La decisione del ministro Luigi Di Maio di porre un freno alle aperture domenicali dei negozi, bloccando la liberalizzazione introdotta dal Governo Monti, ha suscitato un acceso dibattito. Un’apertura apprezzata dai sindacati, che chiedono però il coinvolgimento delle parti sociali per arrivare a definire regole che tengano conto delle singole specificità dei vari territori. Ne abbiamo parlato con Andrea Cuccello, segretario confederale della Cisl
Cuccello come valuta lo stop del ministro Di Maio alle aperture domenicali dei negozi?
L’attenzione manifestata dal Governo verso una regolamentazione del lavoro domenicale la riteniamo un fatto positivo. Stiamo parlando di un tema che la Cisl considera da sempre una battaglia, condivisa con le altre organizzazioni sindacali e con unica voce forte e chiara, quella della Cei.
In questi giorni si è parlato però anche di un rischio per circa 30-40mila lavoratori, che perderebbero il posto. Come valuta questi numeri?
I numeri che sono circolati in questi giorni credo che facciano riferimento all’avanzata nel corso degli anni, della grande distribuzione rispetto ai piccoli negozi. Quello che abbiamo notato è che, con l’entrata in vigore sette anni fa del decreto Salva Italia da parte del Governo Monti, non c’è stato quell’aumento dell’occupazione sperato, o, se ciò è avvenuto, si è trattato di un’occupazione precaria, non stabile e di bassa qualità.
Molti, anche tra i lavoratori, sostengono anche che lavorare la domenica consente di guadagnare di più.
Non tutti i contratti prevedono un incremento salariale nei festivi, ma i recuperi compensativi. Inoltre spesso, è l’azienda che mi dice quando recuperare, e questo può avvenire in un momento che non mi consente di stare con la mia famiglia.
In questi anni il sindacato come ha combattuto la bassa qualità di una certa occupazione?
Attraverso la contrattazione. Siamo riusciti, anche in un momento di forte crisi economica, dove purtroppo molte aziende hanno chiuso, a portare a casa molti contratti ed a salvaguardare migliaia e migliaia di posti di lavoro. Ma soprattutto il sindacato ha rappresentato un grande elemento di coesione sociale nei momenti di difficoltà del paese. Credo che se il governo del cambiamento aspira a essere tale, debba esaltare l’importanza e il ruolo delle parti sociali.
Da cosa si deve partire per avviare un confronto sulla chiusura domenicale?
Bisogna coinvolgere le amministrazioni comunali e le parti sociali attive nel territorio. È dunque fondamentale ripartire dalla contrattazione decentrata.
Qual è l’apporto che può dare la contrattazione?
La contrattazione è quel luogo dove si dà una dimensione al dialogo, indispensabile per affrontare tematiche di questo tipo. Il Governo ha la facoltà di porre all’attenzione un determinato argomento. In questo caso riguarda il lavoro e dal nostro punto di vista spetta poi alle parti sociali trovare le soluzioni più adeguate.
La contrattazione territoriale può essere utile anche per la gestione delle turnazioni e delle aperture nelle aree turistiche?
Certamente. Il coinvolgimento delle amministrazioni locali e delle parti sociali che operano nel territorio è indispensabile per tutelare le specificità e le necessità di una determinata zona.
In questo senso non c’è stata finora grande apertura da ministro Di Maio.
Siamo nell’epoca dei social e le componenti del Governo sono avvezze a lanciare, attraverso questi strumenti varie tematiche nel dibattito pubblico. Poi però arriva il momento di come mettere in pratica ciò che si è proclamato. La Cisl vuole esserci.
Un’altra obiezione che va per la maggiore è che la chiusura domenicale possa essere un vantaggio per l’e-commerce. Cosa ne pensa?
Penso che l’e-commerce segua delle logiche diverse rispetto a quelle dei negozi, e che quindi si ponga anche su un piano diverso. Sicuramente è e sarà uno strumento sempre più pervasivo nel nostro modo di fare acquisti, ma che, al momento, non è a disposizione di tutti. Basti pensare all’elevata presenza di anziani nella nostra società.
E gli altri settori che da sempre operano anche la domenica? Potrebbe esserci un effetto discriminatorio tra professioni diverse?
Alcune professioni garantiscono servizi pubblici essenziali, costituzionalmente riconosciuti, come il trasporto pubblico, il mantenimento dell’ordine pubblico e la sanità. È chiaro che in questi settori ci sono dinamiche diverse.
Non c’è il rischio che una logica di questo tipo faccia compiere al paese un balzo indietro?
Non penso, che questo accadrà se si terrà conto del confronto e della contrattazione. Siamo convinti che se si sceglie insieme, senza derive da “uomo solo al comando” si potrà fare un ottimo lavoro regolamentando anche il lavoro domenicale. Ed il paese farà di sicuro un passo in avanti.
Tommaso Nutarelli
@tomnutarelli