Sì alla libertà di impresa, ma senza mai dimenticare la responsabilità sociale che ogni impresa deve avere. E dunque: no al capitalismo di rapina, no a una eccessiva concentrazione di ricchezze, no al “pseudo assolutismo imprenditoriale”, cioè quel credersi al di sopra della legge che spesso tenta le grandi imprese; ma anche no agli stipendi troppo bassi che costringono i giovani a lasciare l’Italia, no all’incuria che causa incidenti sul lavoro, no alla denuncia ossessiva dei problemi del paese senza mai cercare una soluzione, e soprattutto, no a chi ”cavalca la paura”. Messaggio, quest’ultimo, indirizzato più’ che alle imprese alla politica e, miratamente, agli esponenti del governo presenti in sala. Sergio Mattarella prende la parola dalla tribuna dell’assemblea annuale di Confindustria e traccia una perfetta sintesi, Costituzione alla mano, di cosa l’impresa deve essere, e cosa no. Un intervento che non fa sconti a nessuno e che alla fine viene accolto da una lunghissima standing ovation che conclude un’assemblea. L’ultima della presidenza Bonomi e quest’anno, peraltro, brevissima: 70 minuti in tutto, compreso il filmino iniziale.
Davanti alla platea di imprenditori, e a tutto il governo schierato in prima fila, con la premier Meloni al centro, il capo dello Stato parte dal concetto di democrazia, già citato poco prima dal presidente degli industriali nella sua relazione, per sottolineare come sia legato strettamente all’economia: “una economia in salute contribuisce al bene del sistema democratico e della libertà, alla coesione della nostra comunità”, dice Mattarella, ricordando i momenti oscuri del passato in cui proprio le crisi economiche in Europa aprirono le porte alla negazione della democrazia.
Il presidente riconosce a Confindustria il ruolo fondamentale giocato durante la pandemia, quando, in seguito a una serie di accordi coi sindacati, contribuì a evitare che il paese si fermasse: “Grazie a voi, che avete avuto coraggio, che avete anche fatto delle vostre fabbriche dei centri vaccinali in supporto a quelli pubblici. Grazie ai lavoratori delle vostre aziende che hanno assunto, con altrettanto coraggio, la propria quota di rischi. Siete stati, poi, protagonisti di una ripresa prodigiosa e positivamente contagiosa, senza eguali nei G7″.
È lo spunto per affermare che l’economia prospera se anche le imprese prosperano, ma, avverte il capo dello Stato, “le imprese sono al centro di un sistema di valori non solo economici”, e dunque “generare ricchezza è una rilevante funzione sociale” che non può andare “a detrimento di altre ricchezze, individuali o collettive”. Scandisce il presidente: “non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco. Il principio non è quella della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione”. D’altra parte, un “principio fondamentale della democrazia” è appunto “evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti”- Di tutto il potere: politico, istituzionale e anche economico.
Non è in discussione la libertà di impresa, sancita del resto proprio dalla Costituzione, ma bisogna chiedersi: “In quali condizioni si attua il precetto costituzionale?”. La risposta, per Mattarella, è nel concetto di “utilità sociale” perché “le imprese non sono estranee all’art.3 della Carta, che ricorda come sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’economia di mercato dunque non può porre in discussione “valori costituzionalmente rilevanti” come “il rispetto della dignità umana e il dovere di solidarietà”. Insomma, se da un lato non ci può essere nessuna “egemonia delle istituzioni”, o pretesa di dirigismo, vanno rifiutate però anche le pretese di “pseudo-assolutismo imprenditoriale”, a partire da quello dei “giganti over the top'” che non possono ritenersi al di sopra della legge.
Mattarella ricorda che la democrazia si incarna “nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini”. Avverte che il “capitale sociale” del paese” è un patrimonio da “non impoverire”. E alle imprese ricorda che “troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili”. E ancora, sottolinea, “l’Italia progredisce e si sviluppa con il dialogo tra le parti sociali”, col rispetto del ruolo fondamentale dei corpi intermedi. Quanto alla sicurezza sul lavoro, il presidente non fa sconti: ricorda che la continua catena di morti “interpella la coscienza di ciascuno”, e sarebbero “incomprensibili le imprese che, contro il loro interesse, non si curassero della salute dei propri dipendenti”, cosi come dell’ambiente, o “se pensassero di non dover rispondere ad alcuna autorità o all’opinione pubblica, in merito a eventuali conseguenze di proprie azioni”.
È un appello ad una comune assunzione di responsabilità di fronte alle sfide che il Paese ha di fronte. che sono molte, ma non insormontabili. E qui Mattarella si concede un altro paio di avvertimenti, stavolta indirizzati alla politica: mette sotto accusa la politica di chi, ”cinicamente”, “cede alla tentazione di cavalcare le paure’’, cosi come chi pratica la ”la ripetizione ossessiva di argomenti secondo cui, di fronte alle fronte delle sfide che quotidianamente la vita ci propone, basta denunziarle, senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni”. Tradotto: inutile stracciarsi le vesti denunciando problemi, se poi non si fa nulla per risolverli.
Nunzia Penelope