(Dal Resoconto Sommario)
267a Seduta
Presidenza del Presidente
ZANOLETTI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Sacconi.
La seduta inizia alle ore 15,10.
IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante: “Disposizioni correttive del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro” (n. 387)
(Parere al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 7 della legge 14 febbraio 2003, n. 30. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Si riprende l’esame del provvedimento in titolo, sospeso nella seduta di ieri.
Il PRESIDENTE ricorda che nella scorsa seduta si è conclusa la discussione sullo schema di decreto in titolo, e invita quindi il relatore ad illustrare lo schema di parere dallo stesso predisposto.
Il relatore TOFANI (AN) illustra uno schema di parere favorevole con osservazioni, il cui testo è pubblicato in allegato al resoconto sommario della seduta odierna.
Il senatore TREU (Mar-DL-U) propone, riguardo al requisito di rappresentatività delle organizzazioni alle quali aderiscano associazioni di datori e prestatori autorizzate allo svolgimento di attività di intermediazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame, che lo stesso venga riferito esclusivamente all’ambito nazionale. Invita pertanto il relatore a riformulare, per questa parte, lo schema di parere precedentemente illustrato.
Poiché già nel decreto legislativo n. 276 sono previsti, in generale, requisiti non eccessivamente severi per il conseguimento dell’autorizzazione a svolgere attività di intermediazione del lavoro, la parte dello schema di parere che sollecita un regime autorizzatorio agevolato per i gestori di siti internet e di editoria elettronica risulta del tutto incongrua, poiché tratta una materia non affrontata nel corso della discussione e che esula del tutto dal contenuto del provvedimento all’esame.
Riguardo all’articolo 11 dello schema di decreto, relativo alla materia delle transazioni, va rilevato che pur essendo condivisibile la finalità sottesa allo stesso, esplicitata dal sottosegretario Sacconi nella seduta di ieri, risulta tuttavia impropria l’estensione della facoltà di rinuncia e di transazione anche ai diritti del prestatore di lavoro – inerenti a un rapporto di lavoro già in essere – derivanti da norme inderogabili. Il riferimento alla certificazione del rapporto di lavoro, contenuto nel sopracitato articolo 11, non espleta un’adeguata garanzia in relazione ai profili evidenziati, e pertanto sarebbe opportuno integrare lo schema di parere con l’invito ad inserire, al predetto articolo, un esplicito riferimento all’articolo 2113 del Codice civile.
L’articolo 10, che detta una disciplina transitoria del contratto di formazione e lavoro, andrebbe poi riformulato, al fine di identificare con maggiore puntualità le condizioni richieste per l’attribuzione dei benefici economici previsti per i contratti di formazione lavoro: se da una parte il requisito riguardante la data della stipula del contratto appare inequivocabile, risulta al contrario poco chiaro, e suscettibile di dare luogo a notevoli difficoltà in sede di applicazione, il parametro relativo ai progetti autorizzati entro il 23 ottobre 2003, contenuto nella norma in questione.
Il sottosegretario SACCONI prende quindi la parola precisando che l’estensione di un regime autorizzatorio agevolato anche per i gestori di siti Internet e di editoria elettronica, che curino l’inserzione di offerte di lavoro ovvero di annunci relativi alla selezione del personale, costituisce una misura congrua ed opportuna, essendo finalizzata da una parte ad incentivare il fenomeno in questione, in grado di esplicare effetti positivi per il mercato del lavoro, dall’altra a superare la situazione di assenza di regole attualmente sussistente, che impedisce la repressione di forme di intermediazione di dubbia liceità, poste in essere attraverso strumenti informatici. Il Governo, dopo un non facile confronto con gli editori, ha già individuato attraverso un’apposita circolare una adeguata soluzione ai profili problematici in questione, e ritiene comunque che occorra prefigurare un regime autorizzatorio agevolato che consenta agli editori elettronici operanti nel settore di regolarizzare la propria posizione, relativamente alle attività di intermediazione svolta dagli stessi.
Il senatore VIVIANI (DS-U), dopo aver dichiarato di condividere le proposte di riformulazione dello schema di parere prospettate dal senatore Treu, evidenzia che l’inclusione delle associazioni sindacali nell’ambito dei soggetti autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione comporta un vero e proprio stravolgimento della natura di tali organizzazioni e del loro rapporto con le istituzioni: pertanto, a suo avviso, l’intera materia andrebbe riconsiderata molto attentamente.
Malgrado i chiarimenti forniti dal Sottosegretario nella seduta di ieri, permangono poco chiare le ragioni che sono alla base dell’articolo 2 dello schema di decreto legislativo all’esame: poiché l’importo dei contributi da versare per la formazione professionale è fissato tassativamente dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 276, la clausola di salvaguardia delle intese precedentemente stipulate risulta orientata nell’ottica della garanzia di una condizione di miglior favore per il datore di lavoro anziché, come dovrebbe essere, per il prestatore.
All’articolo 7 si prevedono poi le sanzioni per i casi di inadempimento nell’erogazione della formazione, circoscrivendo tuttavia le stesse alle sole ipotesi in cui tale responsabilità risulti imputabile esclusivamente al datore di lavoro e rendendo quindi possibile l’elusione della disciplina inerente agli obblighi formativi nei casi in cui si raggiunga un accordo in tal senso tra le parti. Questo profilo potrebbe essere incluso nel parere che la Commissione si accinge a varare.
