L`Italia cresce, ma troppo poco. A pesare è “il clima d’incertezza sia sul fronte internazionale che interno”. Il Centro Studi di Confindustria, negli ultimi Scenari economici, prevede un rallentamento dell’economia italiana nel biennio 2018-2019 e taglia le stime del Pil all`1,3% quest’anno e all`1,1% nel 2019. Il tasso di crescita previsto nel biennio è, dunque, inferiore a quello stimato dal Csc a dicembre (+1,5% quest’anno e +1,2% nel 2019) e anche rispetto allo scenario incluso nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (+1,5% e +1,4%).
È plausibile la richiesta di una manovra correttiva in corso d’anno”, e’ inoltre l’avvertimento che arriva dal Centro Studi di Confindustria: “Nel definire la politica economica in vista della Legge di Bilancio, va evidenziato – ha osservato il Csc – che gli spazi di manovra per l`Italia concessi dalle regole europee sembrano molto limitati. Al contrario, quest’anno è dubbio il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita con i numeri presentati nel Def”. Nel biennio di previsione, la crescita italiana “è soggetta a vari rischi, prevalentemente al ribasso”, ha avvertito Confindustria.
Il contesto internazionale sta divenendo “più denso di incognite e vulnerabile a diversi fattori di incertezza”. In primis le misure protezionistiche derivanti dalla politica commerciale statunitense che, nel caso di un ulteriore inasprimento, “potrebbero portare a un rallentamento ancor più significativo delle esportazioni italiane”. Poi le modalità del rientro dalla politica monetaria ultraespansiva della Banca Centrale Europea, che “condurranno alla risalita dei tassi di interesse dal 2019, con effetti restrittivi sui bilanci di famiglie e imprese”. A pesare sono anche fattori di rischio interni: la fine degli incentivi sugli acquisti di beni strumentali che avrà un impatto negativo sulla dinamica degli investimenti ma, soprattutto, “l’incertezza sulle politiche del nuovo governo e sul loro impatto sui conti pubblici, che crea timori presso gli operatori che acquistano titoli del debito pubblico italiano”.
Molto critico il presidente Vincenzo Boccia rispetto alle misure annunciate dal governo, e in particolare quelle relativi al lavoro. Un errore, dice Boccia, rendere più costosi i contratti a termine, come prevede il dl Dignita’: “l’occupazione non si genera irrigidendo le regole, sono solo elementi formali che non porteranno alcuna positività, compresa l’idea delle causali”. Sulla questione delle causali dei contratti a tempo determinato, sulla questione delle delocalizzazioni, afferma, “bisognava aprire “un dibattito, un confronto serrato” con il governo: “Forse un confronto per capire l’idea degli altri e poi decidere nel primato della politica penso sia un elemento di democrazia diretta. Io sono per la democrazia diretta”.
Boccia ricorda al governo che e’ ora di darsi da fare sul serio: “Oltre alla questione migranti, oltre alla questione pensioni, cominciamo a definire un intervento organico di politica economica di medio termine che metta al centro dell’attenzione anche su altri argomenti: infrastrutture, giovani, occupazione”.
“Voti non ne diamo, diamo voti ai provvedimenti”, ha precisato Boccia, ma “Sarebbe opportuno che si faccia un percorso per definire gli effetti sull’economia reale delle cose che si vogliono realizzare. Pensiamo che una delle prime cose da realizzare sia più occupazione a partire da quella dei giovani e più netto in busta dei lavoratori italiani a partire dal cuneo fiscale”.
E poi, la stoccata finale: “Abbiamo ascoltato l’intervento del ministro Salvini a Confartigianato -ha osservato il presidente degli industriali- ha detto che ora bisogna fare per le piccole e piccolissime imprese, ma vorrei ricordare che Confindustria ha 160mila associati, il 90% sono imprese con meno di 100 dipendenti, le grandi industrie italiane in rapporto a noi sono le piccole del mondo. Questo Paese non ha bisogno di divisioni tra le categorie, ma bisogno di unità, senso di comunità”.