Era un congresso difficile, quello che la Cgil ha celebrato in questa settimana. Il lavoro è in profonda crisi, il sindacato è sotto un attacco fortissimo, la Cgil è divisa profondamente. Un congresso difficile che Susanna Camusso ha vinto ridisegnando la strategia della confederazione. Non tanto per le grandi vertenze che ha lanciato, per le pensioni, gli ammortizzatori sociali, il lavoro povero, il fisco. Queste sono azioni in qualche modo dovute, data l’urgenza dei problemi che si pongono tutti i giorni in questa lunga crisi. la Cgil a congresso non poteva non indire queste vertenze e attribuire loro tutta la valenza che esse chiedono.
Vale molto di più che la segretaria generale della Cgil abbia voluto rilanciare la contrattazione, specie quella sui luoghi di lavoro per rivedere l’organizzazione del lavoro e la condizione del lavoro. Perché è così, con questa azione capillare in fabbrica, sulla realtà del lavoro che si ridà al lavoro il suo valore, è così che è possibile forse riuscire a restituire al lavoro il ruolo sociale che in questi anni si è perso. E la Camusso non ha esitato nemmeno nel rilanciare la partecipazione, tema sul quale la Cgil ha sempre avuto mille dubbi che l’hanno condotta all’inazione quando non a mettere i bastoni tra le ruote di chi voleva andare avanti per questa strada.
E’ un programma di governo quello che la Camusso ha lanciato dal palco di Rimini. E ha chiamato tutti accanto a sé per cercare di realizzarlo. La Cisl e la Uil, ma anche tutta la Cgil. Maurizio Landini, l’opposizione, ha risposto di no. Alcune cose della relazione ha detto, gli vanno anche bene, bontà sua, altre no. Tra queste quelle che invece per la Camusso devono essere alla base di questa azione riformatrice, soprattutto quell’accordo sul testo unico sulla rappresentanza e la contrattazione dello scorso gennaio che altro poi non è che la somma dei diversi accordi che su questi temi la Cgil si è battuta e ha sottoscritto in questi anni. A questo punto Landini dovrà scegliere, se stare fuori o dentro questa complessa azione di recupero del ruolo del sindacato. Se deciderà di restarne fuori, come sembra abbia già fatto, tutto sarà più difficile, ma non impossibile. Del resto, parlano chiaro i numeri che sono usciti dal congresso. L’opposizione ha raccolto il 15% dei consensi, meno di quanto non avesse raccolto quattro anni fa all’ultimo congresso l’opposizione a Guglielmo Epifani, che era guidata da Gianni Rinaldini, uomo certamente molto meno carismatico di Landini. L’attuale capo della Fiom è uomo forte e capace, intelligente e volitivo, potrebbe avere un grande futuro nella Cgil, ma non a dispetto di tutto il resto della confederazione.
C’è una cosa da notare nella relazione che la Camusso ha presentato martedì al congresso, quel riferimento alla torsione della democrazia che sarebbe attuata da Matteo Renzi nel momento in cui getta alle ortiche la concertazione. Non sembra che ciò corrisponda al vero, perché la concertazione è certamente una pratica democratica molto importante, ma non è che la democrazia venga meno se il governo non consulta il sindacato. La concertazione resta uno strumento che il governo può utilizzare per governare meglio e con meno problemi. Ma la democrazia è salva se il governo decide come gli viene chiesto dalla costituzione, nella pienezza dei suoi poteri autonomi. Può sentire o meno il sindacato e tutti i corpi intermedi della società, ma poi la decisione resta sempre e solo sua.
E’ lo stesso ragionamento sbagliato che si fa quando si dice che le riforme nel nostro paese non sono state fatte perché il sindacato non le ha volute. La colpa non è del sindacato che per sue ragioni, giuste o sbagliate che siano, qualche riforma non la voleva, ma dei governi che per paura dello scontro con il sindacato non ha portato avanti le riforme che invece doveva fare. E del resto è stata la Camusso a dire di non avere alcuna nostalgia della Sala Verde a Palazzo Chigi, dalla quale, del resto, il sindacato è lontano da molti anni. L’errore è stato quello di pensare che la concertazione, il ruolo che dava poter trattare con il governo potesse compensare il calo di contrattazione che intanto si stava verificando nel paese. Questo è stato l’errore, quindi nessun rimpianto se adesso che la concertazione non c’è più e si torna a trattare in fabbrica come una volta.