Riguardo all’articolo 12, relativo alla disciplina del lavoro accessorio, si ravvisa un’impostazione di fondo incentrata su forme di sperimentalità che non sono previste dalla disciplina di cui alla legge delega: quest’ultima, infatti, introduce l’istituto in esame, senza alcun riferimento al carattere sperimentale dello stesso. Sempre riguardo al lavoro accessorio, occorrerebbe integrare la disposizione all’esame, prevedendo che il decreto ministeriale per la definizione del valore nominale dei buoni per tali tipologie di prestazioni lavorative venga adottato previa intesa con le parti sociali.
Infine l’articolo 14, che abroga espressamente l’articolo 11 della legge n. 25 del 1955, relativo ai doveri del datore di lavoro nell’ambito del rapporto di apprendistato, risulta del tutto inopportuno e costituisce altresì una involuzione rispetto alla disciplina vigente. Tale articolo non dovrebbe pertanto figurare nel testo definitivo dello schema all’esame.
La senatrice PILONI (DS-U) prospetta la necessità di eliminare dallo schema di parere illustrato dal senatore Tofani il riferimento al regime autorizzatorio agevolato per l’editoria elettronica, risultando lo stesso del tutto estraneo rispetto allo schema di decreto in titolo.
Il relatore TOFANI (AN) interviene quindi sulle proposte di integrazione e modifica dello schema di parere da lui predisposto, avanzate dai senatori intervenuti: riguardo al problema inerente all’inclusione delle organizzazioni sindacali tra i soggetti autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione, sollevato dal senatore Viviani, rileva che tale profilo investe direttamente l’impostazione complessiva della riforma del mercato del lavoro varata lo scorso anno dalle Camere, e, per questo aspetto, esula dalla discussione odierna, che ha ad oggetto alcune modifiche al decreto legislativo n. 276. Peraltro, le organizzazioni sindacali non hanno alcun obbligo di espletare siffatto compito, essendo riconosciuta alle stesse una mera facoltà di svolgimento di tale attività.
Molti dei rilievi emersi nel corso del dibattito sono stati recepiti nell’ambito dello schema di parere precedentemente illustrato, che peraltro il relatore accetta di integrare, come proposto dal senatore Treu, con uno specifico riferimento – relativamente all’osservazione riguardante l’articolo 11 – alla disciplina di cui all’articolo 2113 del Codice civile.
Riguardo ai profili attinenti al regime autorizzatorio agevolato per i gestori di siti internet, pur essendo comprensibili talune perplessità espresse nel corso della discussione, non sembra tuttavia opportuno eliminare tale osservazione dallo schema di parere, in ossequio ad un’esigenza di completezza.
Il sottosegretario SACCONI condivide la proposta di introdurre un rinvio all’articolo 2113 del Codice civile nell’ambito dell’articolo 11 dello schema di decreto in titolo. Riguardo al problema del regime autorizzatorio agevolato per i gestori dei siti internet, precisa quindi che, in base ad un’interpretazione restrittiva del decreto legislativo n. 276 del 2003, si potrebbe ritenere vietata tale attività, che risulta invece rilevante per lo sviluppo del mercato del lavoro. Di conseguenza, al Governo appare opportuno stimolare ed incentivare tale importante funzione svolta dall’editoria elettronica, inquadrando tuttavia la stessa in una prospettiva di regolamentazione, volta a precludere eventuali abusi e fenomeni di caporalato.
Il senatore BATTAFARANO (DS-U) chiarisce che, pur considerando meritevole di approfondimento la tematica inerente alla disciplina dell’attività di intermediazione svolta dai gestori di siti internet, ritiene tuttavia inopportuno affrontare la stessa nell’ambito dello schema di parere in questione, poiché non vi è alcun riferimento a tale nodo problematico né nella legge delega, né nello schema di decreto correttivo in esame.
Il senatore MONTAGNINO (Mar-DL-U) propone di modificare, sul punto in discussione, lo schema di parere predisposto al relatore, inserendo una raccomandazione al Governo, affinché, con una propria distinta ed ulteriore iniziativa legislativa, detti la disciplina di un regime autorizzatorio agevolato per i titolari di siti internet.
Il sottosegretario SACCONI dichiara di non condividere la proposta del senatore Montagnino, in quanto le uniche soluzione alternative possibili sono l’inserimento nello schema di decreto in esame di una disciplina inerente ai gestori dei siti internet – auspicato dal Governo e ritenuto dallo stesso legittimo alla luce della circostanza che la materia in questione non risulta del tutto estranea al testo normativo in esame, nel quale viene comunque trattata la materia delle autorizzazioni agevolate – oppure, viceversa, la soppressione dell’osservazione contenuta nello schema di parere, scelta che il Governo non condividerebbe. Appare invece del tutto inopportuno prefigurare l’adozione di ulteriori iniziativa legislative nell’ambito dello schema di parere relativo inerente allo schema di decreto n. 387.
Il RELATORE dichiara di integrare lo schema di parere precedentemente illustrato, con la sostituzione, nel punto relativo all’articolo 11, primo periodo, delle parole “se siano” con le altre “che sono” e con l’inserimento, alla fine dello stesso periodo, delle parole: “coerentemente con la disciplina di cui all’articolo 2113 del Codice civile”. Per le restanti parti, pur apprezzando il tentativo del senatore Montagnino, di individuare una soluzione condivisa sulla questione del regime autorizzatorio per i gestori di siti internet, dichiara di mantenere la versione dello schema di parere originariamente illustrata.
