Il rinnovo del contratto di artisti e tecnici delle compagnie teatrali, scaduto da ormai sette anni, giunge a una fase cruciale. Nel corso della trattativa, l’ Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (Agis) ha disposto una modifica del precedente contratto prevedendo che il rinnovo riguardi esclusivamente le prestazioni di lavoro subordinato. Tale disposizione escluderebbe dalla tutela contrattuale gli artisti che operano con partita iva, che nel settore risultano essere in grandissima maggioranza. A tal proposito, Il diario del lavoro ha intervistato il segretario nazionale della Slc Cgil, Emanuela Bizi.
Bizi, perché l’Agis vuole cambiare i confini di applicazione del contratto?
Innanzitutto, va segnalato che il CCNL delle compagnie di giro è sempre stato un riferimento anche per i lavoratori con partita iva.
Infatti, nella maggior parte dei contratti di scrittura, in particolare degli attori, veniva citato questo CCNL. Agis ha posto sin dall’inizio della trattativa la richiesta che il CCNL diventasse il riferimento solo per i lavoratori subordinati, escludendo quindi tutto il mondo del lavoro autonomo.
E quali le motivazioni?
Il CCNL, scaduto ormai da sette anni, definiva i compensi minimi giornalieri omnicomprensivi degli istituti previsti dalla legge. La richiesta dell’AGIS di escludere il lavoro autonomo dalla tutela contrattuale nasce per la convinzione che il lavoratore autonomo da solo possa esercitare la piena attività negoziale individuale. Si dimentica così che quel contratto norma esclusivamente i compensi minimi tutelando i soggetti deboli che molto spesso sono giovani e donne.
Se per il rinnovo si parla di trattativa, perché la controparte sembra imporre queste disposizioni?
La tenuta di un tavolo negoziale è complessa, entrambe le parti provano a far valere le proprie ragioni. L’irrigidimento di una delle parti durante la trattativa è sempre una chiusura, mai utile a trovare le soluzioni.
Nel comunicato sindacale si parla di “trovare un modo per individuare un compenso minimo e dei diritti anche per questi lavoratori”, che tuttavia sono la maggior parte. Perché invece non provare a riaffermare che il contratto tutela anche loro?
Infatti è proprio quello che stiamo facendo. Il contratto scaduto è disapplicato e non è in grado di tutelare concretamente i lavoratori. Del resto, è stato scritto nel 2004 quando il settore dello spettacolo viveva condizioni ben diverse. La nostra battaglia per un giusto compenso per tutti i lavoratori, anche gli autonomi, è centrale proprio perché la prima tutela è quella di una retribuzione dignitosa, accompagnata da una rete di certezze. Questo vale anche per i committenti, soprattutto in un settore dove la qualità degli spettacoli è direttamente proporzionale al tessuto culturale del Paese. Abbassare i compensi significa minare la qualità per tutti.
Da parte della Slc c’è un’opposizione alle disposizioni dell’Agis?
Crediamo fermamente che sia un errore escludere dal contratto i lavoratori autonomi che, tra l’altro, sono la maggioranza. Va anche ricordato che spesso sono proprio i committenti a porre la condizione, per lavorare, di fare fattura, di avere quindi la partita iva. Nel caso questi non la abbiano aperta si ricorre talvolta addirittura alla prestazione autonoma occasionale. Il nostro mestiere è quello di tutelare tutti i lavoratori, qualsiasi sia la forma con cui vengono ingaggiati. È per questo che riteniamo che l’inclusione del lavoro autonomo sia un punto qualificante della nostra proposta.
Alla luce di ciò, pensa che ci sarà una ricaduta sul numero di iscritti al sindacato?
Perché? Noi siamo l’unica organizzazione sindacale che è presente alla trattativa con una delegazione di attori, soggetti attivi e consapevoli nelle scelte che man mano si compiono. Inoltre, informiamo costantemente tutti i professionisti coinvolti dal rinnovo contrattuale sullo sviluppo della trattativa. Cosa non facile, visto che questo mondo è disgregato e non facilmente raggiungibile.
Qual è lo stato di salute del settore?
Il settore soffre di una crisi strutturale. I fondi pubblici si sono ridotti in modo sostanziale negli ultimi dieci anni. Ora aspettiamo risposte dalla legge attualmente in discussione in Senato, ma sappiamo che sono stati bocciati gli emendamenti che ampliavano le risorse. Incomprensibile! Se nella legge per il cinema è stato possibile trovate soluzioni che possono dare un respiro al settore audiovisivo, perché non tutelare anche il livello culturale del nostro paese investendo tutte le risorse necessarie allo spettacolo dal vivo? Finora la risposta a questa durissima crisi è stata cancellare occasioni di lavoro e ridurre i compensi di artisti e tecnici.
Questa inaccettabile situazione è stata fotografata con chiarezza dalla ricerca Vita da Artisti che abbiamo condotto insieme alla Fondazione Di Vittorio.
Che paese è un quello che condanna i suoi artisti a vivere sulla soglia della povertà? È possibile trovare la ricerca completa a questo indirizzo: https://vitadartisti.files.wordpress.com/2016/09/vda_report_4mag2017.pdf
Elettra Raffaela Melucci