Secondo le previsioni dell’ufficio studi della Confcommercio contenute nel rapporto “Il ritorno dell’incertezza e il ruolo del credito bancario” presentato al forum di Cernobbio, nel 2017 la crescita dell’economia italiana prosegue allo stesso ritmo dell’anno scorso, rallentando però il passo nel 2018.
Secondo le stime, quest’anno il Pil dovrebbe aumentare dell’1,1%, in linea con il +1% del 2016, mentre nel 2018 ci sarà un rallentamento a +0,8%. Nelle stime diffuse a ottobre veniva indicato invece un +1% per il 2017 e un +1,2% per il 2018.
“In virtù degli incentivi e delle agevolazioni – si legge nel report – nel 2017 gli investimenti crescerebbero più o meno come nel 2016, al 2,7%, e il contributo della domanda estera (esportazioni meno importazioni) sarebbe positivo”. L’anno prossimo poi gli investimenti dovrebbero rallentare, con un aumento del 2,1%.
Inoltre, l’ufficio studi di Confcommercio rileva che l’Italia è agli ultimi posti in Europa nella classifica della crescita del Pil e degli investimenti. Nell’analisi sono considerati gli aumenti sia del Pil sia degli investimenti produttivi (in termini reali) a partire dal secondo trimestre 2014. Su 27 paesi l’Italia è “al 26esimo posto in termini di crescita del Pil (e anche come intensità della crescita i numeri sono impietosi)”.
“Proiettando la classifica fino al 2018 – continua il rapporto- se la Grecia dovesse crescere come ipotizzato dal Fondo Monetario, scenderemmo di un gradino, al 27esimo posto su 27 paesi”.
“Di fatto – aggiunge l’ufficio studi – la crescita è stata assai modesta e le prospettive appaiono preoccupanti anche in ragione della caduta quasi verticale degli investimenti a partire dal primo trimestre del 2007: su 26 paesi oggi l’Italia si colloca al 20esimo posto e in questa posizione rimarrebbe fino alla fine del 2018. Non c’è dubbio, che un impatto negativo su queste dinamiche lo ha avuto la caduta del credito”.
Consumi in frenata, con le famiglie prudenti e più propense al risparmio. “I consumi – afferma l’ufficio studi -, già in rallentamento nell’ultima parte del 2016, confermerebbero la tendenza nell’anno in corso esibendo una crescita attenuata (+0,8%, contro il +1,4% del 2016), perdurando un atteggiamento prudente da parte delle famiglie, che si concretizzerebbe in un incremento della propensione al risparmio”. Nel 2018 l’aumento dei consumi dovrebbe rimanere stabile, con un +0,7%.
“Sotto questo profilo l’incertezza gioca un ruolo rilevante – continua -, come testimoniato dalla caduta della fiducia che è proseguita fino al mese scorso, caduta sostanzialmente avviatasi all’inizio del 2016. Pur in presenza di alcune condizioni decisamente favorevoli (nel 2016 tra bonus, crescita dell’occupazione, contributo dei consumi turistici e inflazione zero, il reddito disponibile è cresciuto molto più dei consumi, al 2% in termini reali) la scarsa fiducia ha spinto al ribasso la propensione al consumo, così che sarà impossibile, nel biennio 2017-2018, replicare il buon risultato di +1,4% segnato l’anno scorso”.
Secondo Confcommercio, le conseguenze di questo quadro “si manifesteranno in questo 2017, con il rallentamento dell’occupazione (solo +0,6%) e la ripresa dell’inflazione che, essendo importata, ridurrà il potere d’acquisto delle famiglie”.
“Inoltre – sottolinea l’ufficio studi – non si ridurrà, per l’azione disorganica, discontinua e, soprattutto, inferiore agli appostamenti di bilancio della spending review, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi in rapporto al Pil, così come tenderà a dilatarsi ulteriormente il rapporto debito-Pil rispetto al 2016 (al 133,1% nel 2017 e al 132,9% nel 2018), nonostante la pressione fiscale resti purtroppo ancorata alla soglia del 43% anche nel biennio 2017-2018”.
Dunque, l’incertezza sul futuro torna a condizionare negativamente l’economia, frenando la crescita e sottraendo ricchezza. Sono molti infatti “gli elementi d’incertezza che permangono” e “l’incertezza è una condizione contro la quale l’unica ricetta è attendere, posticipando le decisioni. Ciò fa perdere ricchezza, comunque si evolva lo scenario”, condizionato “anche dalle dinamiche del credito bancario, fattore di cruciale importanza nel determinare il rilancio della crescita o la sua ennesima ritirata”.
L’incertezza, secondo il dossier, “derivante sia dal contesto esterno, per il susseguirsi nei prossimi mesi di consultazioni elettorali in molti importanti paesi europei, sia dal contesto interno in relazione alla mutevolezza di regole e legislazione, deprime gli investimenti produttivi e la propensione al consumo”.
Riemergono così, sottolinea la Confcommercio, “tutte le fragilità strutturali della nostra economia, sintetizzate in termini monetari dalla persistenza di un elevato debito pubblico in assoluto e in percentuale del Pil.
Del resto, il debito pubblico è la pesante eredità di un sistema che ha speso e spende, anche per nobili motivi, e spreca, per motivi meno nobili, ma che comunque non è in grado di generare le risorse per sostenere quelle spese e quegli sprechi”.
“E dunque – sottolinea l’ufficio studi – all’esaurirsi del programma di acquisti di titoli del Quantitative easing nel 2018, i rendimenti dei nostri titoli potrebbero crescere significativamente, mettendo in discussione l’evoluzione programmata della finanza pubblica e dell’economia italiana nel complesso”.
Continua a pesare, poi, “il rischio di attivazione delle clausole di salvaguardia, con gli incrementi delle aliquote Iva (19,5 miliardi di euro a partire dal primo gennaio 2018) che immaginiamo verranno neutralizzate espandendo, come negli ultimi due anni, il deficit rispetto alla sua dinamica tendenziale.
Questo ricorso al deficit sarebbe limitato al 50%, forse 60% delle clausole, spostando il disavanzo dall’1,2% in termini tendenziali”.
“Appare dunque evidente – conclude la Confcommercio – quanto le prospettive economiche appaiano problematiche”.