- Il perché di una ricerca su servizi innovativi e sindacalizzazione
Siamo davvero grati a Mimmo Carrieri per aver acceso su Il Diario del Lavoro, non una, ma due significative luci.
La prima, lo scorso 22 novembre (Forza e limiti dei nuovi servizi collettivizzanti), commentando gli esiti della conferenza finale del progetto BreakBack, un’attività di ricerca internazionale coordinata dalla Cisl nazionale e durata – complice anche la pandemia – quasi tre anni; la seconda, il 7 dicembre, sul rapporto tra sindacato, ricerca e formazione strategica (A che cosa serve la ricerca per il sindacato).
Il secondo saggio di Carrieri ha ripreso un altro tema importante che si intreccia con un ulteriore dibattito svoltosi subito dopo la conferenza finale di BreakBack, sempre presso il Centro Studi Nazionale Cisl, in occasione dei settanta anni di attività della Scuola di formazione sindacale della confederazione di Via Po.
I due argomenti trattati hanno molti punti di collegamento, pur affrontando temi apparentemente diversi: le nuove frontiere della sindacalizzazione e della rappresentanza e l’apporto del mondo della cultura e della ricerca all’azione e alle strategie delle organizzazioni dei lavoratori e alla lettura aggiornata del mondo del lavoro.
Per ragioni di spazio mi concentro, in questo contributo, soprattutto sul tema dei servizi collettivizzanti nel progetto Breakback (“Break up to get back together” – “Rompere per ricostruire insieme…”)
Come ricordato da Carrieri, il progetto si è concentrato sull’erogazione di servizi individuali (“servicing”) come strategia attraverso la quale i sindacati europei si impegnano a mantenere ed ad estendere la propria membership, raggiungendo gruppi e individui che sono spesso esclusi dalla tutela e dalla rappresentanza “tradizionali”.
Ci siamo riferiti soprattutto a coloro che sono comunemente identificati come “vulnerabili”, come i lavoratori delle piattaforme, i lavoratori autonomi o i disoccupati.
BreakBack si è posto tre obiettivi principali.
Il primo: quello di valutare quali strategie sindacati adottano per superare la disaffezione dei lavoratori alla partecipazione attiva nelle pratiche di rappresentanza degli interessi.
Il secondo: raccogliere e descrivere la varietà dei servizi (“innovativi” e tradizionali) forniti dai sindacati in cinque paesi (Belgio, Danimarca, Italia, Lituania e Spagna).
Il terzo: valutare l’efficacia di questa strategia dal punto di vista della “rivitalizzazione” associativa collettiva.
In altre parole, nell’ambito del partenariato che ha coinvolto, oltre alla Cisl e alla Fondazione Tarantelli, la Confederazione Europea dei Sindacati, l’Università di Firenze, l’Università autonoma di Barcellona, l’Università di Copenhagen, il Centro di Ricerche Europeo Diesis, l’Università di Vilnius, ci siamo posti l’intento di analizzare se la fornitura di servizi individuali porti contemporaneamente ad un aumento delle iscrizioni al sindacato e ad una crescita del coinvolgimento dei lavoratori nelle attività sindacali.
Può essere utile ricapitolare brevemente come si è svolto il percorso di ricerca.
Da marzo 2019, i cinque team di ricerca nazionali hanno intrapreso un programma in tre fasi.
Nella prima i ricercatori hanno intervistato 4-5 figure chiave ad alto livello per paese, con l’obiettivo di indagare se i sindacati confederali europei si ponessero un’adeguata strategia di rivitalizzazione associativa e se questa strategia implicasse la fornitura di servizi innovativi.
La seconda fase si è basata su un approccio di studio dei casi con un’analisi approfondita delle attività di tutela individuale, intervistando i sindacalisti che hanno organizzato la fornitura dei servizi e raccogliendo, tramite web survey e focus group le opinioni degli utenti dei servizi stessi.
La terza ha visto confronti nazionali ed europei (Policy Lab) tra ricercatori e sindacalisti, ad ogni livello, per analizzare gli studi di caso nei diversi contesti di riferimento.
- Una breve panoramica
Come è facilmente intuibile, abbiamo incontrato sistemi di relazioni industriali, strategie sindacali e servizi individuali estremamente differenziati.
In alcuni casi, il “servicing” rappresenta una tradizione di lunga data e altamente istituzionalizzata (per esempio, Belgio, Danimarca), in altri è comunque consolidata (Italia, Spagna) in altri ancora, è una caratteristica relativamente nuova (Lituania).
Chiaramente tutti i sistemi nazionali sono in evoluzione.
