Due storie diverse, un destino pressoché analogo. La prima è ambientata durante la quarta alluvione in un anno che ha sommerso l’Emilia-Romagna: acqua e fango che inondano le strade, dissesti idrogeologici che devastano un territorio, circa 3.000 gli evacuati, danni che vanno a sommarsi ai tre disastri precedenti. Ovunque si consiglia alla cittadinanza, ove possibile, di recarsi ai piani alti delle abitazioni e, soprattutto, di non uscire. Succede però che se in quei giorni il tempo si è fermato in attesa che la buriana si placasse, a Bologna (come si immagina anche altrove) i rider fossero esentati dalle misure di protezione perché sprovvisti di un contratto che ne tuteli l’incolumità. A differenza di Just Eat – che dal 2021 ha deciso di applicare ai propri rider un contratto aziendale simile a quello del settore della logistica e che di fatto li inquadra come dipendenti con tutti i diritti annessi e connessi, compreso quello della sospensione lavorativa in caso di condizione meteo avverse, come previsto da un accordo con Cgil, Cisl e Uil – gli altri due colossi del food delivery, Glovo e Deliveroo – che applicano il Ccnl stipulato nel 2020 dalla Confindustria del settore e l’Ugl e inquadra i propri lavoratori come autonomi – hanno proseguito nel ricevere e spedire consegne nonostante l’evidente pericolo per l’incolumità dei fattorini. In pratica, se i lavoratori di queste ultime due società si fossero rifiutati di recapitare gli ordini a loro commissionati, non avrebbero visto uno che sia un centesimo di retribuzione e anzi, nel caso si fossero rifiutati il loro ranking di affidabilità si sarebbe azzerato. La logica del profitto è più forte di una tempesta, ma anche di una normativa che latita. Il paradosso, infatti, è che sia Glovo che Deliveroo non hanno commesso, sulla carta, un reato mettendo a rischio i propri lavoratori, perché in Italia non c’è nessuna normativa vincolante. Sì, certo, i sindacati hanno presentato una serie di esposti presso la Procura della Repubblica al fine di accertare eventuali responsabilità e profili penali nei confronti delle aziende di delivery che non hanno sospeso le attività, ma il rischio è che questi, come tante altre cause intentante all’algoritmo e pure vinte, finiscano per risultare un sasso nello stagno.
La seconda storia, invece, si svolge tra Milano e Como e stavolta il meteo non c’entra nulla. Il protagonista è il tunisino Mohamed Naffati, in Italia da dieci anni sotto richiesta di protezione internazionale. Professione barista, il 10 ottobre ha l’infelice idea di denunciare il suo precedente datore di lavoro perché l’assegno da 680 euro ricevuto a compenso della sua prestazione era scoperto e quindi non incassabile. Fa sorridere che le cronache sottolineino che quei soldi servissero a Mohamed per andare dall’otorino a farsi curare l’ipoacusia di cui soffre dal 2018: dall’otorino, al pub, per pagarci l’affitto o un abito nuovo di zecca, sembra quasi che si debba giustificare l’impiego di un legittimo compenso spettante a un lavoratore. Sta di fatto che, a quanto si apprende, in seguito alla denuncia Mohamed sia stato trasferito prima in un Cpr di Milano e poi addirittura rimpatriato nonostante tutti i documenti a posto. Il 4 novembre si sarebbe dovuto presentare in questura per l’esame della sua domanda, quindi tanto il trattenimento quanto rimpatrio non sarebbero stati legittimi secondo i due avvocati che lo hanno assistito. Nel Cpr di via Corelli a Milano Mohamed ci è rimasto per 10 giorni documentando tutto quanto sappiamo e non osiamo immaginare: violenze, condizioni ai limiti della disumanità, dolore, frustrazione.
Qual è la morale? Alcune vite contano meno delle altre e i diritti bisogna esigerli, non sono un portato naturale. Al sopruso siamo abituati e ormai non fa quasi più notizia. Su Bologna le nubi si diraderanno e le nostre cene saranno in salvo e il posto di Mohamed lo prenderà qualcun altro. Le loro storie non più fanno rumore.
-Se un albero cade in un bosco anche se non c’è nessuno nei dintorni, fa rumore?
-Certamente!
-Ma Bart, come può esistere il rumore se non c’è nessuno ad ascoltarlo?
(I Simpson, seconda stagione)
Elettra Raffaela Melucci