Tutto il paese è stato a tuonare giorni e giorni contro l’ardire dei francesi della Lactalis che volevano prendersi, naturalmente per un tozzo di pane, la Parmalat. Il ministro dell’Economia ha messo a punto un progetto per difendere l’italianità delle aziende strategiche italiane. Il vertice italo-francese è stata l’occasione per inveire contro Berlusconi che non aveva difeso l’azienda di Collecchio dalle mani avide di Sarkozy. Insomma un gran daffare per cercare di frenare quello che si temeva fosse l’avvio di un esodo delle nostre migliori aziende verso le fertili terre d’oltralpe.
Per capirne qualcosa di più siamo andati a chiedere ai sindacati di settore cosa ne pensavano, quale fosse il loro punto di vista sull’intero affaire, e la sorpresa è stata forte quando ci siamo accorti che a loro l’arrivo dei francesi non solo non era sgradito, al contrario sembrava una cosa ghiotta, da non perdere. Un giudizio dettato da una osservazione molto semplice, che la Parmalat non aveva una strategia degna di questo nome, faticava a stare sul mercato senza una bussola, mentre al contrario la Lactalis aveva tutte le carte per assicurare una buona tenuta, assicurando il rilancio dell’azienda, ma anche la certezza che la Parmalat continuerà ad approvvigionarsi di latte italiano e manterrà i livelli occupazionali.
Insomma, era un affare, di più, un’occasione da non farsi sfuggire. L’ennesima riprova della limitatezza di chi ci governa, che, prima di partire nella fantasiosa costruzione di una cordata italiana che “salvasse” la Parmalat, forse doveva assicurarsi che questa azienda fosse effettivamente da salvare dal baratro nel quale stava cadendo.
Certo, nessuno mette in dubbio che sarebbe stato meglio per tanti motivi se si fosse presentato un imprenditore italiano a rilevare l’azienda, ma, come ha sottolineato Tiziana Bocchi nell’intervista che ci ha rilasciato, nessun imprenditore italiano si è presentato e solo dopo l’arrivo di Lactalis è stato possibile mettere insieme una cordata nazionale, peraltro guidata e sorretta dalla Cassa depositi e prestiti, ossia dalla mano pubblica, e comunque travolta dall’Opa lanciata dall’azienda francese.
Nessuno vuole parlare male delle nostre imprese, tanto meno di quelle centinaia di medio grandi imprese che hanno tenuto il timone fermo nella crisi dalla quale stentiamo a uscire e hanno consentito la ripresa di un flusso esportativo capace di dare risultati, anche occupazionali. Ma è un dato di fatto che il nostro sistema industriale soffra delle limitate dimensioni della grandissima parte delle nostre aziende. E, se si eslcudono appunto quelle centinaia di medio aziende che già esistono, non ci sono le premesse, né economiche, né purtroppo umane in grado di assicurare la tenuta dell’imprenditorialità così come sarebbe necessario. E allora è meglio seguire il consiglio di Fabrizio Onida che dalle colonne de Il sole 24 ore ricorda come quando non si è in grado di battere gli avversari, è meglio unirsi a loro.
MASSIMO MASCINI