Il senatore BATTAFARANO (DS-U) fa presente che i senatori dei Gruppi politici di opposizione abbandoneranno i lavori per protesta, qualora si voglia mantenere nell’ambito dello schema di parere il riferimento al regime autorizzatorio agevolato per i gestori dei siti internet. Ritiene infatti incomprensibile l’assunzione di una posizione rigida, soprattutto da parte del rappresentante del Governo, relativamente al mantenimento di un punto che risulta del tutto estraneo alla disciplina contemplata nello schema di decreto in titolo.
Il PRESIDENTE, preso atto della dichiarazione del senatore Battafarano, propone di sopprimere dallo schema di parere predisposto dal relatore il riferimento al regime autorizzatorio agevolato per l’editoria elettronica e, considerato che non vi sono obiezioni in ordine a tale proposta, previa verifica del numero legale, pone ai voti lo schema di parere favorevole con osservazioni, nella nuova versione, integrata dal già ricordato riferimento all’articolo 2113 del Codice civile e priva dell’osservazione riguardante il regime autorizzatorio agevolato per i gestori di siti internet.
La Commissione approva.
SCONVOCAZIONE DELLA SEDUTA DI GIOVEDI’ 29 LUGLIO
Il PRESIDENTE avverte che è esaurita la trattazione degli argomenti iscritti all’ordine del giorno della Commissione per la corrente settimana. Pertanto, la seduta della Commissione già convocata per domani, giovedì 29 luglio, alle ore 14,15 non avrà più luogo.
La seduta termina alle ore 16,15.
La 11a Commissione permanente,
esaminato lo schema di decreto legislativo da emanarsi ai sensi degli articoli da 1 a 7 della legge 23 febbraio 2002, n. 30, recante delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro;
ritenuto che esso dia puntuale e tempestiva applicazione alla legge di delega;
ritenuto, altresì, che il provvedimento contribuirà ad una più efficace attuazione delle misure di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276;
– con riferimento all’articolo 1, comma 2, dello schema, anche in considerazione delle possibili sanzioni penali di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il quale peraltro è novellato dal successivo articolo 3, comma 1, dello schema, occorrerebbe valutare l’esigenza di prevedere una definizione più chiara dell’ambito delle associazioni autorizzate (facendo, se del caso, rinvio ad un’apposita procedura ricognitiva). Si dovrebbe, in ogni caso, chiarire se il requisito di rappresentatività (relativo alle associazioni “aderenti a organizzazioni comparativamente più rappresentative”) sia commisurabile al solo livello nazionale od anche ad ambiti territoriali.
Appare, altresì, opportuno estendere l’ambito dell’autorizzazione alle confederazioni dei datori e dei prestatori di lavoro (in possesso dei suddetti requisiti).
Occorrerebbe, infine, specificare se i soggetti soci (delle eventuali forme societarie ivi contemplate) debbano essere costituiti in via esclusiva o meno dalle medesime associazioni autorizzate (cioè, dalle associazioni “aderenti a organizzazioni comparativamente più rappresentative” e dalle associazioni “che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro”);
– riguardo all’articolo 1, comma 3, dello schema di decreto, occorrerebbe valutare l’esigenza di un coordinamento tra la nuova versione del comma 8 ed il comma 6, il quale ultimo sembrerebbe fare riferimento non solo ai “principi”, ma alle singole norme poste dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 276 (e dai relativi provvedimenti di attuazione).
Inoltre, si rileva che il nuovo testo del comma 8 citato non prevede più una sezione regionale dell’albo, mentre il comma 7 (dello stesso articolo 6 del decreto legislativo n. 276) continua a far riferimento a quest’ultima. Sembra in ogni caso opportuno confermare la previsione della suddetta sezione.
Sotto il profilo formale, appare opportuno richiamare nei commi 7 e 8 summenzionati anche le province autonome;
– sempre con riferimento all’articolo 1 dello schema, si ricorda che, nella sede della Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, l’ANCI e l’UNCEM hanno espresso la richiesta di un’altra novella all’articolo 6 del decreto legislativo n. 276, con la quale si specifichi che l’autorizzazione concerne sia i comuni sia le unioni di comuni e le comunità montane – con esplicita esclusione dei consorzi, esclusione che i richiedenti vorrebbero peraltro estesa a tutti i soggetti autorizzati ai sensi dell’articolo 6 -. Appare opportuno il recepimento di tali indicazioni;
– si invita il Governo a valutare l’esigenza di definire un regime autorizzatorio agevolato anche per i gestori di siti INTERNET e di editoria elettronica che operino mediante l’utilizzo di banche dati e curricula o che curino l’inserzione di offerte di lavoro ovvero di annunci di ricerca e selezione del personale tramite la stampa, INTERNET, televisione o altri mezzi di informazione;
– riguardo alla novella di cui all’articolo 2, sembrerebbe opportuno coordinare le norme in oggetto con quella posta dall’articolo 23, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 276, la quale fa in ogni caso salve le medesime clausole, relativamente al trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dal somministratore;
– con riferimento all’articolo 3, comma 1, si rileva che viene aumentato l’importo base dell’ammenda prevista per l’ipotesi di esercizio (senza relativa autorizzazione) dell’attività di somministrazione, mentre non viene incrementato l’importo base – attualmente identico – dell’ammenda (di cui al comma 2 dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 276) concernente la corrispondente fattispecie di illecito per l’utilizzatore di somministrazione di lavoro (somministrazione sempre operata da soggetto privo della relativa autorizzazione). Appare invece opportuno rivedere anche quest’ultima misura sanzionatoria, al fine di conservare il rapporto di equivalenza tra i due importi base.
