Il Consiglio d’Europa definisce gender budgeting come una «valutazione basata sul genere dei bilanci che incorporano una prospettiva di genere a tutti i livelli del processo di bilancio e ristrutturazione ricavi e spese al fine di promuovere l’uguaglianza di genere». La commissione FEMM vuole discutere questa questione delicata soprattutto nell’ambito del prossimo QFP (Quadro finanziario Europeo) e in relazione all’attuazione del programma Daphne. L’udienza che avverrà il 20 giugno prossimo vedrà la partecipazione di ricercatori e professionisti nel campo della definizione del budget, il sesso e gli affari sociali. L’obiettivo dell’evento è portare un input chiave per un’interrogazione orale e una risoluzione per essere presentata a nome FEMM, Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo.
Il progetto di parere sarà presentato dalla Svezia, e delinea le priorità FEMM per la procedura di bilancio del 2019 e oltre il 2020. Essi comprendono l’uso del gender budgeting, soprattutto durante la negoziazione del prossimo quadro finanziario pluriennale; l’aumento dei finanziamenti per gli strumenti esistenti a livello UE e degli Stati membri volti a difesa dei diritti economici di donne e ridurre le disuguaglianze di genere e la chiamata nonché la raccomandazione agli Stati membri ad avvalersi dell’UE e dei fondi disponibili per promuovere l’uguaglianza di genere attraverso servizi educativi e sanitari. Il relatore chiede inoltre all’UE di promuovere le organizzazioni femminili, i diritti delle donne e l’emancipazione delle ragazze e delle donne di rappresentanza nel processo decisionale attraverso aiuti allo sviluppo UE. Su 54 emendamenti il relatore ha proposto 9 emendamenti di compromesso.
Noi italiani cosa proponiamo? Un emendamento dell’allora illuminato sottosegretario Baretta aveva introdotto nella legge Finanziaria 2009 la obbligatorietà di rendicontare quante risorse erano state investite per la politica femminile-Art 38-septies Legge 196/2009 anche in coerenza con la Riforma della PA- Brunetta- che introduceva per la prima volta la misurazione delle performance di genere e successivamente il DPCM 16/giugno 2017 introdotto dall’articolo 9 del decreto legislativo del 12 maggio 2016, n. 90 per il completamento della riforma del bilancio , modificato dalla legge 4 agosto 2016 n. 163, volto a dare evidenza del diverso impatto delle politiche di bilancio su uomini e donne, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito. Addirittura, con la Circolare del 5 luglio 2017n.25 si sono persino dettato le linee guida al rendiconto generale dello Stato in materia di politiche di genere. Il nuovo governo Conte ha abolito il Ministero delle Pari Opportunità: abbiamo notizie in merito a chi ci rappresenterà e comunque cosa dirà?