In Italia la ripresa perde slancio risentendo delle dinamiche internazionali. Lo rileva il Centro studi di Confindustria spiegando che, stando all’indice anticipatore Ocse, il rallentamento durerà ancora almeno a fine 2010-inizio 2011. Mentre sul fronte del lavoro le aspettative delle imprese industriali
italiane sono di ulteriore riduzione di manodopera nei prossimi mesi, ma a ritmi più contenuti.
L’Italia, dicono gli economisti di via dell’Astronomia nell’analisi mensile “congiuntura flash”, recupera con più fatica, zavorrata dalla perdita di competitività, il costo del lavoro, problemi
occupazionali, margini delle imprese erosi anche da rincari delle materie prime e tassi in aumento. La decelerazione è concentrata nei paesi avanzati mentre gli emergenti proseguono a ritmi sostenuti, dice il CsC, spiegano che gli indicatori anticipatori e di fiducia proiettano il prolungamento della pausa nei prossimi due o tre trimestri..
Le motivazioni del rallentamento sono l’esaurirsi degli stimoli di bilancio, il minor
bisogno delle imprese di ricostituire le scorte, le debolezze dell’edilizia residenziale, il decumulo dei debiti delle famiglie e la fragilità del mercato del lavoro.
L’andamento della produzione (-0,7% a settembre secondo le stime del CsC, dopo il +1,6% di agosto) per gli economisti di Confindustria è ancora coerente con un incrememto del Pil dello 0,5%, ma da maggio è sceso al 5,4% annualizzato dal 7,7% precedente.
Mentre la forte crescita di fatturato e ordinativi ad agosto compensa
le cadute nei due mesi precedenti. Sul fronte dell’export il rallentamento è fisiologico, dopo dati in
buona ripresa, e per la perdita di competitività dell’euro.
La ripresa dei consumi è rallentata dall’onda lunga della crisi del mercato del lavoro pesa sui consumi: sono 31mila gli occupati in meno nel terzo trimestre, mentre migliora il tasso di disoccupazione (all’8,3% dall’8,5%). La difficoltà del mercato del lavoro spinge
al risparmio precauzionale e inibisce i consumi.. Anche su questo fronte l’Italia è svantaggiata nel confronto internazionale, perché fa eccezione la Germania dove il monte salari reale è tornato sopra i livelli pre-crisi. Pesa la perdita di competitività rispetto ad altri Paesi: La crisi ha
ampliato il gap competitivo dell’Italia rispetto alle maggiori economie avanzate.
Sui conti delle aziende pesano i diffusi rincari delle materie prime che segnalano tenuta della domanda, ma erodono i già bassi margini aziendali. Mentre sono in aumento i tassi per le imprese italiane: 2,5% ad agosto (2% a maggio) con spread sull’Euribor ai massimi (1,6
punti, 2,3 per le piccole). Sul fronte dei prezzi al consumo, non c’è alcun rischio inflazionistico. (LF)
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