Inoltre, occorrerebbe valutare se il recepimento della disciplina di delega – in base alla quale deve essere previsto, in materia di “mediazione privata”, un regime sanzionatorio più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile – implichi la definizione di pene aggravate anche per l’esercizio, in assenza di autorizzazione, di alcune delle attività in esame diverse dall’intermediazione in senso stretto.
Questa esigenza di valutazione sembra sussistere, in particolare, con riferimento al somministratore (privo di autorizzazione), in quanto l’ipotesi di sfruttamento dei minori è prevista come circostanza aggravante (dal citato comma 2 dell’articolo 18 del decreto n. 276) nella corrispondente fattispecie di illecito relativa all’utilizzatore di somministrazione di lavoro (somministrazione sempre operata da soggetto privo della relativa autorizzazione);
– la novella di cui all’articolo 3, comma 3, dello schema estende l’applicazione delle pene “di cui ai commi 1 e 2” dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 276 ai casi di contratto di appalto stipulato in assenza dei requisiti posti dall’articolo 29, comma 1, dello stesso decreto n. 276.
Occorrerebbe, in primo luogo, valutare se sussista l’esigenza di un’analoga estensione anche con riferimento all’istituto del distacco, di cui al successivo articolo 30 del decreto n. 276, nonché se sia opportuno definire, per le medesime due fattispecie dell’appalto e del distacco, una disciplina analoga a quella posta dall’articolo 27 del decreto n. 276 relativamente alla somministrazione irregolare (con la conseguente possibilità di costituire, in caso di violazione della normativa e mediante ricorso giudiziale, un rapporto di lavoro con il soggetto utilizzatore).
Nello specifico, si rileva che mentre è chiaro, per il soggetto utilizzatore, il rinvio alle pene di cui al comma 2, occorrerebbe specificare se, come sembrerebbe, per l’appaltatore, il richiamo si debba intendere posto alle pene previste dal comma 1 (sempre dell’articolo 18) per l’esercizio di somministrazione di lavoro senza autorizzazione. Infatti, il comma 1 – ora novellato dal comma 1 dell’articolo 3 dello schema – presenta diverse fattispecie di illecito e relative pene.
In ogni caso, appare preferibile esplicitare se l’estensione concerna anche la confisca di cui al comma 1 citato – il richiamo non appare al riguardo del tutto chiaro, in quanto la confisca non è una pena in senso proprio, ma una misura di sicurezza patrimoniale -.
Dal punto di vista letterale, sembra opportuna una formulazione diversa da quella proposta, in cui è il “contratto” ad essere “punito” – anziché i soggetti contraenti -;
– sempre in materia sanzionatoria, occorrerebbe novellare anche la rubrica dell’articolo 18 del decreto n. 276, la quale reca “Sanzioni penali”, in quanto il medesimo articolo contiene, come accennato, anche sanzioni amministrative;
– in merito alla summenzionata disciplina del contratto di appalto, di cui all’articolo 29 del decreto n. 276, si invita il Governo a valutare l’esigenza di estendere l’ambito di applicazione della norma sulla responsabilità solidale (del committente e dell’appaltatore, nei confronti del lavoratore), di cui al comma 2 dello stesso articolo 29, anche alle fattispecie di appalto di opera e di escludere, nello stesso comma, i committenti privati che non svolgano abitualmente attività professionale o imprenditoriale;
– riguardo all’articolo 5 e, in particolare, all’obbligo di organizzazione dei servizi ivi contemplati mediante i consulenti del lavoro, si osserva che l’articolo 1, quarto comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, e successive modificazioni, richiamato dalla relazione illustrativa dello schema, prevede, per l’ipotesi in cui le imprese artigiane o le altre piccole imprese (anche quelle costituite in forma di cooperativa) affidino l’esecuzione degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale (relativi ai lavoratori dipendenti) “a servizi o a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria”, che i medesimi “servizi” possano (ma non debbano) essere organizzati per mezzo dei consulenti del lavoro.
Occorrerebbe quindi valutare la congruità dell’indicazione tassativa di cui alla novella, anche alla luce della disciplina generale in materia, di cui all’art. 1, primo comma, della legge n. 12 (quest’ultimo dispone che gli adempimenti in oggetto possano essere curati dal datore – direttamente o tramite propri dipendenti – ovvero affidati a consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali), nonché dell’ordinamento comunitario;
– riguardo agli articoli 7 e 8, si deve ritenere che le norme (ivi stabilite) di esclusione di qualsiasi altra sanzione prevista per il caso di omessa contribuzione siano poste con riferimento alla sola fattispecie dell’inadempimento degli obblighi, rispettivamente, di erogazione della formazione o di attuazione del progetto, ma non valgano per l’ipotesi in cui vi sia altresì un mancato o tardivo pagamento (totale o parziale) dei contributi. Appare opportuna una formulazione più chiara in tal senso.
Si invita inoltre il Governo a valutare se sia più congruo far riferimento – nei due articoli summenzionati – all’inquadramento legale e contrattuale (superiore) che sarebbe raggiunto dal lavoratore al termine, rispettivamente, del periodo di apprendistato o di inserimento;
– in merito all’articolo 9, appare opportuno esplicitare se il richiamo del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione implichi (in base all’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), del medesimo) che l’attribuzione dei benefici contributivi sia subordinata alla condizione che il contratto di inserimento abbia una durata di almeno 12 mesi.