In Danimarca, per esempio, per contrastare la perdita di iscritti e attrarre nuovi membri, i sindacati hanno ampliato i loro pacchetti di adesione per includere vari servizi che vanno da diversi tipi di assicurazioni all’affitto di case estive. Anche in Belgio, la fornitura di servizi da parte dei sindacati ai membri è un’attività centrale delle organizzazioni dei lavoratori che risale quasi alle origini ed è legata al sistema di Gand.
In Italia, da molto tempo le principali organizzazioni sindacali forniscono a iscritti e cittadini supporto e servizi in diversi campi, come l’assicurazione sociale, l’assistenza fiscale e la protezione dei consumatori.
In modo simile, le due maggiori confederazioni spagnole offrono consulenza legale gratuita su questioni di lavoro, su altri temi come i mutui; e promuovono sconti su una vasta gamma di beni e servizi o prezzi ridotti in ambito alberghiero.
Al contrario, nel caso lituano, paese a bassa sindacalizzazione, la fornitura di servizi per i lavoratori non sembra essere un fenomeno diffuso. Non c’è assistenza legale o fiscale per i free-lance, né altri servizi di consulenza.
In generale, la fornitura di servizi è però ampiamente considerata come un campo strategico per affrontare un rapporto sempre più individualizzato tra lavoratori e sindacati e con una forza lavoro altamente frammentata.
Le interviste ai sindacalisti a livello confederale nazionale hanno mostrato un grado di consapevolezza differenziato.
Da un lato, in alcuni paesi, i servizi sono al centro di una strategia sindacale di cambiamento. E’ il caso del Belgio. I sindacati belgi hanno intrapreso diverse iniziative per offrire nuovi tipi di servizi ai loro membri esistenti – con l’obiettivo di mantenere i membri – ma anche per offrire servizi tradizionali o innovativi a gruppi che erano tipicamente al di fuori del loro campo di applicazione. Si pensi ai lavoratori autonomi e ai lavoratori delle piattaforme.
Nel caso danese, i sindacati hanno adottato una gamma di strategie ed azioni che rientrano in diverse categorie di servizi, dove alcuni riflettono esempi di azioni innovative mentre altri assomigliano ad esempi di servizi sindacali più tradizionali come l’assistenza legale e la consulenza sulla formazione continua e la ricerca di lavoro, realizzati però con metodo rinnovati.
Anche in Italia, l’allargamento dei servizi e la costruzione di dimensioni sindacali innovative appare un aspetto strategico comune alle tre confederazioni, anche se l’enfasi su queste attività e il loro ruolo in relazione alle tendenze degli iscritti sono percepiti in modo diverso e non sempre continuativo.
L’orientamento generale sembra essere quello di rafforzare gli strumenti e gli sportelli esistenti attraverso una maggiore differenziazione, che possa andare incontro a categorie di persone escluse dai servizi stessi; di sviluppare strumenti bilaterali; di fornire risposte innovative per specifiche fasce del mercato del lavoro attraverso iniziative dedicate.
Più tradizionale è, invece, apparso l’approccio ai servizi dei due principali sindacati spagnoli.
- Quale impatto quantitativo e qualitativo sulla sindacalizzazione e sulle trasformazioni della rappresentanza?
Per quanto riguarda i servizi, in particolare quelli innovativi, valutarne l’impatto sul tesseramento non è semplice.
La maggior parte dei servizi innovativi analizzati sono, infatti, sperimentazioni recenti che cercano di raggiungere i lavoratori difficili da sindacalizzare (lavoratori autonomi, lavoratori delle piattaforme, disoccupati, lavoratori altamente qualificati).
Nella maggior parte dei casi i risultati della ricerca indicano un impatto positivo sul tesseramento, anche se è davvero difficile dare una misura adeguata della portata dell’impatto in termini di nuovi iscritti.
In generale, non ci sono molti dati disponibili sui membri che arrivano dai singoli servizi, poiché i sindacati spesso non ne tengono traccia in quanto tali. In alcuni casi, l’adesione è un prerequisito per l’accesso, mentre altre esperienze sono progettate principalmente per raggiungere i non iscritti al sindacato.
Soprattutto per i servizi più tradizionali, l’adesione derivante dalla fornitura di servizi tende ad essere utilitaristica e quindi fluttuante, con un alto numero di disaffiliazioni una volta che le persone hanno risolto il problema per il quale hanno contattato il sindacato.
Nel caso dell’assistenza individuale che abbiamo voluto definire “strategica”, dove i servizi forniti cercano di divenire “collettivizzanti” e portare gli “utenti” ad un grado di maggiore coinvolgimento e partecipazione, un problema riscontrato riguarda l’effettiva capacità di passare dalla ‘semplice’ adesione ad un coinvolgimento più attivo.
