario, le distanze tra Fiom e Cgil sembrano aumentare di giorno in giorno. Fino a che punto potranno crescere senza arrivare a una vera e propria rottura?
@Fernando_Liuzzi