Occorre inoltre correggere la data del suddetto regolamento comunitario, in quanto esso è del 5 dicembre 2002 e non del 12 dicembre (la data del regolamento è stata infatti così rettificata con avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 349 del 24 dicembre 2002);
– nell’articolo 10, occorrerebbe specificare quale legame debba intercorrere (ai fini del beneficio della priorità ivi concesso) tra il contratto di formazione e lavoro ed il contratto d’area o il patto territoriale: se, cioè, si faccia riferimento solo alla condizione che il lavoratore operi nello stesso ambito territoriale dei suddetti strumenti di programmazione oppure si richieda che l’assunzione sia stata effettuata in base ad uno specifico progetto compreso nei medesimi.
Più in generale, sembra necessario chiarire l’applicazione dei criteri di priorità per l’ipotesi in cui essi non consentano una determinazione in termini esatti del contingente di 16.000 unità. Al riguardo, si potrebbe inserire un criterio suppletivo, in base al quale, per esempio, in caso di stipulazione del contratto nello stesso giorno, si faccia riferimento (se necessario, al fine di non superare il limite dei 16.000) alla data di autorizzazione del progetto (prevedendo, quindi, una priorità subordinata per i contratti autorizzati in data antecedente).
Inoltre, bisognerebbe sostituire le locuzioni “vigente alla data di entrata in vigore” e “vigente alla data del 24 ottobre 2003”, adoperate, rispettivamente, dal capoverso 1 e dal capoverso 2, con le seguenti: “vigente prima della data di entrata in vigore” e “vigente prima della data del 24 ottobre 2003”.
Si invita infine il Governo a valutare l’esigenza di porre, ai fini dell’applicazione della disciplina transitoria in esame, un termine finale di stipulazione del contratto di formazione e lavoro più ampio – rispetto a quello del 31 luglio 2004 – anche tenendo conto dei presumibili tempi di entrata in vigore del presente decreto correttivo. In quest’ordine di idee, occorrerebbe valutare anche se sia congruo inserire norme di rimessione in termini per i settori (come quello artigiano) in cui il periodo di validità dell’autorizzazione del progetto (o meglio, della dichiarazione di conformità), ai fini della successiva stipulazione del contratto, sia notevolmente inferiore (rispetto a quello ordinario) e tale da non consentire più, di fatto, la stipulazione medesima;
– riguardo alla novella di cui all’articolo 11, occorrerebbe chiarire (anche alla luce della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell’8 gennaio 2004) se siano in ogni caso escluse le rinunzie e transazioni relative a diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili legislative ovvero di contratto o accordo collettivo. Si segnala inoltre che deve essere richiamato, riguardo alla procedura di certificazione, il Titolo VIII del decreto n. 276 – anziché il Titolo VII – e che la presente novella omette di riportare la rubrica (dell’articolo 68 oggetto della medesima novella);
– con riferimento all’articolo 12, relativo al lavoro accessorio, si osserva che occorrerebbe fare riferimento alle aree metropolitane e non alle città metropolitane, in quanto queste ultime costituiscono (ai sensi della disciplina ordinaria finora vigente) un istituto meramente eventuale e, in generale, non ancora attuato.
Non è inoltre chiaro in base a quali termini e procedure avvenga il passaggio dalla prima fase sperimentale a quella generale e a regime (relativamente al suddetto lavoro accessorio). Tale definizione sembrerebbe necessaria anche in base alla disciplina di delega, la quale ha specificamente previsto l’introduzione dell’istituto in esame.
In merito ai decreti ministeriali di cui ai capoversi 1 e 5, si osserva che non si pongono termini per la relativa emanazione. Inoltre, non si opera più il rinvio al secondo decreto (di cui al capoverso 5) – contrariamente all’attuale versione – per l’individuazione delle rivendite autorizzate alla vendita dei carnet di buoni (rivendite a cui, tuttavia, continua a far riferimento il capoverso 1). Sembrerebbe opportuno definire tali profili.
Più in generale, si invita il Governo a valutare l’esigenza di elevare da 3000 a 5000 euro (sempre nel corso di un anno solare) il limite dei compensi complessivi a cui possono dare luogo le prestazioni di lavoro accessorio;
– nell’articolo 15, comma 1, sembra opportuno esplicitare se i 24 mesi decorrano dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 276. Appare altresì preferibile, nell’occasione della presente novella, introdurre, nel primo periodo dell’articolo 86, comma 1, il riferimento anche ai programmi (e alle relative fasi) – oltre che ai progetti specifici – in conformità con la norma generale sul contratto di lavoro a progetto, di cui all’articolo 61, comma 1, del decreto n. 276;
– con riferimento al comma 2 dell’articolo 15, si rileva che, sotto il profilo tecnico, tale novella dovrebbe far riferimento al decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e non al decreto legislativo n. 276.
