Il sistema fiscale italiano presenta “limiti e distorsioni”, nonostante “la buona performance di questi anni in termini di aumento di gettito”. È quanto rileva la Corte dei Conti nel rapporto 2017 sul coordinamento della pressione fiscale.
In particolare, fra le distorsioni la magistratura contabile punta l’indice sul cuneo fiscale che “colloca a livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49% prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben dieci punti l’onere che si registra nel resto d’Europa”.
Inoltre, la Corte dei Conti sottolinea che anche “la pressione fiscale in Italia “è tra le più elevate tra i paesi Ue (42,9% del Pil), il total tax rate stimato per un’impresa di medie dimensioni, testimonia di un carico fiscale complessivo (societario, contributivo per tasse e imposte indirette) che penalizza l’operatore italiano in misura (64,8%) eccedente quasi 25 punti l’onere per l’omologo imprenditore dell’area Ue-Efta”.
Anche i costi di adempimento degli obblighi tributari che l’imprenditore italiano è chiamato ad affrontare “sono significativi: 269 ore lavorative, il 55% in più di quanto richiesto al suo competitore europeo”.
Infine, “un’esposizione tributaria tanto marcata – ha concluso la magistratura contabile – non aiuta il contrasto all’economia sommersa e la lotta all’evasione (di qui le devianze altrettanto rilevanti in entrambi i fenomeni)”.