Qualcuno ricorderà le lenzuola appese ai balconi all’inizio della pandemia “Andrà tutto bene…”
Non è stato così purtroppo, alla pandemia si è aggiunta, in Europa, una guerra che non durerà poco tempo e i cui effetti si protrarranno per molti anni. Inoltre quegli equilibri geopolitici, che avevano consentito una fase di sviluppo mondiale (la globalizzazione da tanti vituperata) si modificheranno drasticamente e non in meglio. L’inflazione e la scarsità delle materie prime, sono solo alcuni aspetti di un mondo che si sta vieppiù restringendo e questo non è un bene per nessuno. Tuttavia è con questo nuovo scenario, prossimo venturo, che le parti sociali, in Italia dovranno confrontarsi. Dovranno decidere quale strada imboccare. La scelta peggiore sarebbe quella di non considerare le nuove variabili in gioco e di non valutare un contesto che è cambiato significativamente.
Tanto per chiarire: qualcuno ancora pensa che se fossimo usciti dall’Euro e dalla UE avremmo avuto un radioso futuro? Secondariamente si pensa davvero possibile contrastare le ragioni profonde di questi nuovi squilibri agendo solo su scala nazionale? Mi riferisco ad esempio alle politiche industriali in fatto di armamenti o di componenti strategici, come batterie e semiconduttori etc. etc. che non possono che essere collocati in una dimensione almeno europea. Per non parlare degli approvvigionamenti in materia di energia. Insomma è in questo nuovo contesto che andrà collocata l’evoluzione della dialettica sociale e con essa un nuovo paradigma di Relazioni Industriali.
Lo stesso dibattito sulla politica dei redditi e sulla salvaguardia del potere d’acquisto dei lavoratori, a fronte di un fenomeno inflazionistico di questa natura, non può essere affrontato con gli strumenti tradizionali che hanno caratterizzato il passato contrattuale.
Anche solo per quel che riguarda la tutela dei salari, è del tutto evidente che la stessa non potrà mai essere garantita da una semplice rincorsa rivendicativa. Né la parte datoriale può, realisticamente, pensare che, in assenza di un chiaro e nuovo quadro di riferimento, la tensione sui salari si esaurisca senza alcuna conseguenza.
Insomma varrebbe davvero la pena di provare a intraprendere nuove strade.
Nei giorni scorsi mi ha colpito la scelta compiuta dal sindacato tedesco dei chimici che, a fronte di una nuova stagione di rinnovi contrattuali, ha pattuito l’erogazione di una “Una Tantum” pari a 1400 euro, per tamponare la perdita di potere di acquisto dei salari, senza introdurre pericolosi effetti di trascinamento sul costo del lavoro.
Si può condividere o meno questa soluzione, ma non si può non osservare che questa scelta scaturisce da un solido sistema relazionale che, con il necessario pragmatismo, ha indicato una rapida seppur parziale risposta ad una emergenza inflazionistica.
Anche volendo solo seguire questa suggestione forse una soluzione di questo tipo, temporanea ovviamente, ma non per questo meno efficace; magari sorretta da una scelta drastica di totale defiscalizzazione e decontribuzione di una somma che potrebbe arrivare fino ad un massimo di 2000 euro, costituirebbe una opportuna boccata d’ossigeno per retribuzioni che altrimenti si vedrebbero fortemente penalizzate.
Aggiungo che un intervento cosi fatto non avrebbe alcun trascinamento sul costo del lavoro, né alcun impatto sulla finanza pubblica. Si tratta infatti di considerare questa somma “una tantum” del tutto scollegata dall’attuale struttura retributiva e fiscale e, solo orientata a sostenere, temporaneamente e parzialmente, il potere d’acquisto di larga parte dei lavoratori dipendenti.
Questa rappresenterebbe solo una parte di una più vasta ridefinizione di una politica concertativa, coerente con la nuova situazione in essere. Il resto spetta al coraggio delle Parti Sociali se vorranno imboccare strade innovative ed evitare di incagliarsi in trappole ideologiche.
Luigi Marelli