Inoltre, si osserva che:
– occorrerebbe sostituire il riferimento alla “concessione edilizia” con la menzione del “permesso di costruire”, in base alla terminologia adoperata dal “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;
– la locuzione “amministrazione concedente” dovrebbe essere riformulata in termini quali, per esempio, “amministrazione competente a rilasciare il permesso di costruire o a ricevere la denuncia di inizio attività”;
– sarebbe preferibile adoperare, nella lettera b-ter), la dizione di “imprese esecutrici” (anziché di “impresa esecutrice”), in conformità con la disciplina di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 494, e successive modificazioni, la quale contempla anche l’ipotesi di una pluralità di imprese esecutrici;
– occorrerebbe correggere l’espressione “titolo abilitativi”;
– nella novella di cui all’articolo 15, comma 3, occorrerebbe chiarire – tenendo anche conto dei profili sanzionatori (ivi richiamati al capoverso 10-ter) – se l’applicazione del capoverso 10-bis sia immediata ovvero se, come sembrerebbe in base alla relazione illustrativa dello schema, sia contestuale a quella della nuova disciplina generale (relativa alle comunicazioni in oggetto). Inoltre, è forse da valutare se la novella di cui al capoverso 10-bis rientri nell’ambito della disciplina di delega, la quale parrebbe concernere, per il collocamento pubblico, solo la definizione di un nuovo apparato sanzionatorio e l’abrogazione esplicita delle norme non più vigenti.
Sembrerebbe in ogni caso opportuno che la norma in esame sia posta in forma di novella dell’articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni.
La 11a Commissione permanente,
esaminato lo schema di decreto legislativo da emanarsi ai sensi degli articoli da 1 a 7 della legge 23 febbraio 2002, n. 30, recante delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro;
ritenuto che esso dia puntuale e tempestiva applicazione alla legge di delega;
ritenuto, altresì, che il provvedimento contribuirà ad una più efficace attuazione delle misure di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276;
– con riferimento all’articolo 1, comma 2, dello schema, anche in considerazione delle possibili sanzioni penali di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il quale peraltro è novellato dal successivo articolo 3, comma 1, dello schema, occorrerebbe valutare l’esigenza di prevedere una definizione più chiara dell’ambito delle associazioni autorizzate (facendo, se del caso, rinvio ad un’apposita procedura ricognitiva). Si dovrebbe, in ogni caso, chiarire se il requisito di rappresentatività (relativo alle associazioni “aderenti a organizzazioni comparativamente più rappresentative”) sia commisurabile al solo livello nazionale od anche ad ambiti territoriali.
Appare, altresì, opportuno estendere l’ambito dell’autorizzazione alle confederazioni dei datori e dei prestatori di lavoro (in possesso dei suddetti requisiti).
Occorrerebbe, infine, specificare se i soggetti soci (delle eventuali forme societarie ivi contemplate) debbano essere costituiti in via esclusiva o meno dalle medesime associazioni autorizzate (cioè, dalle associazioni “aderenti a organizzazioni comparativamente più rappresentative” e dalle associazioni “che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro”);
– riguardo all’articolo 1, comma 3, dello schema di decreto, occorrerebbe valutare l’esigenza di un coordinamento tra la nuova versione del comma 8 ed il comma 6, il quale ultimo sembrerebbe fare riferimento non solo ai “principi”, ma alle singole norme poste dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 276 (e dai relativi provvedimenti di attuazione).
Inoltre, si rileva che il nuovo testo del comma 8 citato non prevede più una sezione regionale dell’albo, mentre il comma 7 (dello stesso articolo 6 del decreto legislativo n. 276) continua a far riferimento a quest’ultima. Sembra in ogni caso opportuno confermare la previsione della suddetta sezione.
Sotto il profilo formale, appare opportuno richiamare nei commi 7 e 8 summenzionati anche le province autonome;
– sempre con riferimento all’articolo 1 dello schema, si ricorda che, nella sede della Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, l’ANCI e l’UNCEM hanno espresso la richiesta di un’altra novella all’articolo 6 del decreto legislativo n. 276, con la quale si specifichi che l’autorizzazione concerne sia i comuni sia le unioni di comuni e le comunità montane – con esplicita esclusione dei consorzi, esclusione che i richiedenti vorrebbero peraltro estesa a tutti i soggetti autorizzati ai sensi dell’articolo 6 -. Appare opportuno il recepimento di tali indicazioni;
– riguardo alla novella di cui all’articolo 2, sembrerebbe opportuno coordinare le norme in oggetto con quella posta dall’articolo 23, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 276, la quale fa in ogni caso salve le medesime clausole, relativamente al trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dal somministratore;
– con riferimento all’articolo 3, comma 1, si rileva che viene aumentato l’importo base dell’ammenda prevista per l’ipotesi di esercizio (senza relativa autorizzazione) dell’attività di somministrazione, mentre non viene incrementato l’importo base – attualmente identico – dell’ammenda (di cui al comma 2 dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 276) concernente la corrispondente fattispecie di illecito per l’utilizzatore di somministrazione di lavoro (somministrazione sempre operata da soggetto privo della relativa autorizzazione). Appare invece opportuno rivedere anche quest’ultima misura sanzionatoria, al fine di conservare il rapporto di equivalenza tra i due importi base.
Inoltre, occorrerebbe valutare se il recepimento della disciplina di delega – in base alla quale deve essere previsto, in materia di “mediazione privata”, un regime sanzionatorio più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile – implichi la definizione di pene aggravate anche per l’esercizio, in assenza di autorizzazione, di alcune delle attività in esame diverse dall’intermediazione in senso stretto.
Questa esigenza di valutazione sembra sussistere, in particolare, con riferimento al somministratore (privo di autorizzazione), in quanto l’ipotesi di sfruttamento dei minori è prevista come circostanza aggravante (dal citato comma 2 dell’articolo 18 del decreto n. 276) nella corrispondente fattispecie di illecito relativa all’utilizzatore di somministrazione di lavoro (somministrazione sempre operata da soggetto privo della relativa autorizzazione);
– la novella di cui all’articolo 3, comma 3, dello schema estende l’applicazione delle pene “di cui ai commi 1 e 2” dell’articolo 18 del decreto legislativo n. 276 ai casi di contratto di appalto stipulato in assenza dei requisiti posti dall’articolo 29, comma 1, dello stesso decreto n. 276.
