In queste ore, mentre infuria una situazione politica disastrosa sul nostro paese, dobbiamo pensare a noi che lavoriamo a testa bassa e riteniamo insopportabile NON essere neanche informate sui timidi passi in avanti che, con costanza, attendiamo a livello europeo. Ci riferiamo alle tante volte silurata proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (COM (2017)0253 – C8-0137/2017 – 2017/0085(COD)) che tratta dei congedi. La direttiva è oggetto di una iniziativa della Commissione per la parità di genere, con alcuni emendamenti votati nella notte del 28 maggio scorso, e passata per pochi voti a favore, nel tentativo di far approvare dai massimi organismi della UE una formulazione su un tema delicatissimo e decisivo per la situazione sociale di tutte le donne europee.
Le misure a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare non sono solo un requisito limitato ai diritti delle donne, bensì anche una necessità per salvaguardare i diritti degli uomini e la parità di genere nel suo complesso. Esse sono inoltre di fondamentale importanza per l’economia dell’UE, anche per combattere gli effetti negativi dell’invecchiamento della popolazione e della carenza di manodopera. La situazione delle donne sul mercato del lavoro continua a essere difficile – il tasso di occupazione femminile nell’UE si attesta, in media, al 64 %, mentre quello relativo agli uomini è del 76 % e noi in Italia sappiamo bene la forbice sull’occupazione femminile del 10% in meno che soffriamo.
È dimostrato che la ragione principale dell’inattività delle donne sul mercato del lavoro è da ricondursi all’impossibilità di conciliare efficacemente la vita professionale e i compiti familiari. Di conseguenza, il divario pensionistico di genere, che ha origine dalle disparità accumulate durante tutto il corso della vita delle donne e dai periodi di loro assenza dal mercato del lavoro, si attesta a una sconfortante media del 40 % nell’UE. I progressi compiuti nel conseguimento della parità di genere sul mercato del lavoro sono stati lenti e, al fine di invertire tale tendenza, sono necessarie misure a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare. Inoltre, le politiche a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare sono fondamentali per rispondere in maniera efficace alla scarsità di forza lavoro e al progressivo invecchiamento della popolazione.
La proposta di miglioramento del Testo si concentra sull’obiettivo della direttiva, ossia aumentare l’occupazione femminile, nonché tenere conto della sua base giuridica. I due pilastri essenziali della proposta, che si definiscono fondamentali per il conseguimento dei predetti obiettivi, sono 1) la non trasferibilità del congedo parentale condizione per un’equa ripartizione del congedo tra donne e uomini nonché uno strumento per aumentare la presenza femminile nel mercato del lavoro così come la partecipazione degli uomini ai compiti familiari; 2) l’indennità durante i congedi – al livello dell’indennità di malattia – è compatibile con il quadro giuridico esistente e la direttiva sul congedo di maternità. I padri fruiscono dei congedi se viene garantito un livello sufficientemente elevato di retribuzione. Il congedo di paternità retribuito è la prima condizione necessaria per far sì che i padri si assumano responsabilità di assistenza.
Nella proposta tuttavia si è deciso di introdurre un certo grado di flessibilità per la fruizione del congedo di paternità, dando ai padri la possibilità di avvalersi di tale diritto entro il primo anno dalla nascita o adozione del figlio: con ogni probabilità il numero di padri che usufruiranno del congedo aumenterà dato che alcuni uomini potrebbero non sentirsi abbastanza sicuri di prendersi cura di un figlio subito dopo la nascita. Tuttavia, si è deciso di mantenere la preferenza per la fruizione del congedo di paternità in occasione della nascita o dell’adozione, poiché è dimostrato che il legame tra padre e figlio si forma più efficacemente in tale fase precoce. Per quanto riguarda il congedo per i prestatori di assistenza, si ritiene che si tratti di una buona risposta al problema dell’invecchiamento della popolazione, dal momento che le responsabilità di assistenza non sono unicamente limitate all’assistenza all’infanzia.
Si introducono diverse modifiche al fine di rendere la proposta adatta a rispondere alle esigenze delle economie dell’UE: in primo luogo, le misure a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare sono investimenti a lungo termine che portano prosperità economica e migliorano l’occupazione femminile, ma allo stesso tempo occorre avere particolare cura di tutelare il funzionamento a breve e a lungo termine delle attività nelle microimprese e nelle piccole e medie imprese. Occorre una maggiore chiarezza per le imprese, che consentirà una migliore pianificazione e prevenzione della perdita di produttività. A tal fine, si sottolinea la necessità di chiari termini di preavviso, di un’anzianità minima per usufruire dei congedi nonché di modalità di lavoro flessibili. Sebbene si riconosca la necessità di prestare particolare attenzione ai gruppi svantaggiati, si è deciso di non introdurre un diritto di congedo prolungato per i genitori soli che lavorano, poiché gli obiettivi della direttiva si concentrino su come accrescere la presenza delle donne nel mercato del lavoro.
Prolungare i periodi di congedo per i genitori soli può, nella pratica, prolungare il periodo di assenza dal lavoro delle madri sole, che rappresentano la maggioranza delle famiglie monoparentali, e, di conseguenza, può compromettere l’obiettivo della direttiva, con effetti negativi per l’indipendenza finanziaria di tali donne. La direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di determinare la natura e la struttura del sostegno nel caso di famiglie svantaggiate e tale aspetto rappresenta un passaggio fondamentale già nella direttiva già più volte bloccata. La posizione del Parlamento europeo dovrebbe essere incentrata sulla difesa degli obiettivi principali della direttiva e sulla base giuridica, che si fonda sulla parità tra donne e uomini. Il Parlamento europeo dovrebbe inoltre adottare un approccio strategico ed evitare il fallimento di una proposta troppo ambiziosa rispettando le riserve espresse dagli Stati membri, ai fini di una rapida adozione in seno al Consiglio. La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha invitato la commissione per l’occupazione e gli affari sociali, competente per il merito, a prendere in considerazione questi miglioramenti: noi italiane NON possiamo non solo non essere informate ma seguire con grande attenzione gli sviluppi che la proposta potrà apportare.
Alessandra Servidori