Ciò è ancor più vero per i lavoratori freelance, poiché, anche nei casi in cui è stata promossa una comunità, essi tendono a considerarsi più come una comunità professionale destinata a risolvere problemi individuali aziendali o settoriali, o ad aumentare le occasioni di lavoro, piuttosto che una comunità di lavoratori orientata all’azione collettiva solidale.
Va sottolineato, però, che l’efficacia del “servicing” non dovrebbe essere misurata solo in termini di nuove adesioni al sindacato, ma guardando alle molte dimensioni del rapporto tra lavoratori e sindacati.
Il “servicing innovativo” ha, infatti, una funzione aggiuntiva e complementare rispetto alla promozione del rinnovo delle iscrizioni: l’inizio di un processo di legittimazione del sindacato tra gruppi sociali che tradizionalmente non lo conoscevano o ne avevano un’opinione negativa.
- I servizi collettivizzanti: organizzare i non organizzati
La ricerca sui casi rivela, inoltre, che il “servicing strategico” può portare a un’azione collettiva quasi “tradizionale”, attraverso una serie di step e gamma di attività che spostano l’attenzione dalla dimensione della risposta individuale alla promozione di strumenti negoziali. Essi si sviluppano soprattutto in ambiti territoriali e promuovono la tutela del lavoro frammentato, non sempre necessariamente subordinato.
Certamente, in un contesto di rapidi e profondi cambiamenti nel mercato del lavoro, il problema del “free-riding”, legato alla necessità percepita di mantenere la tradizionale base sociale dei sindacati, non può che essere fortemente incentrato sul tema di come: “organizzare i non organizzati”.
Questo problema è stato affrontato adottando l’approccio del c.d. “organizing”, ispirato a un modello di sindacalismo partecipativo che si concretizza in attività svolte a livello locale territoriale e volte a reclutare i lavoratori non sindacalizzati per creare “opportunità di ingaggio” anche intorno alle attività sindacali tradizionali, come la contrattazione collettiva e la mobilitazione.
Questo modello, che non è possibile qui approfondire, si è sviluppato, con fortune alterne, soprattutto nei contesti urbani e metropolitani dei paesi anglosassoni, dalla fine degli anni Quaranta del Novecento, a partire dagli Stati Uniti, nell’ambito del più ampio dibattito sulla rivitalizzazione dell’azione sindacale.
Quello che la ricerca del progetto BreakBack mostra è che tra il servicing (tradizionale e non) e l’organizing, abbiamo approcci intermedi, che potremmo definire proprio come “servicing strategico”, poiché si basano sulla fornitura di servizi individuali e “collettivizzanti”.
Questi servizi si rivolgono spesso a gruppi sociali caratterizzati da un basso senso di identità e legittimità collettiva (sia fuori che dentro le organizzazioni sindacali).
I servizi collettivizzanti rispondono quindi a specifici bisogni individuali, ma hanno una funzione collettiva esplicita o latente. In altre parole, mirano a “costruire” gradualmente una risposta collettiva, aprendo la strada a possibili azioni future e a dimensioni di rappresentanza condivisa, spesso attraverso forme associative e organizzative diverse dal sindacalismo tradizionale.
La ricerca mostra, infatti, che in tutta Europa, pur a macchia di leopardo, stanno emergendo nuove forme di sindacalismo volte a creare nuove comunità di lavoratori “frammentati” come primo passo verso la creazione di identità e azione collettiva.
Un tema interessante è che, in alcuni casi, pensiamo ai rider, vi sono situazioni aziendali molto simili tra i vari paesi poiché i lavoratori, pur parcellizzati, operano nell’ambito della stessa impresa multinazionale, pur in contesti territoriali estremamente diversi.
Sono tutte tematiche complesse e in veloce cambiamento che non si esauriscono certo con la ricerca del progetto BreakBack e che necessitano di un ampio dibattito.
Così come è preziosa la riflessione, sviluppata anche in alcuni centri di ricerca regionali promossi dalla Cgil, sull’impatto delle attività di ricerca sull’azione sindacale e sulla sua capacità di essere “cultura della trasformazione”.
Complici gli effetti della pandemia, i sindacati stanno sperimentando, in tutto il mondo, nuovi linguaggi, pratiche e strategie per adattarsi a un mondo del lavoro ormai completamente diverso da quello in cui hanno consolidato le loro organizzazioni nel Novecento.
Anche per questo la discussione sul rapporto tra servizi tradizionali e servizi collettivizzanti, ma anche sul futuro della rappresentanza e della tutela sindacali in un mondo del lavoro sempre più frammentato e digitalizzato apre scenari interessanti e su cui occorre intrecciare una pluralità di sguardi e di competenze multidisciplinari.
Francesco Lauria, Centro Studi Nazionale Cisl Firenze – Fondazione Ezio Taratelli