Occorrerebbe, in primo luogo, valutare se sussista l’esigenza di un’analoga estensione anche con riferimento all’istituto del distacco, di cui al successivo articolo 30 del decreto n. 276, nonché se sia opportuno definire, per le medesime due fattispecie dell’appalto e del distacco, una disciplina analoga a quella posta dall’articolo 27 del decreto n. 276 relativamente alla somministrazione irregolare (con la conseguente possibilità di costituire, in caso di violazione della normativa e mediante ricorso giudiziale, un rapporto di lavoro con il soggetto utilizzatore).
Nello specifico, si rileva che mentre è chiaro, per il soggetto utilizzatore, il rinvio alle pene di cui al comma 2, occorrerebbe specificare se, come sembrerebbe, per l’appaltatore, il richiamo si debba intendere posto alle pene previste dal comma 1 (sempre dell’articolo 18) per l’esercizio di somministrazione di lavoro senza autorizzazione. Infatti, il comma 1 – ora novellato dal comma 1 dell’articolo 3 dello schema – presenta diverse fattispecie di illecito e relative pene.
In ogni caso, appare preferibile esplicitare se l’estensione concerna anche la confisca di cui al comma 1 citato – il richiamo non appare al riguardo del tutto chiaro, in quanto la confisca non è una pena in senso proprio, ma una misura di sicurezza patrimoniale -.
Dal punto di vista letterale, sembra opportuna una formulazione diversa da quella proposta, in cui è il “contratto” ad essere “punito” – anziché i soggetti contraenti -;
– sempre in materia sanzionatoria, occorrerebbe novellare anche la rubrica dell’articolo 18 del decreto n. 276, la quale reca “Sanzioni penali”, in quanto il medesimo articolo contiene, come accennato, anche sanzioni amministrative;
– in merito alla summenzionata disciplina del contratto di appalto, di cui all’articolo 29 del decreto n. 276, si invita il Governo a valutare l’esigenza di estendere l’ambito di applicazione della norma sulla responsabilità solidale (del committente e dell’appaltatore, nei confronti del lavoratore), di cui al comma 2 dello stesso articolo 29, anche alle fattispecie di appalto di opera e di escludere, nello stesso comma, i committenti privati che non svolgano abitualmente attività professionale o imprenditoriale;
– riguardo all’articolo 5 e, in particolare, all’obbligo di organizzazione dei servizi ivi contemplati mediante i consulenti del lavoro, si osserva che l’articolo 1, quarto comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, e successive modificazioni, richiamato dalla relazione illustrativa dello schema, prevede, per l’ipotesi in cui le imprese artigiane o le altre piccole imprese (anche quelle costituite in forma di cooperativa) affidino l’esecuzione degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale (relativi ai lavoratori dipendenti) “a servizi o a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria”, che i medesimi “servizi” possano (ma non debbano) essere organizzati per mezzo dei consulenti del lavoro.
Occorrerebbe quindi valutare la congruità dell’indicazione tassativa di cui alla novella, anche alla luce della disciplina generale in materia, di cui all’art. 1, primo comma, della legge n. 12 (quest’ultimo dispone che gli adempimenti in oggetto possano essere curati dal datore – direttamente o tramite propri dipendenti – ovvero affidati a consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali), nonché dell’ordinamento comunitario;
– riguardo agli articoli 7 e 8, si deve ritenere che le norme (ivi stabilite) di esclusione di qualsiasi altra sanzione prevista per il caso di omessa contribuzione siano poste con riferimento alla sola fattispecie dell’inadempimento degli obblighi, rispettivamente, di erogazione della formazione o di attuazione del progetto, ma non valgano per l’ipotesi in cui vi sia altresì un mancato o tardivo pagamento (totale o parziale) dei contributi. Appare opportuna una formulazione più chiara in tal senso.
Si invita inoltre il Governo a valutare se sia più congruo far riferimento – nei due articoli summenzionati – all’inquadramento legale e contrattuale (superiore) che sarebbe raggiunto dal lavoratore al termine, rispettivamente, del periodo di apprendistato o di inserimento;
– in merito all’articolo 9, appare opportuno esplicitare se il richiamo del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione implichi (in base all’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), del medesimo) che l’attribuzione dei benefici contributivi sia subordinata alla condizione che il contratto di inserimento abbia una durata di almeno 12 mesi.
Occorre inoltre correggere la data del suddetto regolamento comunitario, in quanto esso è del 5 dicembre 2002 e non del 12 dicembre (la data del regolamento è stata infatti così rettificata con avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 349 del 24 dicembre 2002);
– nell’articolo 10, occorrerebbe specificare quale legame debba intercorrere (ai fini del beneficio della priorità ivi concesso) tra il contratto di formazione e lavoro ed il contratto d’area o il patto territoriale: se, cioè, si faccia riferimento solo alla condizione che il lavoratore operi nello stesso ambito territoriale dei suddetti strumenti di programmazione oppure si richieda che l’assunzione sia stata effettuata in base ad uno specifico progetto compreso nei medesimi.
