Ci sarebbe un concreto spiraglio di apertura, nell’ormai eterna trattativa tra sindacati e Confindustria per la riforma dei contratti. La novità arriva dalla riunione tecnica che ha occupato tutta la giornata di ieri, in pratica una no -stop per gli sherpa di entrambi i fronti, che hanno cercato il modo di superare l’ostacolo principale, quello dei minimi salariali. La Confindustria, nell’ultimo documento inviato ai sindacati il 2 gennaio scorso ( e sul quale il negoziato ha rischiato seriamente di saltare) proponeva un sistema inaccettabile per Cgil, Cisl e Uil, che infatti hanno respinto il testo al mittente. Di più: la Cgil aveva addirittura invitato le proprie strutture a non prenderne nemmeno in considerazione l’esistenza.
Tuttavia, quando la partita sembrava ormai chiusa, ieri, improvvisamente, è emersa da parte degli industriali la volontà di riaprire la questione dei minimi salariali per cercare di arrivare a un’ intesa, spinta soprattutto dal vicepresidente per le relazioni industriali, Maurizio Stirpe. In pratica, Confindustria potrebbe considerare che gli aumenti salariali di produttività possano esistere non solo nel secondo livello contrattuale, ma anche, a certe condizioni, nel contratto nazionale; ferma restando, ovviamente, la rigorosa non sovrapponibilità tra i due livelli.
Al di là delle acrobazie tra tecnicalità e acronimi – Tec, Ipca, e via dicendo- il succo della questione, quello che più sembra aver convinto le parti sulla necessita’ di concludere è politico: sia i sindacati, ma ancor più la Confindustria, temono il possibile avvento di un salario minimo per legge, come previsto dal programma del Pd. E se anche il partito di Matteo Renzi, al momento, non sembra avere grandi possibilità di tornare a Palazzo Chigi, resta che a 45 giorni dal voto il risultato elettorale è tutt’altro che scontato. Senza contare che anche sugli altri fronti politici emergono progetti abbastanza preoccupanti per sindacati e imprese, a partire dal pur fumoso reddito di cittadinanza dei 5Stelle.
Queste poche settimane che restano prima del 4 marzo sono quindi l’ultima occasione per mettere al sicuro il sistema contrattuale e dei salari, anche rispetto all preannunciato caos post elettorale. Magari contando poi, nella prossima legislatura, su una legge che regolamenti la rappresentanza, l’altro punto fermo della trattativa: Confindustria ha infatti dato via libera alla possibilità di farsi “pesare’’ sulla bilancia del chi rappresenta chi, cosi come da tempo hanno fatto Cgil, Cisl e Uil. Bisognerebbe a questo punto ricordare, per dovere di cronaca, che malgrado i ripetuti annunci sono ormai quattro anni che si attendono i dati sulla rappresentanza sindacale, ma nemmeno una sola cifra è stata ancora resa nota. Ora il compito di tirare le somme è passato al redivivo Cnel, e proprio oggi il presidente, Tiziano Treu, ha garantito che a breve i dati usciranno. Non resta che sperare.
Ma tornando alla trattativa sindacati-Confindustria. L’altro punto chiave sul quale ci sarebbe in vista un mezzo accordo tra le parti è quello dell’autonomia delle varie categorie dell’industria. Riassumendo in parole povere: nell’ultima stagione di rinnovi contrattuali, mancando un modello unico di riferimento, ogni categoria si è arrangiata da sola, con rinnovi “taylor made’’ in base alle diverse esigenze. Questa indipendenza, che in origine nasceva dal fare di necessità virtù, ora potrebbe essere confermata, lasciando ai diversi contratti nazionali il compito di definire gli aumenti in base al sistema più adeguato alle rispettive sensibilita’, evitando di definire un unico indice valido per tutti: che a questo punto rischierebbe di risultare una “camicia di forza” tale da scontentare troppi, sia nella Confindustria, sia nei sindacati. Del resto, il modello adottato da Federmeccanica per il contratto dei metalmeccanici e’ molto diverso da quello dei Chimici, che a sua volta è diverso da quello preteso dal settore Gomma Plastica, contro il quale stanno in questi giorni protestando i sindacati. Ricondurre tutti sotto lo stesso ombrello, a questo punto, sarebbe molto complicato, se non impossibile.
Si potrebbe a questo punto citare la famosa frase del Gattopardo (cambiare tutto per non cambiare niente) ma tant’è: le elezioni incombono, l’Italia si prepara a quello che sarà probabilmente un salto nel buio –politico, ma anche economico- meglio mettere qualche paletto, anche solo simbolico, tanto per delimitare il terreno delle parti sociali ed evitare futuri espropri di ruolo. Poi, chi vivrà vedrà.
In ogni caso: la parola finale sul negoziato dovrebbe arrivare la prossima settimana, a metà della quale è previsto un nuovo appuntamento tra sindacati e Confindustria. Se si riuscirà a mettere nero su bianco un testo finalmente condiviso (e non unilaterale, come hanno fin qui accusato Cgil, Cisl e Uil), nei giorni successivi si riuniranno gli organismi delle tre confederazioni per valutarlo e dare eventualmente il via libera alla firma. Giusto in tempo prima che la campagna elettorale, con le sue follie, occupi definitivamente tutta la scena.
Nunzia Penelope