“Il nostro problema non è difendere, ma riconquistare il contratto nazionale”, dopo l’accordo separato tra Confindustria, Cisl, Uil e l’accordo separato dei metalmeccanici, firmato solo da Fim e Uilm. Lo sostiene Susanna Camusso a pochi giorni dall’investitura a segretario generale della Cgil, prevista per il prossimo 3 novembre.
Camusso, che ha chiuso i lavori di un’assemblea di delegati a Monza, ha aggiunto che “dobbiamo ridare senso e peso alla contrattazione di secondo livello, che progressivamente si è andata impoverendo”. “A chi ci propone la logica delle deroghe – ha aggiunto – noi rispondiamo con la logica delle regole, che danno chiarezza a tutti, anche alle imprese”.
“Dicono che siamo in difficoltà – ha proseguito, riferendosi al presunto isolamento della sua organizzazione indicata come il sindacato “che dice sempre no” – ma noi non ci sentiamo tali, siamo invece l’unico soggetto in grado di presentare un nuovo modello contrattuale”.
La sindacalista ha poi spostato il ragionamento sulla “democrazia e rappresentanza”, spiegando che “noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di fare un referendum, ma da Pomigliano in poi non basta, perché il referendum è diventato una cosa diversa”. Nel caso specifico infatti, “oggetto del voto sono stati i diritti inesigibili”.
A suo avviso, infatti, “bisogna tenere un rapporto con i lavoratori prima di un’eventuale rottura, e non solo dopo come avviene quando c’è un referendum”. Dunque, occorre “misurare quanto contano le organizzazioni sindacali in termini di iscritti e voti, non con i numeri che danno Sacconi o Marchionne”. In questo modo, secondo la sindacalista, “si ha uno strumento utile per gli accordi con il massimo di consenso possibile, oppure per contarci in caso di rottura”.
Parlando delle altre organizzazioni sindacali, Camusso ha concluso il proprio ragionamento spiegando che “abbiamo opinioni differenti, e anche quando non lo sono, come sul fisco, qualcuno fa manifestazioni da solo a favore del governo. Con i referendum sanzioniamo le rotture, mentre bisogna sapere quanto contano le singole organizzazioni sindacali”
La Fiat continua a non avere un piano industriale, ha detto la futura segretaria generale di Corso d’Italia. Le recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne, “si prestano a due interpretazioni”. “La prima ipotesi – ha spiegato la sindacalista – è che la Fiat cerchi di scaricare sui lavoratori il proprio piano di lasciare l’Italia e andare all’estero”. A questa Camusso ha affiancato “l’altra ipotesi, ossia, che la Fiat cerchi finanziamenti dopo aver orgogliosamente spiegato che non chiedono nulla al governo”.
Secondo il futuro segretario della Cgil, infatti, “continuano a parlare troppo spesso di Serbia e Messico, che hanno coperto d’oro la Fiat per installarsi nei loro Paesi”, lasciando quindi intendere che se vuole ottenere altrettanto, il governo italiano deve agire di conseguenza.
Se è vera la seconda ipotesi, ha proseguito Camusso, “la Fiat deve parlare chiaro”. (FRN)