La trattativa per il contratto dei metalmeccanici è finalmente entrata nel vivo. Dopo nove mesi di schermaglie, così come era stato preannunciato, le parti hanno cominciato a trattare i termini di un possibile accordo. Le posizioni però restano ancora molto distanti, tanto è vero che è stato stilato un calendario di ben cinque prossimi incontri, a livello sia tecnico che politico, e alternando le due tipologie di incontri, proprio per arare prima il campo in sede tecnica e poi in quello politico eliminare le difficoltà più complesse. L’obiettivo è quello di arrivare all’accordo per il mese di novembre, con tutta probabilità ai primi di novembre considerando che la Fiom ha già convocato il proprio Comitato centrale per il 2 novembre, appuntamento topico per farsi dare l’ultimo mandato o per presentare l’accordo nel caso si sia riusciti già a chiudere.
Ma, appunto, difficoltà ce ne sono ancora molte, anche perché è vero che la Federmeccanica ha cambiato la sua posizione iniziale in tema di salario, ma non sembra abbia rinunciato a quel rinnovamento che ha cercato fin dalle primissime battute. Aveva proposto un sistema contrattuale tutto diverso, centrato sulle negoziazioni in azienda, lasciando al contratto nazionale la definizione di un livello minimo di sussistenza al di sotto del quale non far scendere nessun lavoratore. Non più quindi aumenti salariali destinati ad assicurare il recupero dell’inflazione, ma un minimo vitale e poi in azienda distribuzione dei proventi, dove ovviamente questi si fossero determinati. Con in più una generosa distribuzione di welfare contrattuale sui più vari capitoli, ma soprattutto per formazione, previdenza e assistenza sanitaria.
Questo impianto è stato modificato, perché Federmeccanica ha proposto di dare comunque qualcosa a tutti, prevedendo però un décalage nel recupero di quanto perso per l’inflazione: per il 100% il primo anno, per il 75% nel secondo, per il 50% nel terzo. Insomma, l’impianto previsto era stato solo rallentato nella sua attuazione, non abbandonato. Ed è prevedibile che negli anni successivi, nella vigenza quindi del successivo contratto, il recupero fosse destinato a scendere ulteriormente, fino a scomparire. E non a caso nella nuova proposta Federmeccanica ha suggerito di procedere ad assorbimenti di elementi aggiuntivi della retribuzione.
Ora i sindacati si sono espressi in termini molto positivi sulle nuove avances della delegazione imprenditoriale, ma hanno respinto quelle che sembrano essere le cose più importanti, appunto il décalage del recupero dell’inflazione e l’assorbimento nella paga base di elementi della retribuzione. A loro avviso questi assorbimenti non hanno ragion d’essere e il recupero dell’inflazione deve essere totale.
Per questo diciamo che le posizioni sono molto distanti. Questo vuol dire che non si arriverà a un accordo? Con tutta probabilità non sarà così e all’accordo si arriverà, ma, appunto, c’è ancora molto da discutere, il confronto sarà ancora duro e porterà via tempo. Diciamo che all’accordo si arriverà perché le pressioni delle confederazioni, delle due parti, sono molto forti. Confindustria e Cgil, Cisl e Uil vogliono cominciare a trattare la riforma della contrattazione e sanno che non possono farlo fino a quando è ancora aperto il tavolo dei metalmeccanici. Si arriverà quindi all’accordo e questo con tutta probabilità sarà più vicino a quello che desiderano i sindacati che a quanto vorrebbe la Federmeccanica. Perché in fin dei conti la stessa Confindustria non può non preferire trattare con le confederazioni sindacali senza che il contratto dei metalmeccanici abbia già posto dei paletti ben evidenti della riforma che si va a cercare. Perché è evidente che se si avviano i negoziati interconfederali dopo che il contratto dei metalmeccanici sara’ stato rinnovato con una forte dose di innovazione, anche l’accordo definitivo non potrà non seguire la traccia segnata dalla categoria, soprattutto considerando che si tratta della categoria più forte e più influente, per peso numerico e per tradizione. E’ più che probabile quindi che sarà un accordo nella tradizione, con qualche modifica, certo, perché nessuno perda la faccia, ma probabilmente nulla di più. E poi si aprirà quella che viene considerata la partita vera.
In tutto questo c’è da considerare anche la voglia che ha Maurizio Landini di chiudere bene la trattativa per arrivare alla segreteria confederale tra qualche mese con una medaglia appuntata sul petto. Se vuole avere delle chances di sostituire Susanna Camusso tra un paio d’anni, o comunque di avere un ruolo forte nel caso in cui fosse eletta un’altra persona alla segreteria generale, rinviando magari di quattro anni il suo arrivo al vertice della confederazione, Landini non può che dimostrare la capacità di esprimere la duttilità che un leader non può non avere. E tutto ciò ha un peso determinante nel confronto di questi giorni.
Massimo Mascini