I dati contenuti nel Def implicano una correzione dei conti pubblici di 30 miliardi in tre anni, con manovre “molto consistenti”. Dunque “sarà difficile sostenere lo sviluppo del Paese, alla luce delle restrizioni programmate”. Lo ha sottolineato il direttore del Centro Studi di Confindustria, Luca Paolazzi, nel corso di un’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
“La restrizione cumulata netta (cioè la differenza tra le maggiori entrate nette e le minori spese nette) sarebbe pari a 1,2 punti percentuali di Pil nel 2018 (0,9 al netto della manovrina) e 1,7 punti nel 2019 (0,5 al netto di quanto già realizzato nel 2018) – ha detto – Si tratta di circa 30 miliardi cumulati strutturali nel triennio 2017-2019 di cui 3,4 quest’anno (che corrispondono a 5,1 miliardi su base annua), 15,8 con la prossima legge di bilancio e ulteriori 9,1 nel 2019”.
“Si tratta di manovre molto consistenti – ha sottolineato Paolazzi – che devono essere rese compatibili con tassi di crescita adeguati a colmare il ritardo di sviluppo accumulato prima e durante la crisi dall’Italia rispetto ai suoi principali partner europei”.
“In ogni caso, sarà difficile sostenere lo sviluppo del Paese, alla luce delle restrizioni programmate” ha aggiunto Paolazzi.
Per Confindustria, inoltre, la nuova flessibilità che il governo potrebbe ottenere da Bruxelles va usata per la competitività delle imprese e per il taglio del cuneo fiscale. “Confindustria – ha detto Paolazzi – auspica che l’utilizzo della flessibilità nei conti, qualora fosse ulteriormente concessa dalle istituzioni europee, venga bene utilizzata per migliorare la competitività delle imprese, per un crescita che è precondizione per eliminare diseguaglianza e povertà, ridurre il cuneo fiscale e contributivo e la tassazione dei mezzi di produzione, potenziare le infrastrutture e la ricerca e l’innovazione”.
Secondo Viale dell’Astronomia, “la decontribuzione e la detassazione concentrata su giovani e donne va perseguita senza timidezze perché è positiva per la loro inclusione e perché riduce l’handicap competitivo che grava sulle imprese, con una tassazione sull’occupazione ben più alta della media europea. Da questo punto di vista la misura temporanea non può che essere la premessa per una riduzione permanente, rilevante e generalizzata”.