Dopo un calo limitato allo 0,3% nel 2008, l’indagine annuale del Centro Studi di Confindustria sul mercato del lavoro nelle imprese associate ha registrato l’impatto dell’onda lunga della crisi che dallo scorso anno colpisce l’occupazione: il calo complessivo è del 2,2%, con una flessione maggiore nell’industria (-3,1%), dove ha tenuto solo il comparto alimentare ed hanno sofferto di più tessile-abbigliamento (-5,2%) e gomma-plastica (-5%); mentre nei servizi il calo medio sì è fermato allo 0,6%, ed è il commercio ad aver registrato la flessione più significativa (-3%).
La crisi ha colpito di più il personale addetto alla produzione (-3% intermedi; -1,9% operai); mentre tra i colletti binanchi il calo è stato più marcato per i dirigenti (-1,6%) che per quadri e impiegati (-0,2%, -0,7%). Ed ha colpito più gli uomini (-2,3%) che le donne (-2%) che così salgono ad una quota del 29,9% dei dipendenti.
Dalle indicazioni delle imprese il calo prosegue nella prima metà del 2010. E questa volta non più in modo uniforme ma con differenze più marcate tra le diverse aree del Paese: sono aumentate le imprese che hanno previsto un calo della manodopera nel Nord-Ovest, le stime migliorano ma restano negative nel Nord-Est, mentre il saldo delle risposte si azzera nel Centro-Sud.
Crisi a parte, l’indagine del Csc traccia un ritratto del mercato del lavoro nel sistema di Confindustria. E ne emerge, tra l’altro, che l’utilizzo di personale laureato (15,5% dei dipendenti) si è confermato più intenso che nella media italiana. Una impresa su due ha utilizzato lavoratori stranieri (che nel complesso sono il 4,3%. Dato che sale al 5,7% nel comparto alimentare, e fino all’11,5% nelle costruzioni).
Confindustria si sofferma anche su un’analisi dell’assenteismo. Il tasso di assenza è stato in media del 7,8%, più nei servizi (8,7%) che nell’industria (7,2%), e cresce con l’aumentare delle dimensioni dell’azienda. Le malattie non professionali sono state la prima causa di assenza dal lavoro per gli uomini, i congedi parentali per le donne.
Nel 2009, inoltre, sono scesi i tassi di turnover; sono aumentate le cessazioni involontarie (13,1% dei casi di uscita dall’azienda), a cui si aggiungono prepensionamenti e incentivi all’esodo (un caso su dieci nelle grandi imprese, uno su cinque nel Centro-Sud); ed aumentano anche le uscite per scadenza di contratto (più di un terzo del totale).
Sono scesi i tassi di stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, ma quelli per le forme di flessibilità interna (contratti a tempo determinato, di inserimento e di apprendistato) si sono confermati molto più alti che nel caso della flessibilità esterna (interinale e collaborazioni). Mentre la diffusione della contrattazione aziendale è più elevata nell’industria che nei servizi e cresce con la dimensione aziendale. Più alte infine, nelle grandi imprese anche le retribuzioni medie annue per i colletti bianchi e l’incidenza del premio variabile per tutte le qualifiche. (LF)