Più in generale, sembra necessario chiarire l’applicazione dei criteri di priorità per l’ipotesi in cui essi non consentano una determinazione in termini esatti del contingente di 16.000 unità. Al riguardo, si potrebbe inserire un criterio suppletivo, in base al quale, per esempio, in caso di stipulazione del contratto nello stesso giorno, si faccia riferimento (se necessario, al fine di non superare il limite dei 16.000) alla data di autorizzazione del progetto (prevedendo, quindi, una priorità subordinata per i contratti autorizzati in data antecedente).
Inoltre, bisognerebbe sostituire le locuzioni “vigente alla data di entrata in vigore” e “vigente alla data del 24 ottobre 2003”, adoperate, rispettivamente, dal capoverso 1 e dal capoverso 2, con le seguenti: “vigente prima della data di entrata in vigore” e “vigente prima della data del 24 ottobre 2003”.
Si invita infine il Governo a valutare l’esigenza di porre, ai fini dell’applicazione della disciplina transitoria in esame, un termine finale di stipulazione del contratto di formazione e lavoro più ampio – rispetto a quello del 31 luglio 2004 – anche tenendo conto dei presumibili tempi di entrata in vigore del presente decreto correttivo. In quest’ordine di idee, occorrerebbe valutare anche se sia congruo inserire norme di rimessione in termini per i settori (come quello artigiano) in cui il periodo di validità dell’autorizzazione del progetto (o meglio, della dichiarazione di conformità), ai fini della successiva stipulazione del contratto, sia notevolmente inferiore (rispetto a quello ordinario) e tale da non consentire più, di fatto, la stipulazione medesima;
– riguardo alla novella di cui all’articolo 11, occorrerebbe chiarire (anche alla luce della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell’8 gennaio 2004) che sono in ogni caso escluse le rinunzie e transazioni relative a diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili legislative ovvero di contratto o accordo collettivo, coerentemente con la disciplina di cui all’articolo 2113 del Codice civile. Si segnala inoltre che deve essere richiamato, riguardo alla procedura di certificazione, il Titolo VIII del decreto n. 276 – anziché il Titolo VII – e che la presente novella omette di riportare la rubrica (dell’articolo 68 oggetto della medesima novella);
– con riferimento all’articolo 12, relativo al lavoro accessorio, si osserva che occorrerebbe fare riferimento alle aree metropolitane e non alle città metropolitane, in quanto queste ultime costituiscono (ai sensi della disciplina ordinaria finora vigente) un istituto meramente eventuale e, in generale, non ancora attuato.
Non è inoltre chiaro in base a quali termini e procedure avvenga il passaggio dalla prima fase sperimentale a quella generale e a regime (relativamente al suddetto lavoro accessorio). Tale definizione sembrerebbe necessaria anche in base alla disciplina di delega, la quale ha specificamente previsto l’introduzione dell’istituto in esame.
In merito ai decreti ministeriali di cui ai capoversi 1 e 5, si osserva che non si pongono termini per la relativa emanazione. Inoltre, non si opera più il rinvio al secondo decreto (di cui al capoverso 5) – contrariamente all’attuale versione – per l’individuazione delle rivendite autorizzate alla vendita dei carnet di buoni (rivendite a cui, tuttavia, continua a far riferimento il capoverso 1). Sembrerebbe opportuno definire tali profili.
Più in generale, si invita il Governo a valutare l’esigenza di elevare da 3000 a 5000 euro (sempre nel corso di un anno solare) il limite dei compensi complessivi a cui possono dare luogo le prestazioni di lavoro accessorio;
– nell’articolo 15, comma 1, sembra opportuno esplicitare se i 24 mesi decorrano dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 276. Appare altresì preferibile, nell’occasione della presente novella, introdurre, nel primo periodo dell’articolo 86, comma 1, il riferimento anche ai programmi (e alle relative fasi) – oltre che ai progetti specifici – in conformità con la norma generale sul contratto di lavoro a progetto, di cui all’articolo 61, comma 1, del decreto n. 276;
– con riferimento al comma 2 dell’articolo 15, si rileva che, sotto il profilo tecnico, tale novella dovrebbe far riferimento al decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e non al decreto legislativo n. 276.
Inoltre, si osserva che:
– occorrerebbe sostituire il riferimento alla “concessione edilizia” con la menzione del “permesso di costruire”, in base alla terminologia adoperata dal “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;
– la locuzione “amministrazione concedente” dovrebbe essere riformulata in termini quali, per esempio, “amministrazione competente a rilasciare il permesso di costruire o a ricevere la denuncia di inizio attività”;
– sarebbe preferibile adoperare, nella lettera b-ter), la dizione di “imprese esecutrici” (anziché di “impresa esecutrice”), in conformità con la disciplina di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 494, e successive modificazioni, la quale contempla anche l’ipotesi di una pluralità di imprese esecutrici;
– occorrerebbe correggere l’espressione “titolo abilitativi”;
– nella novella di cui all’articolo 15, comma 3, occorrerebbe chiarire – tenendo anche conto dei profili sanzionatori (ivi richiamati al capoverso 10-ter) – se l’applicazione del capoverso 10-bis sia immediata ovvero se, come sembrerebbe in base alla relazione illustrativa dello schema, sia contestuale a quella della nuova disciplina generale (relativa alle comunicazioni in oggetto). Inoltre, è forse da valutare se la novella di cui al capoverso 10-bis rientri nell’ambito della disciplina di delega, la quale parrebbe concernere, per il collocamento pubblico, solo la definizione di un nuovo apparato sanzionatorio e l’abrogazione esplicita delle norme non più vigenti.
Sembrerebbe in ogni caso opportuno che la norma in esame sia posta in forma di novella dell’articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni.