La novità è di rilievo. La Cisl ha rimosso il principale ostacolo al varo di una legge sui temi della rappresentatività e della rappresentanza sindacale. E’ dal dopoguerra che l’argomento è dibattuto, e tutti i tentativi di arrivare a una legge che applicasse il disposto dell’articolo 39 della Costituzione si sono sempre scontrati unicamente sull’opposizione della Cisl a una legge del genere. A provare a superare questo ostacolo sono stati in molti, ma sempre senza successo. Forse il tentativo più forte è stato quello della (mancata) legge Smuraglia, che aveva cercato di mediare tra le diverse posizioni cogliendo anche qualche risultato di aggregazione di posizioni non indifferente: ma alla fine la legislatura era finita senza che la legge vedesse la luce.
Dietro c’era un’opposizione sorda della Cisl all’intervento di una legge su una materia di stretta competenza delle parti sociali. Un rifiuto dettato dal primato della contrattazione, sempre valido per la Cisl che tra i suoi principi ha sempre messo quello della contrattazione, ma forse anche dal timore, forte negli anni seguenti la scissione del 1948 e la nascita, nel 1950, della Cisl, di una legge che avrebbe costretto i sindacati a registrarsi, ma soprattutto a mettere nero su bianco la loro consistenza numerica.
La distanza tra la forza della Cgil e la Cisl ( ma il discorso vale anche per la Uil, nata lo stesso anno della Cisl e sempre come conseguenza della scissione) in quegli anni era abissale, perché campagne e fabbriche erano tutte Cgil. Il che non significa che fosse minima la consistenza della Cisl: tutt’altro, considerando che la confederazione di Mario Pastore appena nata poteva contare su un milione di iscritti. Ma certamente il divario di forze era consistente e, si sa, agli italiani piace salire sul carro dei vincenti.
Come che sia, i veti della Cisl, e ripetiamo, anche quello della Uil, anche se più attenuato, è durato fino a oggi, tanto è vero che regole su rappresentatività e rappresentanza non esistono. Finché le tre confederazioni andavano più o meno d’accordo la cosa non pesava più di tanto, perché comunque ci si accordava lo stesso. Ma da quando il dissidio è cresciuto nel sindacato italiano, da quando la concorrenza tra sigle si è fatta forte, allora l’urgenza di regole precise si è fatta forte. Perché in tempo di accordi separati, di tramonto delle Rsu a beneficio del ritorno alle Rsa, è indispensabile sapere chi rappresenta chi, cioè il grado di rappresentatività delle singole formazioni sindacali.
Cgil, Cisl e Uil avevano trovato un accordo, o forse sarebbe meglio parlare di abbozzo di accordo, nel 2008, quando riuscirono a stilare un patto per la riforma della contrattazione che rivedesse gli accordi del 1993, quello appunto sulla contrattazione, ma anche quello, successivo, sulla rappresentanza. In pratica era prevista l’applicazione in tutto il mondo del lavoro del sistema del pubblico impiego, quello frutto di un accordo sindacale, poi tradotto nella legge Bassanini.
Quell’accordo decadde per la parte della contrattazione, tanto è vero che si arrivò all’accordo separato del gennaio del 2009, e assieme cadde anche l’accordo per la parte relativa alla rappresentanza. Tutti i tentativi di ripristinare quell’intesa almeno per la parte della rappresentanza sono falliti, tanto è vero che, nonostante tutti dicano che contarsi è indispensabile e l’eventualità che si torni stabilmente alla regola delle Rsa spaventi, un accordo è lontano.
Ma proprio per questo Raffaele Bonanni, il segretario generale della Cisl, partecipando questa settimana alla presentazione del bel libro di Guido Baglioni “La lunga marcia della Cisl” nell’ambito della Fiera della contrattazione organizzata a Bergamo dalla Cisl Lombardia, ha passato il Rubicone. Se le difficoltà a giungere a un accordo su rappresentatività e rappresentanza dovessero perdurare, ha affermato, la Cisl potrebbe anche mettere da parte la sua contrarietà nei confronti di una legge in questa materia.
E’ la svolta per eccellenza. La Cisl continua a credere che sia molto meglio un accordo tra le parti, non fosse che perché queste sono materia di loro stretta competenza e non è bene cedere sulle cose di principio, ma prende atto della realtà e accetta il ricorso a una legge perché ritiene l’obiettivo di una regolamentazione dei temi certamente della rappresentatività, ma è probabile anche della rappresentanza sempre più importante.
Sapere cosa effettivamente ci sia dietro, non è dato saperlo. Bonanni non l’ha detto e ha fatto orecchie da mercante quando gli sono stati chiesti lumi. Certo ha pesato il clima sempre più difficile delle relazioni tra le confederazioni, come anche il fatto, dai cislini affermato da qualche tempo con sempre maggiore insistenza, che la competizione sul numero delle tessere si è fatta sempre più stringente, tanto è vero che si ipotizza in termini almeno possibilisti del famoso “sorpasso” tra gli attivi.
Appunto, una svolta, importante. Vedremo gli sviluppi, che potrebbero anche non farsi attendere troppo, considerando che la Cgil non ha mai nascosto la loro disponibilità ad accettare una legge che regoli questa materia.
Massimo Mascini