“L’altissima adesione di lavoratrici e lavoratori di Intesa Sanpaolo allo sciopero di oggi, pari ad oltre il 90 per cento, è il sintomo del grande malessere che stanno provando i bancari del Gruppo ed un segnale di incoraggiamento per le organizzazioni sindacali che, unitariamente, si oppongono agli scellerati progetti decisi dall’azienda”. Lo dichiara il segretario nazionale con delega a Intesa Sanpaolo, Mario Coletta, sottolineando che “andremo avanti e useremo ogni mezzo a nostra disposizione per impedire di scaricare sul lavoro dipendente il costo di una crisi ascrivibile, oltre che alla più generale congiuntura economica negativa, all’incapacità del management di ricercare soluzioni diverse dal mero contenimento dei costi del personale”.
Per il sindacalista “la ricetta giusta per superare i problemi del settore e dei grandi gruppi bancari è quella di implementare i ricavi valorizzando le professionalità interne, favorendo innovazioni di processo e di prodotto e avvicinandosi al tessuto produttivo italiano, ossia a famiglie e piccole e medie imprese alle quali, al contrario, viene spesso negato l’accesso al credito”. “Intesa Sanpaolo – prosegue – rientra invece a pieno titolo nel novero di quelle banche che hanno utilizzato la liquidità fornita dalla Bce per irrobustire il proprio portafoglio titoli invece che finanziare la ripresa economica”.
“Il gruppo bancario che ama definirsi la banca per il Paese continua ad avvalersi di consulenze strapagate e ad essere all’ avanguardia per gli alti costi del management, al quale, addirittura, di recente è stato deliberato di assegnare azioni della società come premio per i risultati conseguiti”. “Tutto ciò – aggiunge il sindacalista -, mentre lo stesso management vuole cancellare con un colpo di spugna tutte le garanzie normative aziendali, penalizzando fortemente tutti i dipendenti”.
“Con la massiccia adesione alla prima azione di lotta programmata, oggi i dipendenti Intesa Sanpaolo hanno dato un segnale inequivocabile non solo alla banca – conclude – , ma a tutto il settore del credito. I banchieri devono finalmente prendere atto del malessere che serpeggia tra i lavoratori e agire di conseguenza, riconvertendo le proprie strategie verso la tutela di chi, col proprio lavoro, ha contribuito a radicare e far crescere il comparto nel Paese”.